Cartografia medievale dell’Asia
L’ incerta figurazione del mondo
“….Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato….” Antico Testamento, Genesi Nella cartografia medioevale l’ immagine dell’Asia aveva una posizione dominante su tutte le altre terre conosciute e le rappresentazioni del Mediterraneo con l’ Europa apparivano ridotte, molto più prossimi al continente orientale di quanto non lo siano realmente.
Precedentemente Roma e il vasto impero romano con le colonie e province collegate dalla rete di strade era rappresentata al centro del mondo , ma dopo la sua caduta e la diffusione del Cristianesimo, la centralità fu acquisita da Gerusalemme con i primi pellegrinaggi in Terrasanta e nel 690 il cronista Arculfo sostenne per la prima volta che vi era una colonna che la segnava esattamente tale centro.
Coloro che per primi cercarono di raffigurare il mondo si affidarono al metodo dell’ antica geografia tolemaica e il suo planisfero, la monumentale Gheograhikà del greco Strabone di, i primi cinque libri della Naturalis Historia del romano Plinio il Vecchio, i trattati romani Cosmographia di Giulio Onorio e la corposa De chorographia di Pomponio Mela, oltre ciò che era giunto dei geografi greci antichi anche attraverso le opere De mirabilibus mundi di Giulio Solino e il capitolo XIV De terra et partibus della monumentale enciclopedia Etymologiae di Isidoro di Siviglia.
Alcune fonti storiche degli Itinerarium romani erano andate perse e poi ritrovate come l’ Itinerarium Antonini e l’ Itinerarium Maritimum, oltre la Tabula Peutingeriana riedita nel XII secolo con il Codex Vindobonensis e rinvenuta nel 1507 da Konrad Celtis che ne reinterpretò i quadri cartografici.
Aldilà delle diverse concezioni i geografi antichi concordavano che le terre fossero interamente circondate dal Mare Oceano e che i confini dell’ Asia con l’ Europa correvano da Tanais sulla foce del fiume Don passando da Pontus Cimmericus a Pontus Euxinus, dalla Turchia anatolica al Mar Nero , mentre i confini con l’ Africa erano rappresentati dal corso conosciuto del Nilo. Tra il V e il X secolo la cartografia vide la sua lenta evoluzione, ma fu solo nell’ VIII secolo che i monaco spagnolo Beato di Liebana adattò la geografia classica antica alle esigenze bibliche dei Beatus argomentando nei suoi riccamente illustrati manoscritti l’ origine della nomenclatura delle terre ai figli di Noè dopo il diluvio e l’ Asia assegnata a Sem nei Commentari dell’ Apocalisse ove compare una delle prime Orbis terrae dell’ alto medioevo.
A lungo esse furono disegni fantasiosi di una terra circolare occupata in gran parte dall’ Asia alla quale la Terrasanta ormai nota per i pellegrinaggi apparteneva con al centro la Gerusalemme Celeste attorno varie confuse raffigurazioni cosmologiche e quanto l’ estetica manifestata nell’ arte di quella diffusa mentalità dominante nell’ alto medioevo poteva concepire, gli Inferi e il Paradiso Terrestre sempre ad oriente, come voleva la biblica Genesi.
Solo dopo l’assedio e la conquista di Gerusalemme nel 1099 con la prima delle secolari nove Crociate, si cominciarono ad elaborare le prime Mappae Mundi accentuando la preminenza dell’ Asia rispetto al Mediterraneo e l’ Europa con al centro la città santa, ma ancora nel codice miniato del XIII secolo che pubblicava le Etymologiae del santificato Isidoro di Siviglia, l’ Asia era terza e predominante parte del mondo e i suoi abitanti discendenti del biblico Sem: “… post confusione linguamm et gentes disperses fuerunt per totum mundum iIabitauerunt filii Sem. In Asia de cuius posteritate descendunt gentes viginta septem et est dicta Asia de Asia regina que est tertia pars mundi.Regio orientalis…”
Mappae mundi
La presa di Gerusalemme e il dominio europeo in Terrasanta permise maggiori conoscenze della vicina Asia, viaggi, commerci e notizie sul resto del continente, nel frattempo l’ Europa usciva dal primo medioevo chiuso in feudi, castelli e conventi, generando le città e più vasti aggregamenti sociali. Assieme alla cultura chiusa fino allora nei conventi, anche la geografia e la sua rappresentazione cartografica cominciò la sua lenta divulgazione e nel XII secolo nelle chiese e i luoghi cittadini aperti al pubblico apparvero le prime Mappae Mundi elaborate. La cartografia s’arricchì in raffigurazioni di paesaggi sempre più vasti con monti, pianure, l’ acqua dei laghi, fiumie mare, piante, animali, uomini nelle loro varie attività e città stilizzate accompagnate dalle brevi descrizioni didascaliche dei cartigli.
