Santo Domingo
Aveva da poco aperto una delle rotte dei Caraibi nel suo primo viaggio per quella che fu detta scoperta del Paradiso quando nel suo diario di bordo nota il cinque dicembre dell’anno di grazia 1492 d’aver incrociato la lunga costa d’una grande isola battezzandola poi Hispaniola, ma per gli indigeni Taino che vi abitavano da secoli era la “Madre di Tutte le Terre” Quysqueya mentre l’ altra parte della grande isola era la “Terra montuosa” Haiti, cosi’ come ce lo raccontano Fernàndez de Oviedo e il beatificato Bartolomè de Las Casas che ne fecero cronaca.
L’ Ammiraglio del Grande Mare Oceano e delle Terre scoperte i giorni a venire annotava che trattavasi della terra più bella mai vista in sua vita e il fratello Bartolomeo vi fondò la grande comunità di Santo Domingo, la più antica delle Colonie del cattolico e vasto Impero_spagnolo nel Nuovo Mondo del quale Colombo fu primo defensor fidei, qui venerato dai discendenti dei coloni che credono di conservarne i resti.
Divenne il centro Nuova Spagna d’America ove a Colombo seguì l’infido Bobadilla poi il nobile Nicolàs de Ovando e tornò in famiglia con il figlio Diego e di qui iniziarono le prime spedizioni alla scoperta del nuovo continente dal resto dei Caraibi al Messico dalla Guyana all’Amazzonia, attraverso la via delle Ande al favoloso Peru e cercando il mitico Eldorado fino al confin del mundo nella remota Patagonia.
Quella prima capitale in Santo Domingo vanta i primi edifici d’epoca coloniale dell’intera America che ne resta prezioso patrimonio, nella Capilla del Rosario e le altre varie chiese dell’ antica Arcidiocesi dell’epoca ove furono benedetti i primi Conquistadores che partivano alla ricerca dell’Eldorado tra il Messico le Ande e l’Amazzonia.
Ne rimane la cattedrale di Santa Maria Menor che fu la prima nel Nuovo Mondo, Il monastero di San Francisco e altre chiese come quelle de las Mercedes e San Stanislao che ancora si fanno ammirare, le vestigia di quel che resta della grande hospedaje San Nicolàs de Bari e anche il veneratissimo santuario dedicato alla Patrona Nuestra Senora Altagracia sorto su un’antica costruzione.
Le glorie dell’Ammiraglio rimangono nel palazzo che fu l’Alcàzar de Colòn,quelle dei successori nella Fortaleza Ozama fondata da Nicolàs de Ovando e i cimeli nel Museo de las Casas Reales. Di più tardi Il settecentesco Panteòn_Naciònal ove riposano gli ultimi vicerè, condottieri, personaggi, presidenti e ben meno nobili dittatori, poi si va per il grande Parque Indipendencia ove la Puerta del Conde sarebbe a significare la porta del Nuovo Mondo.
Nell’Universidad SantoTomàs si discuteva delle spedizioni di Diego Velàzquez a Cuba e in Messico, l’avventura di Ponce de Leòn in Florida che andava cercano la Fonte della giovinezza e di Hernàn de Soto che lo seguì giungendo al Mississippi poi esplorato dal francese de La Salle.
Il grande cronista e difensore degli indigeni Bartolomè de Las_Casas fu giurista e religioso a Santo Domingo, mentre Hernàn_Cortès vi esercitava il mestiere di scrivano prima di insanguinare il continente con la conquista del Messico, seguito dall’altro grande sterminatore di indigeni e civiltà che fu Francisco Pizarro che prese la via delle Ande a conquistare il Peru.
La corte creata da Diego Colombo decadde con le scoperte e l’inizio della colonizzazione nel continente che intanto s’andava chiamando America da quell’Amerigo Vespucci fiorentino che gli diede nome, ma Hispaniola rimase sempre legata all’impero spagnolo sempre più affamato d’oro e all’eredità dei Colombo.
I discendenti dei primi coloni stavano al vertice della scala gerarchica, seguivano i meticci e i creoli di varie caste in base alla percentuale di “bianco” nel colore della pelle e i tratti somatici, infine gli schiavi importati dall’Africa con la tratta negriera, per sostituire gli indios Caribe e Taino ormai sterminati, stavano al più basso livello sociale, in maggioranza nell’altra metà dell’isola che divenne la colonia francese di Haiti, ove nel settecento furono protagonisti di un’epica rivolta.
