Cristoforo Colombo
“Dico che il mondo non è così grande come lo pretende la gente…..E il mare concederà a ogni uomo nuove speranze, come il sonno porta i sogni….La lingua non è sufficiente a dire e la mano a scrivere tutte le meraviglie del mare.”
Mentre all’ Esposizione di Siviglia si celebrava l’ era delle grandi scoperte geografiche, ricorreva il quinto centenario della scoperta del continente America e ricordo un’ animato dibattito sulle conseguenze tra il genocidio dei nativi indigeni, la distruzione delle civiltà precolombiane e il resto della colonizzazione europea. Si sosteneva che quell’ anniversario non era da celebrare, ma ricorrenza di lutto per quanto prodotto, al contrario affermavo che comunque andava onorata l’ opera di conoscenza e lo spirito che aveva spinto quel grande Ammiraglio del Grande Mare Oceano e la sua scoperta.
Non si va così lontano che quando non si sa dove si va, ebbe a dire l’ Ammiraglio, viaggiando in America dappertutto ho trovato Intere regioni città, villaggi, luoghi piazze e monumenti dedicati a Colombo e ho sempre cercato di ritrovare quei luoghi e seguire le rotte dei sui viaggi accompagnato dal testo completo dei suoi diari di bordo e la prima prima relazione di Cristoforo Colombo e la sua Scoperta del Paradiso.
Nel gennaio dell’anno di grazia 1492 dopo un decennio di guerra l’ ultimo sultano della Spagna moresca a Granada Muley Boabdil si arrese alle truppe dei Reyes Católicos Isabella di Castiglia e Ferdinando d’ Aragona, dopo secoli di splendore arabo la Spagna fu riunificata sotto i vessilli delle cattolicissime maestà, uscendo da un’ era per entrare in un’ altra della quale il primo grande protagonista fu don Cristobàl Còlon che attraversò l’ Oceano Tenebroso per la scoperta del paradiso.
La visione del mondo
Degli antichi si sapeva che Talete di Mileto nel VI secolo a.C. sosteneva la sfericità della terra, il geografo Eratostene di Cirene ne calcolò la circonferenza in quarantaduemila chilometri dividendola in sette parti o sigilli e oltre l’ oceano vi era il settimo sigillo che conteneva il regno dei morti, un secolo dopo Posidonio di Apamea sostenne che ad ovest il Mediterraneo era separato dall’ India da ventimila chilometri.
La geografia medioevale era più rozza degli antichi e affondava nel mito, così il mondo era l’Europa, l’ Africa e l’ Asia che si stendevano in circolo attorno a Gerusalemme e circondato dall’oceano, ad est vi era il Paradiso ed a ovest il Mare Tenebroso precipitava negli inferi. Come tutti i migliori geografi dell’ antichità, anche Caludio Tolomeo nel secondo secolo sosteneva la sfericità della terra dividendola in ventiquattro paralleli incrociati da meridiani e la terra ne copriva quindici da occidente ad oriente, la cui latitudine si poteva calcolare sole con il sole di mezzogiorno nell’ equinozio o con le stelle usando l’ astrolabio.
Il problema rimaneva la longitudine che poteva essere calcolata all’ epoca solo da un’ eclisse osservata molti secoli prima dagli astronomi di Alessandro Magno in Persia a mezzogiorno e contemporaneamente a Cartagine nella lontana Tunisia alle otto del mattino: una differenza di quattro ore, cioè sessanta gradi di distanza. Così si calcolò a seconda del tempo impiegato a coprire le distanze tra vari punti del mondo conosciuto, stabilendo che tra le Colonne d’Ercole e il cinese Cathay vi erano quindici ore di longitudine, cinque in più di quelle effettive, pertanto l’ oceano doveva estendersi per le rimanenti nove, calcoli che ponevano la Cina all’ altezza della costa occidentale americana.