Per oltre due secoli a partire dal 1100, questa prima divulgazione della geografia attraverso le mappae mundi pubbliche, mantenne le concezioni e rappresentazioni precedenti che cercavano di amalgamare le conoscenze degli antichi con quelle bibliche, le raffigurazioni delle terre e i loro abitanti, le cui notizie giungevano con i primi viaggiatori e commerci, con quelle fantastiche di miti, leggende, strani esseri, mostri e quanto la fervida fantasia medioevale produsse in tutte le sue attività letterarie e figurative.
La più imponente di queste pubbliche mappae mundi fu quella tonda con tre metri e mezzo di diametro realizzata nel XIII secolo in Germania nell’ abbazia dei monaci benedettini di Ebstorf , distrutta durante l’ ultima guerra, ma della quale rimane una riproduzione fedele. Il mondo vi è raffigurato come un’ immenso corpo del Redentore il cui capo segna il nord, i piedi il sud e le mani l’ occidente e l’ oriente, mentre il Paradiso Terrestre è collocato in India e non più ai margini orientali della mappa, al centro Gerusalemme chiusa in mura quadre con Gesù che risorge.
Simili alla grande carta tedesca di Ebstorf , sono la più antica e deteriorata mappae mundi di Vercelli e quella inglese meglio conservata di Hereford creata da di Richard de Haldingham, dominata da un Gesù Giudicante e che rappresenta anch’ essa il Paradiso Terrestre all’ interno, ma su un isola che potrebbe essere Ceylon, mentre Gerusalemme è circondata da mura circolari e raffigurazioni dei luoghi santi oggetto di pellegrinaggio.
Nel mappamondo di Hereford un cartiglio didascalico indica Finis Asiae sulla zona che raffigura le montagne chiamate Cathabatmon da Sallustio ad indicare i confini tra Asia e Africa a sud del Nilo da dove si estende un’ immensa e sproporzionata Ethiopia la cui punta orientale è prossima alla costa dell’ India, riprendendo l’ antica concezione di Erodoto basata sulla presenza di coccodrilli nel Nilo e nell’ Indo, dell’ Africa unita all’ India che chiudono come un mare interno l’ Oceano Indiano.
All’ epoca i pellegrinaggi in Terrasanta erano molto diffusi, tanto da creare a Venezia una vera e propria organizzazione di viaggi per mare, le notizie sul viaggio, la permanenza e i luoghi da visitare si diffondevano come sorta di guide per i pellegrini e anche le carte si adeguavano a tali esigenze .
La più dettagliata giunta a noi è una mappa della Terrasanta nella Chronica Majora redatta dal monaco britannico Mateus Parisiensis del 1256 nella quale sono ben indicati i luoghi di pellegrinaggio di Gerusalemme e della Palestina, con la costa mediterranea e quella del Mar Caspio che era ritenuta un vasto golfo settentrionale del Mare Oceano che circondava l’ Asia secondo l’ antica geografia di Eratostene ripresa poi da Plinio, mentre il Mar Rosso ne era la parte meridionale.
Il mondo degli antichi
Sebbene fossero giunti solo pochi frammenti dei testi classici, salvati e tradotti invece dagli Arabi, e solo all’ inizio del ‘400 si conobbe la Geografia di Kláudios Ptolemâios Tolomeo ritrovandone il metodo con le sue proiezioni cartografiche nel Planisfero e il resto della storia seguita dalla medievale cartografia fu quasi dominata dal poco che si sapeva di quella antica integrata artificiosamente alla tradizione biblica.
