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Scrittura azteca e Codici

La lingua nahuatl diffusa tra le popolazioni centro settentrionali messicane, si tradusse poi tra loro una propria scrittura azteca e depositari ne erano i sacerdoti scribi chiamati Tlacuilo, come per gran parte delle forme di scrittura mesoamericane derivava da quella più antica scrittura epiolmeca diffusa poi nel territorio messicano che originò il sistema degli Olmechi e delle altre civiltà precedenti ai Mexica.

Veniva usato il sistema fondato sull’ immagine codificata del glifo fonetico come disegno stilizzato e trascrizione del suono ove oltre al segno ogni colore corrisponde a un suono specifico che costituiva anche elemento decorativo ed ognuno aveva un significato con complicate chiavi di lettura.

Per unirli venivano usati legami grafici come linee colleganti oggetti, sovrapposizioni e fusioni di vario tipo ed era adoperata per codici di varia natura, archivi amministrativi, leggi, descrizione d località e stesura di mappe, oltre che a redigere testi sacri sempre su lunghe strisce di fogli ottenuti da corteccia macerata ricoperta da vernice scritti sulle due facce e ripiegati.

I Codici aztechi più antichi erano in gran parte pittografici privi di narrazioni simboliche, mentre quelli successivi e di epoca coloniale erano accompagnati da testi in lingua Nahuatl, in essi stanno le fonti della cultura del popolo Mexica con la sua mitologia, cerimonie, storia e vicende.

Del sapere racchiuso in questi Codex sono scarse le narrazioni dei pochi più antichi rimasti, mentre ve ne sono diversi redatti dopo l’ arrivo degli spagnoli, alcuni narrano quella storia Azteca che sarebbe altrimenti andata persa, essi si definivano l’ orgoglioso e fiero popolo dei Mèxihcah che, mentre nel Vecchio Mondo si consumava la fine del medioevo, iniziavano la loro storia sorta dai miti e le vicende di quello che fu il potente e vasto impero Mexica.

Iniziato nel XIV secolo con il primo reggente Tlatoani Acamapichtili che dal 1376 e regmò per quasi venti anni, tra i primi della genealogia dinastica durata due secoli che ha visto le gesta dei sovrani aztechi dai nomi mitologici. Raffigurati nei codici e narrati dalle cronache erano il Serpente di ossidiana Itzcóatl che sconfisse iTapanechi e prese Azcapotzalco, la Bestia d’acqua Ahuitzotl raccontato come spietato condottiero, il Furioso Signore Motecuhzoma che fu il fiero Montezuma contro gli invasori spagnoli con il suo condottiero Qualpopoca, tradito e messo al rogo per volere dei conquistadores.

Dopo la conquista dell’ impero rimangono le cronache spagnole e molti dei codici furono distrutti lasciandone alcuni e copie che raccontano del Disceso come aquila Cuauhtèmoc figlio di Ahuítzotl e noto anche come il valoroso Guatimozin che insorse contro gli spagnoli e venne giustiziato.

Tra i più rilevanti codici rimasti il Codex Mendoza pittografico, ma con numerose annotazioni descrittive in spagnolo redatto nella prima metà del XVI secolo e detto anche Mendocino, che narra la storia e le gesta dei sovrani della dinastia Mexica, con una seconda parte amministrativa e fiscale delle province imperiali, completato dalla descrizione della vita della popolazione.

Allo stesso periodo risale la redazione del pittografico tradotto come Tira de la Peregrinación e noto come Codex Boturini che narra la migrazione del popolo Mexica nella Valle del Messico proveniente dalla mitica terra settentrionale di Aztlàn. Conservato al Palais Bourbon di Parigi e pertanto chiamato Codex Borbonicus, redatto pittograficamente dai sacerdoti Tlacuilo tradizionalmente depositari della scrittura all’ inzio della conquista spagnola, più tardi vi nennero aggiunte descrizioni nella lingua dei conquistatori.

La prima parte comprendeva un calendario divinatorio Tonalamatl dalla complicata interpretazione che solo i sacerdoti sapevano rivelare che proseguiva nella narrazione del ciclo di cinquantadue anni concluso con la grande cerimonia del Fuoco Nuovo Xiuhmolpilli.