Cristoforo Colombo studiò i testi dei greci Marino di Tiro, Claudio Tolomeo, le note di Aristotele, Lucio Anneo Seneca e quelli disponibili di altri antichi geografi che concordavano la vicinanza dell’Asia ad ovest, confrontandoli con il trattato Imago Mundi del cardinale astronomo Pierre d’Ailly uscito nel 1483, con il
Il Milione di Marco Polo e le cronache di Niccolò Da Conti, oltre a quelle di altri viaggiatori medioevali , convincendosi che verso ovest la distanza con l’estremo oriente era inferiore che ad est.
Un errore di calcolo confermato dallo scienziato fiorentino Paolo dal Pozzo Toscanelli nel 1480 che gli assicurò la possibilità di raggiungere il Cathay navigando ad ovest per solo 6500 miglia marine, per Colombo la relazione con Toscanelli fu determinante, sia per i dotti calcoli del fiorentino che influirono anche sulla navigazione per punti stimati ed astronomica .
Lo furono anche per le sue certezze sulle enormi ricchezze di quelle terre tra il Cathay cinese e il Cipango :
“..dove i templi e gli edifici pubblici sono ricoperti d’oro puro….quei principi e quei re presso i quali si riesce ad avere accesso dovrebbero rallegrarsi,assai più di noi,di entrare in rapporto con i cristiani dei nostri paesi,poichè molti tra loro sono cristiani e avranno in tal moso la possibilità di intrattenersi di religione e di scienza con uomini eruditi ed esperti,originari di qui,in armonia con la fama che godono i nostri Stati..”
Il richiamo dell’ Oceano
Nella controversa ubicazione del luogo è certo che Cristoforo Colombo nacque tra il 1446 e il 1447 nella Compagna Communis Ianuensis della Repubblica di Genova dal mercante Domenico e la consorte Susanna Fontarossa e che giovanissimo prese il mare con il vascello mercantile Roxana per la greca isola di Chio , di lì sembra che navigò anche con trafficanti nel Mediterraneo fino al Portogallo.
Lo si trova nel gallese porto di Bristol nel 1476 e nell’ agosto dello stesso anno suulla costa dell’ Algarve portoghese, attaccato da navi francesi il vascello che l’ imbarcava naufragò al largo delle coste portoghesi al Cabo São Vicente nell’, vicino Sagres da dove il principe Enrico il Navigatore aveva progettato di sfidare per primo l’ ignoto nel grande Mare Oceano, inaugurando l’ era delle grandi scoperte portoghesi.
Mesi dopo era nell’ irlandese Galway ove riscoprì una vecchia rotta vikinga su una delle vie del nord e raggiunse la remota Islanda, tre anni dopo sposò la nobildonna Filipa Moniz Perestrello che nel 1481 gli dette il figlio Diego , trasferendosi a Madera nell’ isola di Porto Santo, confine più occidentale del mondo conosciuto in quel Mare Tenebroso dove imparò a rispettare e conoscere sempre di più quell’ oceano che nessuno aveva osato attraversare e dal quale gli arrivavano i richiami.
Gli isolani da sempre vedevano arrivare tronchi di alberi sconosciuti spinti dai venti dell’ovest, alcuni giuravano che una volta arrivarono anche due annegati di una strana razza e oggetti mai visti, un certo Vincente Dias affermò di essersi spinto molto ad occidente avvistando terra poi scomparsa nella nebbia, tra verità e leggende, così Colombo si convinse a sfidare il grande ignoto.
Si stabilì poi a Lisbona assieme al fratello Bartolomeo disegnando mappe, studiare l’astronomia, la geografia e le rotte portoghesi da tempo alla ricerca di passaggi ad est per collegarsi alla Via delle Spezie circumnavigando l’ Africa come riuscì poi la spedizione di Vasco da Gama nel 1498.
Su una di esse costeggiò l’ Africa fino al golfo di Guinea facendo scalo alla fortezza Di São Jorge da Mina fondata da Diogo de Azambuja sulla costa del Ghana, che fu poi la Costa d’ Oro britannica, tristemente nota come centro di una delle vie degli schiavi per la remunerativa tratta atlantica.