Ad Hispaniola l’ importazione degli schiavi fu scarsa, a differenza di Saint Lucia, Antigua, Grenada, Dominica, Barbados, Trinidad e Tobago, così che è il paese caraibico più meticcio, al contrario di quelle Antille e soprattutto di Haiti ove invece l’ odiosa tratta dei neri africani fu intensissima per le piantagioni. La divisione avvenne nel 1697 con il Trattatondi Ryswick che assegnò alla Francia l’odierna Haiti che prosperava sulle piantagioni con lo sfruttamento degli schiavi,ma le catene furono spezzate nel 1801 dalla rivolta di Toussaint Louverture sugli echi della Rivoluzione francese della quale fu l’epico seguace nei Caraibi. Gli spagnoli da Santo Domingo chiesero aiuto alla madrepatria e ai britannici poi con la sconfitta di Napoleone la loro Hispaniola tornò ad essere controllata. Nel 1821 i creoli si rivoltarono guidati da Josè de Càceres repressa l’anno successivo con l’invasione degli haitiani, ancora una volta i dominicani ebbero fremito rivoluzionario condotti da Juan Pablo Duarte e nel 1844 la vecchia Hispaniola fu l’ indipendente Repubblica Dominicana.
I successivi centocinquant’anni di storia sono andati da repubblica delle banane con i colpi di stato periodici, generali e dittatori vari al servizio delle multinazionali e il rampante neocolonialismo, come gran parte di quell’ America latina che l’ha sopportato per decenni dopo conquistadores e pirati, schiavisti e dittatori da tragiche operette.
A cominciare dall’occupazione statunitense dal 1916 al 24 nel il suo imperialismo anche da queste parti alimentando poi la sanguinosa guerra civile negli anni sessanta, la dittatura di Leonidas Trujillo feroce al pari del suo degno compare Papa Doc Francois Duvalier nella miserabile Haiti.
La capitale fu la prima Città coloniale nel Nuovo Mondo, che ne rimangono superbe vestigia così come le si ammirano , fondata nel 1496 da Bartolomeo,fratello del Grande Ammiraglio ,fu il centro amministrativo di tutti i Caraibi per i successivi tre secoli e la Atenas del Nuevo Mundo per la sua Universidad SantoTomàs fondata nel 1538,centro culturale e fucina di artisti e poeti che coltivarono le lettere, la musica e le arti, mentre nel resto del continente si stendeva il rozzo e violento oscurantismo dei conquistadores in cerca dell’Eldorado come Cortès che andava devastando il Messico e Pizarro il Peru. Gli antichi abitanti del Paradiso scoperto da Colombo erano indigeni Caribe, Arawak e Taino provenienti in epoche remote dal continente, guerieri all’occorrenza ma pacifici e dediti alle gioie della vita, giacché la natura forniva ciò che serviva, dopo averli decimati li obbligarono a lavorare per loro, attività sconosciuta agli indigeni e li sterminò assieme alle violenze dei nuovi arrivati in quell’olocausto americano che li estinse in soli cinquant’ anni dall’arrivo dell’Ammiraglio.
Ma vi fu tempo per accoppiamenti promiscui tra bianchi, indios e neri che hanno generato gli antenati della maggioranza dei dominicani, una popolazione nella quale remoti richiami d’Africa nella musica e retaggi del vudù tra i neri e antichi caratteri indigeni si mescolano con lo spirito dei primi castigliani in ogni manifestazione. Qui è nato il Merengue e gli altri ritmi da quelle tradizioni che si mescolano nella sensualità della danza con vecchi costumi spagnoli, il combattimento dei galli sembra chiamare costumi africani e svaghi indios con l’organizzazione castigliana, sfogo per ataviche violenze represse che si esalta con il sangue dei pennuti e la competizione di povere scommesse per guadagnare la giornata.
Gli Arawak avevano molte divinità e alcune tribù Caribe pratiche animiste, così come i neri che s’erano portati culti vudù e una miriade di esseri e spiriti, mentre il Cristianesimo degli spagnoli innumerevoli santi e non fu difficile mescolare il tutto nel cattolicesimo.
In questa Repubblica Dominicana la liturgia è tutta europea, mentre le feste religiose fuori dalla severità della messa ripropongono suoni, canti e danze che si riappropiano della vecchia anima meticcia. Si dice che l’ Ammiraglio del Grande Mare Oceano ,quando sentì l’alito della morte a Valladolid, chiese di essere sepolto nella sua Hispaniola al figlio Diego che non fece in tempo ad esaudire il desiderio perchè lo raggiunse ben presto nel limbo dei navigatori, la salma così di Cristoforo fu traslata nella Cattedrale di Siviglia , la nuora riuscì a compiere le ultime volontà trasportando le spoglie dei due congiunti per seppellirle sotto il pavimento di questa in Santo Domingo, dove più tardi ne furono cancellati i segni per timore dei corsari di Francis Drake. Quando i francesi invasero l’isola gli spagnoli scavarono sotto il pavimento e portarono con loro una cassetta nella vicina Cuba,ma sembra che fossero quelli del figlio Diego, poi divisi tra le cattedrali di l’Avana e Siviglia onorati come reliquie, molto tempo dopo nella prima chiesa che li conservò fu rinvenuta una nicchia con un feretro ove era scritto esservi l’ Ilustre y estimado varòn don Cristòbal Colòn, da allora il sepolcro nella cattedrale di Santo Domingo è oggetto di culto i dominicani che lo sorvegliano nel timore che venga loro sottratto.Così il Grande Ammiraglio continua a vagare tra una sponda e l’altra dell’Atlantico nella coscienza dei fedeli e navigando nel suo mito.