Ungheria
Balaton
L’ antica Via Slavica da ovest segue antichi itinerari di armate, mercanti e pellegrini che cercavano conquiste, commerci e religiose devozioni trovando l’ immenso lago che sembra un mare dove gli ungheresi da sempre sciamano a rinfrescarsi dalla calura estiva e i sudditi asburgici ci arrivavano da Vienna e Trieste con la ferrovia per Budapest che ci passava. Ci avanzarono le legioni romane alla conquista della Pannonia e sulle sponde occidentali del gran lago sorse un gran centro di commerci sorvegliato dalla guarnigione del castrum di Valcum a Fenékpuszta, poco distante la medioevale Keszthely per secoli ha controllato i traffici su questa via verso est. Ordinata, tranquilla e animata in queste serate d’ estate da gente che passeggia sulle rive del lago e tra le vecchie vie che diramano dal lusso barocco del castello dei signori Festetics, immerso nel sontuoso parco dove si spandono colori e profumi del giardino assieme alle sinfonie dei concerti estivi. Qui la dinastia fece centro del suo potere per due secoli fino a quando l’ armata rossa tolse poteri e privilegi aristocratici anche da queste parti, ma i Festetics furono anche benefattori per la gente del Balaton creando trasporti, ospedali, scuole, l’ università Georgikon e la grande biblioteca Helikon dai centomila volumi, cuore del castello assieme al suo museo che racconta un millennio di storia ungherese. Il medioevo di Keszthely si concentra nel gotico della chiesa e l’ arte magiara dell’ epoca nei dipinti che ne affrescano la navata, imponente tempio poi fortificato per resistere ai Turchi che tentarono invano di prendere la città che rimase a difendere i confini della cristianità e dell’ occidente con l’ antico orgoglio guerriero dei magiari all’ avanzata dell’ Islam Ottomano. Proseguendo lungo la costa settentrionale il lago si stringe con la penisola di Tihany che guarda l’ altra sponda che s’ avvicina affacciata sui colori che riflettono il cielo mutando con l’ andare del sole e le nuvole portate dai venti dell’ est, incrociato da imbarcazioni d’ ogni tipo e gente che sosta sulle rive delle tiepide acque estive. Nella penisola giunsero tribù dall’ est nell’ alba della storia e poi altri fino ai romani, dopo la cristianità arrivò con l’ abbazia benedettina voluta dal sovrano Andrea I e che accolse il suo sepolcro, mentre sul colle sorse la cittadella medioevale che domina splendidamente le due parti del lago interno Külsõ-tó ed esterno Belsõ-tó verso il Monte Apáti dalle erosioni che paiono sculture, più in la si inseguono le formazioni vulcaniche che aprono sorgenti fino al suggestivo Aranyház. A metà dell’ ottocento asburgico dal porto di Balatonfüred il primo battello a vapore incrociò il lago sulla rotta dei vecchi velieri voluti dai Festetics avvicinando la gente dei suoi centri e villaggi, mentre patrioti cospiravano l’ indipendenza in case nascoste, intellettuali vivevano il loro romanticismo magiaro e Mór Jókai s’ ispirava ai suoi romanzi su queste rive.Lasciando il Balaton si entra nella Selva Bakony verso il fiume Rába, da sempre passaggio dalle propaggini delle Alpi orientali ai Carpazi e dalla pianura s’ innalzano i colli Kab-hegy e Kőris-hegy, più est Vértes, Gerecse, Pilis e Buda, che domina la città che ne prese il nome. Storia di Commerci e guerre di queste raccontata da Nagyvázsony dove i signori Vezsenyi edificarono un castello che il sovrano Mattia donò poi al mugnaio Pál Kinizsi assieme a titoli di rango per i suoi servigi bellici contro i Turchi in quel quindicesimo secolo funestato dai furiosi scontri tra gli islamici ottomani e le difese della cristianità nell’ est d’ Europa.