Cristoforo Colombo era uomo del suo tempo, tra i primi ad uscire dal medioevo con la forza della conoscenza e l’ energia dell’ avventura, ma anche con la comprensione del suo mondo che aveva bisogno di espandersi con nuove ricchezze e ciò che poteva spingere a qualsiasi impresa sfidando l’ ignoto e le leggende che terrorizzavano i popoli, ma non i potenti: l’oro.“…è una cosa eccellente:con l’oro si formano dei tesori e colui che lo possiede fa con esso tutto ciò che desidera e fa giungere le anime in paradiso..”
Nessuno aveva concepito l’ idea di sfidare l’ ignoto dell’ immenso Mare Tenebroso d’occidente, ma anche seguendo la geografia costruita con il metodo del sistema tolemaico , egli era certo che navigando ad ovest la rotondità della terra, come confermato da Toscanelli, lo avrebbero fatto approdare nei porti delle coste asiatiche che si sarebbero aperti con le loro ricchezze al mondo cristiano.
Il re Giovanni II del Portogallo rifiutò il suo progetto e Cristoforo Colombo lasciò il paese per la vicina Spagna, dedicando i successivi anni a convincere la regina Isabella all’ impresa che gli fu affidata solo quando il sultano Muley Boabdil si sottomise alle armi cristiane e fu presa Granada ponendo fine alla lunga storia della Reconquista e così la la gloria di Spagna poteva essere innalzata con altre conquiste.
La scoperta del Paradiso
Mentre dei musulmani della Spagna moresca i rimasti Mudèjar erano convertiti in Moriscos, venivano scacciati agli ebrei che non si erano voluti convertire in Marranos con il Decreto dell’ Alhambra e la santa Inquisizione bruciava sui roghi gli eretici, il 3 agosto del 1492 Cristoforo Colombo salpava dal porto di Palos per il suo primo viaggio con le tre leggendarie caravelle , la Pinta e la Niña comandate dai fratelli Pinzòn con loro fidi equipaggi, l’ ammiraglia Santa Maria dall’ almirante Cristòbal Colòn con una ciurma di avventurieri e avanzi di galera.
“Partimmo il venerdì 3 agosto del 1492, dalla barra di Saltés alle otto del mattino. Andammo con forte vento di mare fino al tramonto verso sud sessanta miglia, che sono 15 leghe , quindi a sud-ovest e a sud quarta di sud-ovest , che era la rotta per le Canarie.“
Il nove le caravelle giungevano alle isole Canarie , Incrociando Tenerife annotò l’ eruzione del vulcano Teide, mentre subiva i sabotaggi di Gòmez Rascòn incaricato dall’ armatore della Pinta che si era opposto al viaggio, costringendo la piccola flotta ad un mese di sosta per le riparazioni.
“Videro uscire un gran fuoco dalla montagna dell’isola di Tenerife, che è altissima,oltre ogni dire. Cambiarono in rotonda la vela latina della Pinta; fece ritorno alla Gomera domenica due settembre con la Pinta riparata….”
Le caravelle rimasero a La Gomera fino all’ 8 settembre, poi puntarono ad ovest per affrontare l’oceano, evitando tre vascelli portoghesi che avrebbero ostacolato la spedizione,
“Partì quel giorno di buon mattino dal porto della Gomera, e prese la rotta perdar corso al suo viaggio. E venne a sapere l’Ammiraglio da una caravella che veniva dall’isola delFerro che, in quel braccio, veleggiavano tre caravelle del Portogallo per catturarlo; e aveva da essere per invidia del re, per essersene andato in Castiglia. E procedette tutto quel giorno e quella notte con bonaccia, e al mattino si trovò tra la Gomera e Tenerife “
Cristoforo Colombo cominciò ad annotare nel diario di bordo meno miglia di quelle effettivamente percorse intuendo che il viaggio sarebbe stato molto più lungo delle 6500 calcolate da Toscanelli che avevano convinto i sovrani e i centoventi uomini di equipaggio all’ impresa. In questo suo diario registrava e annotava ogni episodio della navigazione, il clima della natura che Colombo stava violando per la prima volta e quello dell’equipaggio che sprofondava sempre nella paura dell’ignoto con il lento passare dei giorni senza avvistare terra.