Sempre a Parigi nella Bibliothèque Nationale è conservata una copia del Codex Aubin in ottantuno fogli con descrizioni pittografiche della storia azteca dalle origini all’ arrivo dei conquistadores e il racconto della battaglia della Noche Triste e la successiva presa di Tenochtitlan, con la traduzione in spagnolo derivata dalle note dello storico Diego Duràn nella seconda metà del XVI secolo dalle quali venne pubblicata una Historia de las Indias de Nueva-España y isles de Tierra Firme.

Nella Bibliothèque Nationale si trova anche il Codex Cozcatzin pittografico redatto nell’ ultimo ventennio del XVI secolo completato da descrizioni in nahuatl e spagnolo con una prima parte dedicata ai possedimenti e le concessioni terriere del sovrano Itzcóatl nella prima metà del XV secolo, le altre sulla storia e la genealogia dinastica di Tenochtitlan e Tlatelolco, infine osservazioni e descrizioni astronomiche scritte in spagnolo.

Anch’ esso nella stessa Bibliothèque il Codex Ixtlilxochit , che prende nome dallo storico mexica di nobile famiglia reale e al servizio del governo coloniale Ixtlilxochitl, con cinquanta pagine splendidamente illustrate risalente all’ inizio del XVII secolo che raffigurano il calendario delle cerimonie, feste e ritualità annuali dei teocalli composti da diciotto mesi, ciascuno rappresentato con una figura divina o regale, mentre i testi sono in spagnolo.

Altro conservato nella biblioteca parigina è il Codex Telleriano detto anche Remensis dai contenuti astronomici, divinatori e storici, la prima parte con le descrizioni del calendario solare di trecentosessantacinque giorni, segue una parte dedicata al Libro dei giorni tonalamatl divinatorio e la descrizione del relativo calendario di duecentosessanta giorni tonalpohualli, infine il racconto della mitica migrazione del popolo Mexica seguito da quello delle vicende dopo la fondazione del loro impero tra gesta dei sovrani, guerre, eclissi, eventi naturali fino all’ arrivo degli spagnoli.

Quest’ ultima parte simile al meno noto Codex Ramìrez redatto nel XVI dopo la conquista spagnola che racconta la storia dell’ impero dalla fondazione alla caduta.

Il raffinato Codex Florentino conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze e pertanto detto fiorentino fu redatto in dodici libri riccamente illustrati da pittografie e disegni che racconta la storia azteca prima della conquista, poi raccolti nella Historia general redatta in spagnolo e nauatl come Historia universal de las cosas de Nueva España, scritta dal religioso e studioso Bernardino de Sahagún che è una delle più attente descrizioni rimaste di quel periodo.

Sempre a Firenze nella Biblioteca Nazionale è conservato il Codex Magliabechian risalente anch’ esso al primo periodo coloniale nella metà del XVI secolo con contenuti religiosi e cosmologici, descrizioni di divinità, cerimonie e riti dei cicli di cinquantadue anni con le raffigarazioni del Conto dei Giorni Tonalpohualli in novantadue pagine con pittografie, disegni e testi in spagnolo.

Il raffinato Codex Borgia magnificamente illustrato è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana tratto dalla collezione del cardinale Borgia con trentanove pagine dipinte in entrambe il lati da temi divinatori e religiosi, narrazioni mitologiche, storiche e di vita azteca.

Di epoca esclusivamente coloniale è la redazione originale pittografica del Codex Osuna redatto nel 1565 ove i Mexica producevano prove e testimonianze nel procedimento di Jerónimo de Valderrama contro il governatore Luis de Velasco che non aveva versato i compensi stabiliti agli indigeni per le opere prestate, poi completato con testi descrittivi in lingua nahuatl e traduzioni in spagnolo da sottoporre alle autorità coloniali.

Infine, anche se non si tratta propiamente di un codice rimane il Libellus de Medicinalibus che descrive le proprietà curative di varie specie botaniche adoperate nella medicina azteca, l’ originale in lingua nahuatl è scomparso e ne rimane la traduzione in latino Libellus de Medicinalibus Indorum Herbis di Juan Badiano come manoscritto illustrato è noto anche come Badianus.

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