L’ ansa del Danubio
All’ inizio dell’ ansa del Danubio i romani misero a guardia di questo passaggio in Pannonia la fortezza di Solva e quando anche da qui se ne andarono la loro pax finì tra conflitti e invasioni, poi i magiari ci edificarono Esztergom e fu centro di traffici e cristianità, ove sta il Primate della cattolica Ungheria. La maestosa cattedrale dalla cittadella domina gli asburgici quaerieri barocchi verso la Bottyán János utca dove affaccia la chiesa francescana e la piazza che si apre nei colori delle facciate con la venerata colonna della Madonna Immacolata. Sormontata dal San Tommaso e dal castello la via Bajcsy-Zsilinzky utca accoglie il monumento a StefanoVárhegy. Quando comincia a ritirarsi anche tutta la gente che anima qusta come tutte le altre notti estive, tra le vecchie vie di Esztergom solo le luci che accarezzano le facciate ne raccontano la storia e accompagnano il cammino sulle rive del Danubio che scorre in silenzio sotto il ponte a confinare la Slovacchia sull’ altra sponda.Szentendre per sei secoli fu fortezza e centro di commerci sul questa via del Danubio che legava quella dei Carpazi all’ altra verso l’ est, poi i Turchi presero la vicina Buda e anche la cittò di S. Andrea fu ottomana per un secolo e mezzo fino alla liberazione asburgica. Tornata cristiana fu rifugio di genti dalla Slovacchia, Serbia, Croazia, Romania e Grecia che lasciavano i loro territori ancora dominati dai Turchi allor quando questi ne sedavano violentemente le aspirazioni di libertà. Quell’ epoca la raccontano le vie e i quartieri di Szentendre che diramano dalla piazza centrale Fő tér con le case barocche e palazzi rococò, la colonna settecentesca ricorda il flagello di una pestilenza, la chiesa Plébániatemplom è di ungarico cattolicesimo, ma qui la fede dei rifugiati dai Balcani predomina con l’ ortodossa Pozsarevascka templom e ancora la cattedrale Saborna consacrata all’ Assunta e centro della diocesi serbo ortodossa di Ungheria e Romania.Sulla via del Danubio tra Vienna e Budapest la vecchia città rifiorì con al ferrovia e i battelli a vapore che vi transitavano tra le due metropoli dell’ impero asburgico e poi gli artisti la trovarono di bohemica pace per andarci a dipingere e plasmare le loro opere lontano di frastuoni urbani e a cercarli tra caffè e atelier ce ne sono ancora più o meno protagonisti dell’ arte ungherese.
Budapest
Adagiata lungo il Danubio si stende la perla asburgica di Budapest a competere di mitteleuropea ridondanza con la sorella Vienna che sta poco più su del fiume ed in mezzo la meno sontuosa Bratislava che ne era approdo ad entrambe le rotte di battelli e vapori ai tempi imperiali. Quella del Danubio era altra antica via che legava l’ occidente d’ Europa all’ est e si incrociava a quelle da sud e il Balaton, le strade romane dalla pianura padana e i percorsi dalle Alpi ai Carpazi, così che per millenni prima di questa sontuosità metropolitana che appare dall’ alto del colle di Buda, genti diverse ci arrivavano.La città la si capisce da quassù dove spazia la vista e ne rammenta la storia, tutto intorno il quartiere Várnegyed dal medioevo al barocco asburgico che si apre dai varchi di Becsi kapu ter e Disz ter, qui furono fortezze romane e avare, poi la magiara e Budai Vár a difesa di quel che si vede disteso ai piedi del colle lungo il fiume. Béla IV ci portò la gente di Pèst dilaniata dai Mongoli e fu residenza reale Királyi-palota protetta dal Castello Királyi VárIl sovrano Mattia Corvino aggiunse suggestioni gotiche nella Cappella Reale e altre stanze dove giunsero pensatori, artisti e artigiani dall’ Italia Umanista che s’ avviava al Rinascimento chiamati dalla figlia del re di Napoli Beatrice d’ Aragona che venne sposa a Mattia. Così che la corte d’ Ungheria s’ illuminò