“Navigò tutto quel giorno e per l’intera notte, e avranno coperto più di cinquantadue leghe, ma non ne annotò che 48. E per tutti questi giorni ebbe bonaccia e gran calma, quali si hanno sul fiume di Siviglia.,Quello stesso giorno Martìn Alonso con al Pinta, che era assais pedita, non aspettò, e aveva detto all’Ammiraglio dalla sua caravella aver visto gran copia di uccelli volare verso il ponente e che quella notte si aspettava di vedere terra e che perciò si affrettava tanto. Dalla parte del nord il cielo si incupì: il quale è segno di terra “
A cinque giorni dalla partenza la bussola sembrò impazzire puntando a sud-ovest e Colombo spiegò ai marinai spaventati che si era evidentemente “spostata” la stella polare, il 17 settembre attraversarono una distesa di alghe dove fu trovato un gambero vivo e avvistato un uccello, il giorno dopo Pinzon ne vide un intero stormo in volo e quello seguente Colombo scambiò per terra delle nuvole, ancora alcuni uccelli fino al 25, quando a Pinzon sembrò vedere terra che sparì con l’ alba: gli uomini erano ormai decisi all’ammutinamento.
“Questo fu giorno di molta calma e quindi di vento, e seguirono la loro rotta a ponente, fino a notte. Discuteva l’Ammiraglio con Martìn Alonso Pinçòn, capitano della Pinta, l’altra caravella, su una carta che egli gli aveva inviato tre giorni avanti dove, a quanto sembra, l’Ammiraglio aveva trovato dipinte certe isole in quelle acque. E diceva Martìn Alonso che dovevano trovarsi proprio in quel tratto di mare e l’Ammiraglio rispondeva che così pareva pure a lui; e il non averle incontrate doveva essere a causa delle correnti che avevano sempre sospinto la nave a nord-est e nel non aver avanzato tanto come i piloti dicevano.”
Sulle tre caravelle le oscurità del medioevo popolare e la luce di una nuova era si scontravano quotidianamente nell’ oceano sconosciuto, due mondi si contendevano la storia e quei figli della superstizione e della paura che formavano l’equipaggio stavano per prendere il sopravvento, quando, come annota nel diario l’undici ottobre, il marinaio della Pinta Rodrigo de Triana consegnò il suo inutile nome alla storia avvistando terra e guadagnandosi una giubba di seta e diecimila maravedìs di vitalizio: si intonò il Gloria in excelsis e nessuno dormì quella notte.
“Avvistò per primo terra un marinaio che si chiamava Rodrigo de Triana anche se l’Ammiraglio, alle dieci di sera, stando sul castello di poppa, vide una luce, ma fu cosa sì poco certa che non ardì affermare essere terra; (…..). Perciò quando intonarono la Salve Regina che i marinai sono usi dire e cantare a modo loro e si riunirono tutti, l’Ammiraglio li pregò e li esortò a fare buona guardia dal castello di prua e che scrutassero per cercare terra e che a colui il quale per primo dicesse che la vedeva, avrebbe dato immediatamente un giubbone di seta, senza contare le altre ricompense promesse dai Re …)
L’ alba sciolse lentamente la nebbia su una foresta di un verde intenso fino alla spiaggia candida sul mare che cominciava a brillare di turchese al sole che si alzava: uomini e donne nudi attesero l’ arrivo della scialuppa di Colombo con i fratelli Pinzòn capitani di Spagna Vicente Yáñez e Martìn Alonso , il notaio reale Rodrigo de Escobedo e la scorta, per prendere possesso della terra di San Salvador in nome dei sovrani di Spagna, proclamandosi vicerè ed Ammiraglio del Mare Oceano il 12 ottobre del 1492.