Tolomeo e prima di lui l’altro grande greco Erodoto affermavano che Asia e Africa erano collegate nelle estremità meridionali chiudendo l’ Oceano Indiano come un vasto mare interno e la tesi rimase intoccabile fino a quando i portoghesi esplorarono le coste meridionali dell’ Africa e Vasco da Gama la circumnavigò raggiungendo l’ India. Secondo Eratostene di Cirene il Nilo aveva due corsi che sorgevano da due opposti versanti di una regione montuosa nella parte di Etiopia che appartenenva all’ Asia e scorrevano ad occidente, uno procedeva a nord fino al Mediterraneo, l’ altro attraversava l’ Africa ad ovest terminando in un grande lago nella regione del Monte Esperus .
Anche il problema del collegamento tra Asia e Africa con il corso del Nilo argomentato dagli antichi, fu faticosamente conuigato con i testi biblici fin dal VI secolo, identificando il Nilo con il Ghion, uno dei quattro fiumi che la Genesi vuole originati dal Paradiso Terestre collocato in Asia. Come avevano argomentato gli antichi il Nilo poi si divideva in due rami, uno che sboccava nel Mediterraneo e un’ altro nell’ oceano che circondava il mondo dove affacciavano le coste dell’ Africa occidentale, identificando il Niger come corso occidentale del Nilo e tale rimase fino alle prime esplorazioni all’ inizio del XIX secolo.
La cartografia prodotta in tale contesto di conoscenze e credenze divideva l’ Asia nei quattro vasti territori, ad est identificabile con l’India settentrionale, a nord la Scizia e le vaste terre della Russia , a meridione l’ Asia Ulterior che comprendeva l’ Egitto antico, la Nubia e i territori che s’ estendevano a sud nel leggendario regno del Prete Gianni, infine l’ Asia Minor che affaccia sul Mediterraneo oltre la Turchia e le terre fino all’ Arabia Felix. In tutte le regioni venivano individuati luoghi, città e popolazioni con cartigli didascalici e soprattutto disegni che, in assenza di notizie da viaggiatori all’ epoca ancora molto scarse, si ispiravano alle tradizioni bibliche, i frammenti degli storici e geografi antichi e le leggende della fervida fantasia geografica medioevale.
Oltre alle più importanti e dettagliate raffigurazioni della Gerusalemme celeste e del fantastico Paradiso terrestre, ad esempio Troia è indicata come città guerriera, Sodoma e Gomorra incendiate dalla furia divina, Ninive edificata da Nimrod mitico eroe biblico, l’ Armenia con l’ arca di Noè sul monte Ararat . Nella sconosciuta regione montuosa del mar Caspio stavano i diabolici e terrificanti popoli di Gog e Magog, ivi rinchiusi e che attendevano di dilagare nel mondo, le mitiche donne guerriere Amazzoni erano raffigurate tra la Scizia settentrionale e la Turchia anatolica.
Decisamente in India stavano le sorgenti del Gange che non si sa bene come Plinio ne contava ben diciannove e Isidoro di Siviglia in dieci, come sono indicate per la prima volta nella mappamondo germanico di Ebstorf con personaggi chiamati Gangines che raccolgono seta dagli alberi e più a est in prossimità del Paradiso Terrestre, altri personaggi chiamati Seres sono intenti alla stessa funzione. La descrizione di Plinio della terra dei Beati Frasi, ricchi e sapienti che si nutrivano del solo profumo dei frutti, attraverso le note in Collectanea rerum memorabilium di Giulio Solino e il Libro XIV delle Etymologiae De terra et parti bus di Isidoro di Siviglia giunse ai cartografi medioevali che la situarono tra la ricca regione dei Seres e il Paradiso Terrestre.
In ogni regione di quelle prime Mappae mundi dell’ epoca vengono rappresentati herbarium noti e le piante più o meno immaginarie che si ritengono crescervi, immagini di animali reali o mitologici tratti dai più fantasiosi bestiarium e più o meno favolose popolazioni delle quali si hanno notizie o riportate da testi biblici, cronache antiche o leggende, con una buona distribuzione di esseri mostruosi.
Uomini privi di volto, Sciapodi con una sola gamba, Panozi dalle orecchie o dai piedi enormi, senza testa o Blemmi con la faccia attaccata al busto, cinocefali dalla testa di cane che ancora all’ epoca di Marco Polo si riteneva vivessero nelle terre ancora ignote, come rivela il grande viaggiatore descrivendo gli abitanti delle Isole Andamane al largo nel golfo del Bengala delle quali aveva notizie da marinai e che sembra incrociò nel suo viaggio di ritorno per mare senza sbarcarvi.
