La Via degli abati
Su antichi tracciati romani e poi Longobardi sorse la Via degli Abati seguita ufficialmente dai monaci dell’Abbazia San Colombano a Bobbio nel piacentino per le udienze ad limina Apostolorum con il Pontefice in Roma, ma soprattutto per il controllo e gli scambi con i possedimenti del monastero che si estendevano fino in Toscana.
Il profeta Giona
Sulla riva destra del trebbia a Bobbio s’accede dal vecchio Ponte Gobbo dagli undici strani archi che antiche paure medievali raccontano costruito per intervento diabolico in una sola notte. Certa e medioevale è la storia del borgo cresciuto all’ombra dell’abbazia fondata da Colombano pio seguace del monachesimo irlandese nel secolo settimo la cui storia è narrata dal suo discepolo Giona. Ebbe natali a metà del VI secolo nella regione meridionale irlandese di Leinster, s’avviò presto agli studi discepolo dell’abate Sinell e poi al monastero di Bangor, fondato da San Comgall sulla regola di ascetica penitenza e studio, testimoniata dal codice Antifonario di Bangor ch’egli dicasi portò a Bobbio. Lì ebbe sacramenti sacerdotali proseguendo ad essere dotto in pia saggezza monastica finché partì con dodici dei suoi compagni in missionario peregrinatio pro Christo sulle vie d’Europa. Nell’anno di grazia 590 era nella Franca Contea ove fondò l’Abbazia di Luxeuil sui resti di un’antico forte romano, ove visse vent’anni e dicasi che ispirò anche quella di Saint Anis des Fontaines che cronache carolinge dell’818 raccontano fondata poi dall’abate benedettino Sentimir, certo è che fu a Tours a venerare reliquie del santo nella Basilica San Martino. Dopo anni di Francia scese nella Milano longobarda alla corte di Agilulfo convertito al cristianesimo da seguace della dottrina di Ario sorta nel quarto secolo e della quale era divenuto nemico così che Colombano s’adoperò a combattere quell’Arianesimo ancora diffuso in terra italica. Nel 614 il sovrano gli concesse una chiesa in Val Trebbia ove fondare un monastero aiutato dal nobile franco che poi fu Clotario II, sorta l’Abbazia vi visse un solo anno e poi lasciò al suo Ordine Colombano eredità di sapere, spirito e la sua storia fervente che andò ben presto a diffondersi da quel luogo ove di lì a pochi anni v’erano oltre cento monaci ed amanuensi nello Scriptorium che s’arricchì nel tempo con settecento codici e più d’un centinaio d’antichi manoscritti latini, come raccontano cronache del secolo decimo, nonché i suoi scritti beati e manoscritti che aveva portato dall’Irlanda. Da quell’abbazia che divenne tra le più importanti d’Europa e la sua biblioteca vennero o vi studiarono sapienti, santi e alti religiosi come San Eustasio abate di Luxeuill, San Gallo priore dell’Abbazia S.Gallo, Sant’Attala, San Bertulfo , San Bobuleno, San Cumiano e Wala, Giona bibliografo di San Colombano, Ebbone arcivescovo di Reims, Gerberto di Aurillac che fu papa Silvestro II , Sant’Allo, Santa Fara prima badessa di Faremoutiers, San Filiberto, San Romarico, ed ancora i saggi e pii Audoeno di Rouen, Sant’Agilo, San Vandregisilo, Bertino di Sithiu, San Valerio di Leuconay.
La Via degli Abati
Seguita poi dai pellegrini che sostavano negli hospitalis sorti accanto ai monasteri di Gravago, in val Noveglia, Corte Torresana nel Borgotaro ed altre accoglienze fino a San Giovanni ne’ pressi di Pontremoli, valicando l’Appennino per i passi di Sella dei Generali, Linguadà, Santa Donna e Borgallo, attraverso i territori di Coli, Farini, Bardi e Borgo Val di Taro per la Lunigiana. Di lì si procedeva sulla via Francigena seguendo le tappe descritte da Sigerico. La Via degli Abati divenne quella più fondamentale tra la pianura padana e Roma fin dalla fondazione dell’Abbazia di San Colombano nel 614 e del suo feudo monastico per oltre cinque secoli, poi iniziò il declino e la lunga indipendenza terminò nel secolo tredicesimo entrando nella giurisdizione del vescovato di Bobbio. Su questa fondamentale era la poderosa fortezza della Cisa, ove poi sorse il forte Brunella nel XVI secolo, controllata dai Bizantini fino all’ VII secolo, poi presa dai Longobardi del sovrano Rotari e il valico appenninico del monte Bardone si aprì ai transiti tra i territori longobardi tra il settentrione e il centro italico. La sosta al sepolcro di San Colombano era fondamentale per tutti i pellegrini dal nord Europa ed irlandesi che le cronache ricordano accolti fin dall’862 dai monaci di Bobbio nell’ ospizio della chiesa di Santa Brigida a Piacenza. Contemporaneamente divenne centro culturale con il suo Scriptorium di codici minati e ben presto potenza economica con vasti possedimenti, infine di notevole influenza politica per il sostegno imperiale e la dignità internazionale degli abati. Ciò provocò progressivi conflitti tra i vescovadi e i Comuni dalla sua fondazione nel settimo secolo fino al dodicesimo, gli abati si recavano periodicamente ove venivano confermati poteri, proprietà ed indipendenza autonomia della potente abbazia. Tra i primi si ricordano quelli dell’abate Bertulfo nel 628 con cui ottenne dal pontefice OnorioI la bolla per l’ndipendenza sulle pretese del vescovo di Tortona Probo, poi dell’abate Bobuleno, inviato dal sovrano longobardo Rotari nel 643 da Papa Teodoro. La via percorreva la media val Trebbia, l’alta val Nure, passando per Mareto e dopo il guado del torrente Nure risaliva verso Groppazzolo per arrivare al passo del Linguadà e scendere nella Val Ceno, passando l’ospizio xenodochio di San Pietro sotto il controllo dell’abbazia a Boccolo de’ Tassi. Attraversava la val di Taro passando per la il castello sorto sulla fortezza longobarda di Bardi e la vicina abbazia e di qui per i monasteri di Val Tolla sul passo Pellizzone e Gravago, risalendo la Val Noveglia, si trovava il monastero fortificato di Gravaglia dell’ ottavo secolo. In Val di Taro l’abbazia di Bobbio possedeva le curtis Turrexana e la Turris romane a controllare il passaggio del ponte sul fiume Taro in val Ceno da BorgoTaro la via biforcava nella via montis Burgalis con l’ospizio di San Bartolomeo della pieve Vignola sul valico del Borgallo e la via del Brattello scendendo entrambe alla città fortificata di Pontremoli con il monastero di San Giovanni e la chiesa di San Francesco, sorta nel 1219 dopo il passaggio del Santo tra i fiumi Verde e Magra, ove la Via degli Abati si congiungeva con la Via Francigena Toscana.