“..Alle due, passata la mezzanotte, apparve terra, dalla quale saranno stati distanti due leghe. Ammainarono tutte le vele (…) e si misero a navigare alla cappa, temporeggiando sino al venerdì, quando giunsero a una isoletta dei lucayos che nella lingua degli indigeni era detta Guanahanì (….)questa gente è semplice e buona,e se le Vostre Altezze ordinassero di tenerli schiavi,agevolmente potrebbero farlo,perchè con una cinquantina di uomini potranno far di essi quel che vorranno…”
Quel giorno di scoperta la vecchia Europa iniziava una nuova era e lasciava i demoni dell’ ignoranza al passato, ma essi si erano già trasferiti nel Nuovo Mondo che fu poi l’America con la loro violenza e sopraffazione e per la popolazione indigena cominciava la fine. Gli antichi sostenevano che oltre l’ Asia orientale si trovava il Paradiso terrestre dell’Eden e quella terra ricca di colori, di frutti ed uccelli, dalla timida popolazione buona ed ingenua, poteva esserne una propaggine, ma Colombo voleva raggiungere le splendide città e le immense ricchezze del Cathay raccontate da Marco Polo nel suo Milione e dello sconosciuto Cipango, chiedeva dell’ oro agli indigeni ed essi gli indicavano il mare a sud dove c’era una grande isola che chiamavano Cuba.
Sicuro che si trattasse di Cipango, Colombo raggiunse l’isola dove altri indigeni gli indicarono il territorio occidentale che chiamavano Cubanacan con un re di nome Cavila le assonanze lo indussero a credere che si trattava del Cathay e il sovrano Gran Khan , ma i due messaggeri che inviò tornarono senza aver trovato alcun regno. L’ anima dell’ Ammiraglio in quei giorni doveva torcersi tra il piacere della scoperta e il desiderio di conoscenza con le necessità dei suoi committenti e gli scopi dell’ avventura:“Qui devono crescere molte cose che non conosco, ma non posso lasciarmi distogliere dal mio scopo:trovare dell’oro mediante l’esplorazione delle isole.”
Colombo proseguendo in questo primo viaggio raggiunse le Grandi Antille e il capitano Alonzo Pinzòn con la sua Pinta per primo avvistò Portorico che gli indigeni di taino chiamavano Borikén dalle montagne coperte di foreste continuando l’ esplorazione
fino ad un’ altra grande isola che che nel diario di bordo il cinque dicembre annota d’averne incrociato la lunga costa, sbarcando a Santo Domingo la trovò vasta e fertile come alcune terre di spagnole e fu chiamata Hispaniola, ma per gli indigeni Taino era la “Madre di Tutte le Terre” Quysqueya mentre l’ altra parte dell’ isola era la “Terra montuosa” Haiti. Esplorandola annotava che in sua vita era la terra più bella mai vista,la Santa Maria nella notte di Natale si incagliò e Colombo mandò a chiedere soccorsi al sovrano di quella che pensava fosse una provincia del Cathay.
Il capo Guacanagari aiutò gli spagnoli che costruirono La Navidad, il primo forte europeo del Nuovo Mondo. “ Ho ordinato di costruire una torre ed una fortezza, ed una grande cantina, non perché ci sia una qualche necessità in base ai racconti Sono sicuro che le persone che ho con me potrebbero soggiogare tutta l’isola… dato che le persone sono nude e non armate e sono molto codarde “
L’ equipaggio della caravella naufragata rimase e l’Ammiraglio Cristoforo Colombo ripartì per la Spagna il 4 gennaio 1493 al termine del suo primo grande viaggio dopo la Scoperta del paradiso, iniziando l’ era delle grandi scoperte che avrebbero cambiato il mondo. Qui il fratello Bartolomeo fondò quella che poi fu la grande comunità e la più antica tra le Colonie del vasto impero spagnolo nel Nuovo Mondo del quale Colombo fu primo defensor fidei, qui venerato dai discendenti dei coloni che credono di conservarne i resti. Santo Domingo negli anni a venire fu il centro Nuova Spagna ove a Colombo seguì l’infido Bobadilla poi il nobile Nicolàs de Ovando e tornò in famiglia con il figlio Diego e di qui iniziarono le prime spedizioni alla scoperta del nuovo continente America.