Un’ incredibile varietà di popolazioni mostruose, che si alternano ad abitanti descritti dagli antichi e dalla Bibbia, antropofagi, genti bellicose o dalle strane usanze, come quelle collocate in India settentrionale nella carta di Ebstorf use a far mangiare dalle fiere i propri anziani ormai alla fine.
Livre des Merveilles
Una summa delle rappresentazioni reali ed immaginarie di piante, animali e popolazioni che infarcivano le carte medioevali, sono senz’ altro le splendide immagini miniate che illustrano il testo del Libro che descrive i più o meno fantastici viaggi del britannico John Mandeville edito nel XIV secolo come Voyage d’outre mer e poi universalmente noto Livre des merveilles du monde, peraltro confortato da informazioni e notizie molto più vaste e dettagliate di quanto lo fossero le fantastiche mappae mundi dei secoli precedenti. Soprattutto quelle raccontate in prigionia a Rustichello da Pisa dal grande Marco Polo dalle quali è nato il lungo e dettagliato testo che ha svelato quel mondo ignoto ne Il Milione.
Nella variegata cultura medievale l’ universo fantastico non era dimorato solo nell’ immaginazione e nella sfera psichica separata dal reale, era parte della realtà anche quotidiana densa di antiche credenze adattate al Cristianesimo che alimentava un cupa religione popolare ove incombeva la presenza del diavolo con le sue terrificanti gerarchie demoniache che si mescolavano con la mitologia e la temuta magia, in un mondo popolato da mostri, figure del più fantasioso bestiario e fantastici esseri di varia specie.
Un’ influenza costante nella vita dell’ epoca, pertanto tali rappresentazioni della cartografia erano molto più prossime alla reale esistenza umana di quanto non possa apparire. La mentalità dell’ uomo altomedievale conduceva l’ esistenza nel suo ambiente ristretto.
Le possibilità di viaggiare anche poco distante erano remote, immerso in quell’ universo fantastico che forse gli permetteva di concepire ciò che non poteva vedere, pertanto non sorprende che la stessa mappae mundi pubblica di Ebstorf era concepita anche come fonte di informazione, come vi è scritto da una parte:“…non sarà di poca utilità per chi la legge, indicando a coloro che viaggiano la direzione e le cose che incontreranno sul cammino..”
Mappe ed itinerari
La trasformazione della cartografia, da esclusivamente rappresentativa di quel mondo, summa delle conoscenze di quella antica e la tradizione della biblistica , a più proprio documento, informazione e mappa itinerante, iniziò nella seconda metà del XIII secolo quando le notizie di viaggiatori, mercanti e missionari svelarono un mondo reale meno angusto di quello fantastico più limitato, invertendone i termini precedenti. Essa si ispirò a ciò che rimaneva delle antiche mappe sul sistema vasto ed articolato delle strade consolari e militari romane itineraria picta.
Fonti prodighe di notizie sulle vie da percorrere e le località attraversate, già rielaborate precedentemente come la romana Tabula Peutingeriana perduta e reinterpretata nel XIII secolo, l’Itinerarium burdigalense del VI secolo, una cartografia itinerante che si rese necessaria per pellegrinaggi in Terrasanta con Itinerari e testimonianze sui luoghi santi e i gli itinerari per i centri di culto sulle varie vie del cristianesimo e dei monaci irlandesi che si moltiplicavano in Europa e nel vicino oriente con santuari e abbazie che custodivano reliquie o vicende della cristianità.
La prima di tali carte fu la Londinio in Terram Santam del 1253 che indica l’ itinerario in Italia dettagliando località e città, dalla più settentrionale Tortona, raffigurata con una tartaruga, alla più meridionale Otranto dove imbarcarsi per Costantinopoli o la Terrasanta, passando per Imolae, Carrara Lune, Lucca de alio itinere, Faenza Faence, Arezzo Aresce e altre. La Via degli abati che continuava su quella che poi divenne la Francigena toscana, qundi la Tuscia per compiere l’ urbano itinerario tra chiese e santuari della Roma medioevale e da lì scendeva a raggiungere la via sacra pugliese, per imbarcarsi ad Otranto e dopo la traversata del Mediterraneo.