Il secondo viaggio
Il 25 settembre Cristoforo Colombo era l’ Ammiraglio del Mare Oceano che partì per il secondo viaggio, entrò di nuovo nell’ Atlantico da Cadice con una flotta di 17 navi che seguì la rotta ormai nota, il 2 novembre incrociò un’ isola montuosa che chiamò Dominica, i sbarcò in quella che battezzò Maria la Antigua e un’altra coperta di foreste anch’essa popolata da indigeni che la chiamavano Karukera e che ribattezzò Santa Maria de Guadalupa, dove i nativi fuggirono allo sbarco lasciando resti umani nelle capanne, in un altro villaggio trovarono prigionieri i cui maschi erano destinati ad essere divorati nelle cerimonie e le femmine alla schiavitù, si trovavano nel territorio dei feroci cannibali Caribe di cui aveva sentito parlare nel primo viaggio.
Essendo scomparsa una pattuglia di avanscoperta, l’ Ammiraglio inviò duecento armati nell’ interno che sconvolsero Guadalupa per alcuni giorni fino a quando non fu ritrovata sana e salva, poi salpò per la più settentrionale Santa Cruz dove gli spagnoli si scontrarono con gli indigeni che combatterono fieramente fino ad essere tutti uccisi. Arrivati al forte di Navidad trovarono che i compagni lasciati si erano uccisi tra loro in risse furibonde e poi attaccati dagli indigeni del capo Caonabo per vendicarsi delle violenze subite dagli spagnoli durante la loro permanenza dopo la partenza di Colombo, il capo amico Guacanagri raccontò che anche il suo villaggio era stato assalito, ma si rivelò una menzogna e fuggì con tutta la tribù prima della repressione, guidata da Alonso de Ojeda che sconfisse e catturò Caonabo.
L’Ammiraglio decise di fondare una vera colonia a Santo Domingo più al riparo dai Caribe e i loro rivali Taino, poco lontano a Montecristi sorse il villaggio di La Isabela, il primo nel Nuovo Mondo, ne lasciò il governo al fratello Bartolomeo e il 24 aprile 1494 salpò con tre navi cercando la rotta a sud di Cuba seguendo le antiche note aristoteliche che affermavano esservi cose preziose solo al disotto dei paesi troppo caldi. Il 3 maggio incrociò Giamaica popolata da indigeni Taino ostili, ma non avendo trovato ricche città piene d’oro tornò a Cuba e aprì una rotta ad ovest tra molte isolette che chiamò Jardines de la Reina.
L’ isola era enorme e le provviste scarseggiavano, così la spedizione tornò indietro attraversando per dodici giorni un mare cristallino dagli splendidi colori che impressionò gli spagnoli per la sua bellezza, poi il 22 luglio ripartì per le coste giamaicane e ne esplorò l’ altra parte coperta di foresta e campi fertili, dove gli indigeni si mostrarono pacifici per non scontrarsi con le micidiali armi dei bianchi delle quali si era ormai sparsa la notizia. Il 20 agosto la spedizione sbarcò nell’ insediamento di Hispaniola a Santo Domingo.
Non proseguì perchè l’Ammiraglio si ammalò e ad Isabela, trovò il figlio Diego che aveva sostituito il fratello Bartolomeo nel governo della colonia sconvolta da epidemie, risse faticosamente sedate e scontri con gli indigeni che reagivano ai continui soprusi, le razzie, le violenze e la schiavitù nelle miniere d’oro.
“Quando essi si videro morire ogni giorno per l’inumana crudeltà degli spagnoli,come la loro gente era falciata dai cavalli,tagliata a pezzi dalle spade,sbranata e divorata dai cani,bruciata viva e soggetta alle più raffinate torture,quelli di certe province,dove Guarionex,Maguanà e Caonabò avevano regnato,decisero di rassegnarsi al loro fato e consegnarsi nelle mani dei loro nemici….”