I pellegrini potevano disporre di altre carte e informazioni itineranti della Terrasanta, tra le varie le note nella Chronica Majora del monaco Matteo cronista britannico noto come Mateus Parisiensis del 1256 e anche per la traversata del Mediterraneo orientale e la navigazione sulle coste medio orientali vennero elaborate le prime carte nautiche ottenute da misurazioni effettuate con la bussola appena diffusa in occidente.
Il lontano oriente
Nel XIII secolo la cartografia nautica cominciò ad essere più precisa grazie alle nuove strumentazioni e tecniche di rilevamento e in breve furono delineate tutte le coste del Mediterraneo dell’ Europa e il Nord Africa fino alle mitiche Colonne d’ Ercole e quelle del Ponto sul mar Nero descritte nel Periplus Ponti Euxini da Arriano di Nicomedia nel secondo secolo, tra le più dettagliate furono quella del geografo genovese di Pietro Vesconte all’ inizio del XIV secolo e la De Mapa Mundi di fra Paolino Veneto, perfezionata da Marin Sanudo nel 1320 per il suo studio Liber secretorumfidelium crucis su una spedizione crociata commissionato dal papa Giovanni XXI.
Nelle opere di Vesconte e dell’ erudito frate Paolino Veneto riprese nel Liber de expeditione Terrae Sanctae di Marin Sanudo, non è raffigurato il Paradiso Terrestre ed è la prima carta a rappresentare il fiume Voga Otil che si immette nel Mar Caspio, ma soprattutto l’ Oceno Indiano come tale e non come il tolemaico mare chiuso tra Asia e Africa unite alle estremità meridionali, mentre nellla regione più orientale che: “..ad oriente ha l’oceano, a meridione le isole dell’ oceano ed a occidente il regno di Tarse… e questo, sempre a detta di quei moderni che dividono e denominano in modo diverso la Scizia a causa della ripartizione dei Tartari…”
Nella regione più orientale della carta è posto un cartiglio didascalico che segna “inizio del regno di Cathay dove sta il Gran Can” Il nome Cathay, che dominerà le carte dell’ Asia orientale e le imprese di viaggiatori, mercanti e navigatori fino a Colombo e la scoperta del Nuovo Mondo America, compare per la prima volta in questa mappa mundi ad est della regione orientale dell’ India chiamata India estrema de Presbyter Johannes, il ricchissimo regno leggendario del mitico Prete Gianni, sovrano cristiano che dall’ Africa venne ubicato in Asia, cercato per tutto il medioevo.
Le altre due regioni dell’ India sono quella dell’ India Magna, dove è collocato il reale subcontinente ma privo della parte meridionale e l’ India Parva o Etiopia dove è indicata la predicazione dell’ apostolo Tommaso. Nel disegnare la regione dell’ Asia settentrionale collocandovi i freddi Monti Rifei e Iperborei e, soprattutto la zona della Russia tra ilVolga Odil e il Mar Caspio Mar di Sara, fra Paolino ha considerato le cronache di Guglielmo di Roboruk che, visitando quelle terre scoprì l’ errore di Isidoro di Siviglia che considerava il mar Caspio come costa settentrionale dell’ oceano che circondava il mondo, mentre era un mare interno, descrivendo poi grandi laghi in Asia Centrale. Da Giovanni Pian del Carpine il cartografo ebbe notizia di una popolazione nemica al Gran Khan sovrano del Cathay e ne dedusse essere quella del regno cristiano di Prete Gianni.
Atlas catalano
Le opere di Vesconte e il contemporaneo fra Paolino Veneto segnarono una grande evoluzione nella cartografia utilizzando i resoconti dei primi grandi viaggiatori che si spinsero sulle carovaniere d’ oriente per le vie asiatiche ancora sconosciute, come Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Roboruk, ai quali seguirono Odorico da Pordenone e soprattutto Marco Polo, con le loro osservazioni e racconti restrinsero sempre più il vecchio mondo incognito e misterioso ampliando la conoscenza del reale.
Un evoluzione che raggiunse l’ apice nel 1375 con lo splendido Atlante Catalalano del geografo ebreo spagnolo Abraham Cresques, summa di tutte le conoscenze cartografiche e nautiche, delle scoperte e delle cronache di viaggio dell’ epoca. Tra le scuole di cartografia nautica quella catalana era fiorita a Barcelona e Maiorca gareggiando con gli altri centri di produzione Italica di Genova, l’ adriatica Ancona e la Serenissima Venezia, contando sugli studiosi di cultura ebraica immigrati dall’ espansione islamica che ne aveva in parte influenzato il pensiero comprese varie conoscenze degli studiosi e scienziati, oltre che dei geografi arabi in gran parte ignote agli europei.