Così scrive Bartolomè de Las Casas, primo vescovo di quelle terre e appassionato difensore degli indigeni, raccontando nel suo Brevsìma destruccìon de las Indias quel periodo, in soli due anni scomparvero oltre centomila Caribe karipona e Taino,i sopravvissuti ridotti in schiavitù, ma il genocidio nel Nuovo Mondo
indigeno era appena cominciato, poco dopo la scoperta del paradiso.
Non fu certo a causa sua né tantomeno il motivo delle vicende di quella scoperta che precipitarono tra critiche e rancori, costretto al ritorno in Spagna umiliandosi alla corte di Ferdinando e la sua protettrice Isabella vestito di un saio da penitente nella soddisfatta derisione dei nobili, ma questa volta portò una grande quantità d’ oro anche se non aveva trovato il Cathay e lo sconosciuto Cipango.
Terzo viaggio
Nessuno credeva più alle sue visioni di città lastricate d’oro e a quarantacinque anni l’ Ammiraglio era invecchiato precocemente, ma riuscì a convincere ancora una volta i sovrani ad affidargli una spedizione e salpò con sei navi da Siviglia il 30 maggio 1498 terzo viaggio su una nuova rotta più meridionale che incrociava Capo Verde.
In questo viaggio giunse nelle Antille seguendone l’ arco fino alle meridionali ove incrociò un piccolo paradiso coperto di jungla e profumato di spezie chiamato Grenada, prendendo la rotta che da Antigua incrociava Dominica proseguendo al largo di Santa Lucia e Barbados, delle quali però non fa menzione .
Il 31 luglio giunse a Trinidad e Tobago, poco distante dalle coste della Guyana venezuelana e il continente, anch’essa trovata da Colombo che così la chiamò in onore della Santissima Trinità, mentre ai primi coloni spagnoli la vicina ricordava la forma di un sigaro e perciò più modestamente fu Tobaco.
Il giorno dopo per la prima volta fu avvistata la costa ove , il mare rivelava la vicinanza di un fiume immenso, più grande di qualsiasi altro conosciuto e capì che veniva da un continente nuovo che non era l’Asia. Le provviste scarseggiavano e l’ Ammiraglio rimandò l’esplorazione della costa per raggiungere la colonia fondata dal fratello Bartolomeo a Santo Domingo, dove alcuni nobili hidalgos si erano ribellati e li fece giustiziare, ma neanche Colombo vicerè e Ammiraglio del Mare Oceano poteva giudicare quei sette aristocratici, oziosi e violenti figli Castiglia. Quando arrivò il commendatore Francisco de Bobadilla , inviato dai sovrani nell’ agosto del 1500 per sostituire Cristoforo e il fratello Bartolomeo ormai in disgrazia, ridotti in catene e rimandati in Spagna dove furono liberati ma privati dei titoli.
Quarto viaggio
L’ Ammiraglio del Grande Mare Oceano e delle Terre Scoperte era invecchiato e malandato ma l’ oceano lo chiamava e ottenne il permesso per esplorare nuove terre senza sbarcare nella colonia, con il fido fratello Bartolomeo e il suo secondo figlio Fernando ripartì l’ 11 maggio 1502 per il quarto ed ultimo viaggio.
Le quattro navi arrivarono in rada a Santo Domingo e fu chiesto al governatore di cambiarne una in avaria, avvisando che sarebbe arrivata una tempesta a sconvolgere i Caraibi, ma non fu aiutato dal nuovo governatore Bobadilla mentre partiva con trenta vascelli guidati dall’ ammiraglia El Dorado che trasportava i tesori raccolti da Colombo che aveva previsto l’ arrivo di un tifone e nello stretto de la Mona tra Portorico e Santo Domingo si scatenò l’ uragano che fece naufragare e distrusse gran parte del convoglio, non avendo dato credito alle previsioni del grande navigatore.
Mentre al posto dell’ usurpatore Bobadilla fu inviato Nicolàs de Ovando, seguendo le sue rotte in questo ultimo viaggio, incrociando Martinica ne cercò una nuova ad ovest e il 29 luglio 1502 trovò l’ isola di Guanaja al largo della costa continentale, per la prima volta i bianchi incontrarono una grande barca con indigeni dall’aspetto civile, vestiti e decorati con monili preziosi che provenivano dal continente dove si stendeva un grande e florido paese chiamato Mayan, probabilmente ciò che rimaneva dell’ antico territorio di Copàn lasciato dalla civiltà Maya secoli prima in Honduras e il vecchio Ammiraglio pensò che finalmente poteva trovare la rotta occidentale per l’ India e tornare in Europa da oriente circumnavigando la terra.
Lasciata quella costa il 16 aprile 1503 trovò le isole Cayman e riprese la rotta per Hispaniola, al largo della costa settentrionale giunse in un’ isola ove trovò molte tarlarughe e la chiamò de Las Tortugas, la spedizione navigò fino al Cabo Gracias a Diòs e prese la rotta del sud fino ad una grande baia, popolata da indigeni decorati d’ oro, nel paese chiamato Veragua, ma un tifone costrinse le navi ad una lenta navigazione sotto costa fino alla foce di un fiume dove Colombo decise di sbarcare e costruire un villaggio rinunciando alla via dell’ India.
Finalmente poteva avere la sua colonia, ma i nativi lo avvisarono di un imminente attacco di una tribù bellicosa guidata da un capo di nome Quibia che venne sventata, ma quando ripartì lasciando Bartolomeo a governare l’ insediamento si udirono spari di archibugi e rumori di battaglia, una tempesta fece impiegare tre giorni alle navi per tornare alla costa dove gli spagnoli erano attaccati dagli indigeni.
Così la colonia fu abbandonata e le due navi superstiti fecero rotta per la Giamaica incontrando un’ altra tempesta che le danneggiò definitivamente, i marinai Bartolomeo Fieschi e Diego Mèndez affrontarono il mare con una scialuppa per chiedere soccorso a Santo Domingo ove giunse a settembre, nel frattempo Diego e Francisco Porras si ammutinarono con altri uomini e in cinquanta tentarono di partire anch’ essi naufragando.
Intanto gli indigeni fomentavano una rivolta e Colombo ricordò di avere i testi con le pagine gnomoniche contenute nel De triangulis planis et sphaericis libri dell’ astronomo tedesco Johannes Müller Regiomontano ove era calcolata un’ eclissi lunare il 29 febbraio 1504, pertanto radunò i capi indigeni avvisandoli che il suo Dio era offeso per il loro comportamento e che sarebbe scomparsa la luna, cosa che avvenne impressionando i nativi e l’astuto Ammiraglio si offrì di intercedere facendo ricomparire poco dopo l’astro sedando così le ostilità ottenendo l’ aiuto e le provviste necessarie.
Il 28 di giugno 1504 riuscirono finalmente a ripartire arrivando nella colonia di Hispaniola a Santo Domingo da dove il 12 settembre Colombo terminò il suo ultimo viaggio per tornare in Spagna ove trascorse i due anni che gli restarono da vivere a reclamare le sue terre e i suoi titoli.
La sua protettrice Isabela di Castiglia era morta e la corte dimenticò colui che aveva reso la Spagna ricca e potente, la storia aveva preso un suo nuovo corso e il mondo era cambiato in pochi anni per l’ impresa dell’ Ammiraglio del Grande Mare Oceano Tenebroso e la Scoperta del Paradiso, quando uno dei più grandi navigatori di tutti i tempi si spense il 21 maggio 1506.
“Non si può mai attraversare l’oceano se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva…Coloro che vedono la luce prima degli altri sono condannati a continuare a dispetto degli altri.”
© Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. America: Colombo, La scoperta del Paradiso.
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