Da secoli i navigatori arabi andavano sulle rotte lungo le coste africane e attraverso l’ Oceano indiano con avanzate tecniche marinare, avevano riscoperto l’ antica rotta dei monsoni e quelle per la Malesia, le coste del cinese Cathay e le più orientali vie dell’ Indonesia, fino alle remote isole delle Spezie nelle Molucche. Dappertutto avevano fondato centri commerciali diffondendo il credo islamico che in quel XIV secolo raccoglieva fedeli dalla Spagna moresca Al-Andalus a Giava.
L’ occidente aveva faticosamente scoperto l’ Asia con i grandi viaggiatori medioevali che ne avevano descritto le meraviglie assieme agli itinerari, facendo sostituire sempre più nelle carte confini indefiniti, paesi biblici e leggendari, esseri mostruosi e popolazioni fantastiche con dati reali. Era questo il nuovo contesto culturale della geografia del XIV secolo quando fu elaborato l’ Atlante Catalano commissionato dall’ Infante Giovanni d’ Aragona al cartografo Abraham Cresques che lo aprì con la breve ma precisa introduzione: “..la mappa del mondo è immagine del mondo e delle regioni che sono sulla Terra e dei vari tipi di popolazione che la abitano.”
Non era più una mappa mundi, ma il vero primo Atlante, una grande opera in dodici tavole che scomponevano il mondo conosciuto in altrettante regioni con il massimo di dettagli possibili e una gran quantità di disegni e cartigli didascalici scritti in catalano che sostituiva il latino e il vulgaris delle precedenti carte. Nell’ Atlante Catalano le ultime quattro delle dodici tavole rappresentano le regioni dell’ Asia, le cui coste sono delineate sulla base delle antiche conoscenze della geografia classica e quelle arabe, ma anche delle più recenti date dalle cronache dei viaggiatori, soprattutto di Marco Polo del quale sono ben dettagliati il celebre viaggio con tutti gli itinerari.
L’ immensa terra dominata dall’ impero mongolo ha i suoi confini occidentali sul Caspio Mar de Sara e de Bacu, da dove si stende il regno Medeia di Chagatai che comprende la Persia e il territorio dell’Afghanistan fino ai confini del cinese Cathay dove regnava il Gran Khan della dinastia Yuan fondata da Kublai dalla sua capitale Canbaluc Khān bālīq, sulle cui coste ad est stavano le città con i loro grandi porti da Marco Polo chiamati Zaiton Quanzhou e Chinsai Hangzhou, nell’ Atlante Catalano ne viene aggiunto il terzo Cinkalan Canton non menzionato dal veneziano, ma dal primo missionario domenicano nell’ Oceano Indiano Jourdain de Séverac nel suo corposo Descripta Mirabilia da notizie avute dagli arabi dato che ne era il centro commerciale più importante in Cina.
L’ intera Asia occidentale fino al Cathay è ricca di disegni e cartigli didascalici di viaggio, come la rappresentazione nella regione del Caspio della carovana di mercanti che da dall’ impero di Sara stanno recandosi al Cathai, spesso individuata con quella dei Polo, varie le rappresentazioni di usi e costumi raccontati ne Il Milione, come quelle dei defunti cremati del Tangnt descritti nella sua visita del Turkistan.
L’ Oceano Indiano, ormai non più chiuso tra le estremità meridionali dell’ Africa e l’ Asia come volevano gli antichi, ma aperto tra le coste africane e i lembi orientali del mondo, è cosparso di isole di varie dimensioni tra le quali Taprobane, descritta da Plinio e gli altri geografi antichi, individuata nella terra dei Batak Sumatra e più verosimilmente Ceylon , alla quale segue Jana, probabilmente Giava, ma confusa anch’ essa con lo Sri Lanka.
Nelle tavole dell’ Atlante Catalano non vi è il proliferare di esseri fantastici tipico delle Mappae mundi preceneti, ma nell’ Oceano Indiano alcuni cartigli didascalici accennano a mostri e sirene e nell’ isola di Taprobane la presenza di cannibali. Nel suo lungo soggiorno in Cina Marco Polo visitò le coste orientali descrivendone le popolazioni, tra le quali quella dei primitivi mangiatori di pesce ittiofagi raffigurati nell’ Atlante, mentre scarsi sono i cenni alle grandi isole occidentali dell’ Indonesia, se non si identifica con le isole di Taprobane o Jana, che pure il veneziano visitò nel suo viaggio di ritorno per mare.
Altre raffigurazioni nelle tavole asiatiche dell’ Atlante sono tratte dai racconti degli antichi, come quello della battaglia tra le gru e i pigmei narrato da Isidoro di Siviglia o da notizie arabe su antiche usanze o leggende indiane, come quella curiosa del trasporto di pietre preziose estratte dai monti estrazione e poste su grandi pezzi di carne affidati ad enormi uccelli. Non manca la raffigurazione dei Re Magi che seguono la cometa dell’ Annunciazione attraverso l’ Asia, Alessandro Magno che rinchiude i diabolici popoli di Gog e Magog tra i monti del Caspio Sara e le immagini bibliche dell’ Apocalisse che annunciano la terrificante minaccia dell’ Anticristo.
La fine del medioevo
La Geografia di Kláudios Ptolemâios Tolomeo comparve nel II secolo d.C. e dominò l’ antichità, ma salvo frammenti giunti attraverso altri autori classici, fu persa dalla cultura europea medioevale, mentre nell’ VIII secolo gli studiosi arabi avevano integralmente recuperata e tradotta l’ intera opera che ne ispirò i geografi, ritradotta poi in latino solo nel 1409.
A prescindere dall’ errata tesi che Asia e Africa fossero unite tra loro a sud racchiudendo l’ Oceano Indiano, il metodo astronomico e geografico tolemaico aveva elaborato le sue carte e il complesso planisfero sullo studio accurato delle coordinate astronomiche e sulla proiezione piana della superfice sferica terrestre attraverso l’ intersecarsi preciso di meridiani e paralleli, che costituisce la migliore rappresentazione possibile della terra.
La cartografia occidentale ignorò per l’ intero medioevo la grande intuizione dell’ ecumene geografico e dell’ epiciclo astronomico negli studi tolemaici e solo dopo la traduzione dall’ arabo della sua Geografia fu possibile la rappresentazione in proiezione che sta alla base della moderna cartografia. Tra i primi tentativi la riedizione della Chorographia del geografo romano Pomponio Mela nel 1414 illustrata dal mappae mundi di Pirrus da Noha ove il portoghese cercò di essere così fedele a Tolomeo da rappresentarne anche l’ errore dell’ Oceano Indiano chiuso tra Asia e Africa.
Il perfezionamento di Domenico Buoninsegni e Francesco di Lapacino l’ anno seguente non fu in grado di correggerlo e solo nel 1436 il Mapamundi del marinaio e abile cartografo veneziano Andrea Bianco che contiene la tavola di dettagliata carta nautica, fu steso in proiezione tolemaica, ma con quel Mare d’India aperto, come era ormai noto da molto tempo. Anche se l’ Oceano Indiano appare definitivamente aperto, in questo come altri atlanti dell’ epoca umanista si continuavano a rappresentare il Paradiso Terrestre al margine orientale, popoli strani, cannibali e mostri marini che attendono i naviganti impedendo di doppiare il capo meridionale del continente in Sudafrica e fare rotta verso le coste dell’ India settentrionale, mentre il leggendario regno del Prete Gianni per la prima volta viene situato in Africa attorno alle ignote sorgenti del Nilo e non più alle estremità dell Asia orientali.
Alla fine di quel lungo Medioevo e alle soglie dell’ era moderna nel XV secolo, mentre i Portoghesi esploravano le coste africane e si preparava l’ impresa di Vasco da Gama per circumnavigare il continente nero e aprire le rotte lusitane verso le Indie, la cartografia rimaneva legata alle ormai anacronistiche rappresentazioni. Ancora nel 1448 il monaco benedettino tedesco Andreas Walsperger redasse una carta che raffigurava un mondo circolare piena di esseri mostruosi, popolazioni fantastiche e bellicose, giganti e l’ immancabile Paradiso Terrestre con il giardino dell’ Eden cinto da mura, così come la contemporanea carta in rame detta Tavola di Velletri abbondava di draghi, amazzoni e strane popolazioni nelle zone meno note, assieme a più realistiche raffigurazioni di accampamenti Tartari in Asia.
Viaggi e commerci in Asia erano ormai frequenti, assieme a notizie più dettagliate e realistiche su quelle terre, ma la rappresentazione cartografica stentava ad uscire dai misteri e le paure del medioevo, anche se si delineavano sempre più precise coste e territori interni, tale è la mappa mundi genovese con le proiezioni tolemaiche del 1457 che contiene molte notizie tratte dalle note del viaggiatore veneto Niccolò da Conti in Asia e dove finalmente manca il Paradiso Terrestre, giustificandone l’ assenza con una breve e significativa precisazione: “…qualcuno dipinse in questa regione il Paradiso delle delizie, altri lo posero in India dicendo che si trovava in oriente, ma dal momento che questa è tratta da una descrizione di cosmografi che non ne danno notizie, qui si omette di parlarne..”
Anche qui persistono le rappresentazioni dei diabolici popoli di Gog e Magog, l’ Oceano Indiano popolato da mostri marini, le isole da sirene incantatrici e cannibali, mentre il regno del mitico Prete Gianni viene ricollocato in Africa alle sorgenti del Nilo e non più in Asia, come aveva fatto per la prima volta Andrea Bianco.
Fra Mauro
Finalmente il monaco cartografo camaldolese Fra Mauro disegnò nel 1459 un vero planisfero completamente priva di tutte quelle figure e rappresentazioni, raffigurando esclusivamente monti, pianure, fiumi, coste, mari, città e strade, con buona profusione di cartigli didascalici che ne aiutavano la lettura come nelle carte arabe, nel suo mappamondo invertì l’ orientamento cardinale con il nord in basso e il sud in alto, stabilì il confine tra Europa e Asia sopra il Caspio definitivamente rappresentato come mare chiuso e privo dell’ inquietante presenza di Gog e Magog, ad est del quale si stendeva la Tartaria dei Tatari e sulla quale espose in un lungo cartiglio didascalico le sue nuove concezioni cartografiche tenendo conto degli antichi e delle scoperte più recenti, evitando dispute ormai non più necessarie, assegnando al Paradiso Terrestre un angolino simbolico.
Finalmente il mappamondo di Fra Mauro abbandonò completamente le suggestioni delle fantasie medioevali, i testi biblici, i miti, le leggende e gli anacronismi dei testi classici affidandosi esclusivamente alle cronache attendibili dei viaggiatori anche laddove contraddicono gli antichi, come precisa nel suo lungo cartiglio: “…se ‘I vorà contradir questi che hano visto ad ochio, majormente se potrà non assentir a queli che hano lassato in scriptis quelo che non han mai visto ad ochio..”
Al culmine della cartografia medievale il buon Fra Mauro fu implacabile nel contestare ogni errore del passato, compresi quelli dell’ intoccabile Tolomeo rispetto all’ Oceano Indiano, liquidò la leggenda dei popolo di Gog e Magog ripresa anche da Marco Polo con il fatto che le denominazioni di Hung e Mongul erano riferite alle principali popolazioni che abitavano la Tartaria e non a quei popoli diabolici e malvagi della leggenda. L’ opera di Fra Mauro segnò il definitivo passaggio dalla cartografia medioevale e tutto il suo contesto culturale, a quella moderna prologomeno alla geografia scientifica moderna.
trenta anni dopo il tedesco Henricus Martellus che operava a Firenze come Enrico Martello produsse il suo Mappae Mundi su proiezione tolemaica definendo l’ estremità meridionale dell’ Africa doppiata da Vasco da Gama per aprire la rotta portoghese sull’ antica Via delle Spezie verso l’ oriente di un’ Asia che non aveva più segreti, ma solo fiorenti mercati. A guardare bene le immagini della carta di Henricus Martellus vi si trova quello che appare il continente americano che si credeva proseguimento di quello asiatico, segreti nascosti della mappa del 1491 che sembra ispirarono l’ anno seguente Cristoforo Colombo che con tre caravelle affrontava il Grande Mare Oceano Tenebroso navigando ad ovest in acque ignote per scoprire il Nuovo Mondo dell’ ignoto continente America e cambiare la storia assieme alle carte geografiche.
Estratto da: Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. Medioevo, Cartografia dell’Asia. ©
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