d’ un lontano rinascimento che fioriva dilà delle Alpi, loggia sontuosa a saloni indorati e corridoi affrescati di zodiaci profani, la biblioteca Corvina a celebrare l’ Umanesimo. Ne resta lontano ricordo frammentato così come ciò che aggiunse il successore Ladislao II di Boemia all’ alba del secolo sedicesimo che l’ Ungheria ha passato cercando di arginare i Turchi che di li a venti anni giunsero in Buda e la devastarono di fuoco e saccheggi. Di li a oltre un secolo le armate asburgiche cercarono la riconquista e quattro assedi portarono altre devastazioni e poi l’ ultimo assalto distrusse quasi tutto d’ artiglieria che in quella fine del seicento devastava più dell’ intera storia di assalti da queste parti. Destino di ricostruzioni sempre più sontuose abbattute dagli eventi così che dalle rovine del quarantotto risorse il castello e tutto il resto per quasi un secolo e poi ancora la furia della più tremende delle guerre seminò tragedie e rovine qui come nel resto d’ Europa travolta dalla follia nazista con tutto il resto che si sa. Sciamano i visitatori tra i vecchi palazzi della cittadella ove stanno i musei di storia militare, musica, farmacia, commercio e finanche telefoni, tra locali e insegne che violano facciate austere e poi quel grande albergo di multinazionale lusso che s’ è andato a prendere ciò che di più suggestivo hanno lasciato i tormenti della storia di Buda, che neanche i turchi avevano violentato a tal modo. Quest’ orgoglio di capitalistica idiozia sta proprio dietro il Bastione dei Pescatori innalzato all’ alba del novecento dove stava l’ antico mercato del pesce e che s’ innalza tra sette torri quante furono le tribù magiare con le statue dei loro condottieri a ricordarli.Qui tutti s’ accalcano al tramonto che scivola di luce radente sul Danubio fin quando la città s’ illumina e si fa rimirare nelle suggestioni d’ una tiepida serata estiva dal colle di Buda.Sotto il bastione della Fortezza Várhegy si scende giù per il colle sulla piazza Clark Ádám tér che sta a ricordare quell’ inglese chiamato dal conte István Széchenyi a costruire il ponte incatenato Széchenyi lánchíd che passa maestosamente il Danubio per Pèst tenuto dalle grandi catene su due massicci piloni e sta li da più d’ un secolo e mezzo a far transitare di qua e dilà del fiume la gente di Budapest.Tutto in Pèst ricorda quel secolo di imperiale sontuosità asburgica e se ne devono percorrere viali e quartieri a capirlo, ma già a farvi scorrere la vista dal colle di Buda appare così dispersiva nei luoghi anche a chi da sempre abituato a trovare camminando le città d’ Europa e del mondo. Un po’ dappertutto si rammenta che la consorte imperiale di Francesco Giuseppe è cara alla memoria ungherese a vedere quanti posti ricordano Elisabetta che qui hanno chiamato Sissy, il ponte sul fiume, il distretto tra Via del Re Kiràly e Viale Ràkòczi è la Città di Elisabetta Erzsébetvàros, dove diramano vie di asburgica denominazione. Sulla circonvallazione Nagy si trova è viale Ferenc che divide la Città di Francesco Ferencvàros lungo l’ antica via del Mulino Malom utca e poi il viale Kiràly Kàroly, intitolato all’ ultimo sovrano Carlo I, che mostra i resti delle mura medioevali di Pest. Si dice sia tra i più belli dei teatri d’ opera al mondo, ma sicuramente il Magyar Állami Operaház da centotrenta anni si impone sulla Andrássy útca di neoclassica eleganza disegnata da Miklós Ybl, davanti stanno le opere dello scultore Alajos Stróbl ad onorare il compositore dell’ inno nazionale magiaro Ferenc Erkel, Franz Liszt e Gustav Mahler. A tornare sulla piazza Jaszai Mari ter che s’ apre dal ponte Margherita che lega Pèst all’ isola Margitsziget, lungo il Danubio si ripropone l’ asburgica e greve sontuosità neogotica del Parlamento in piazza Kossuth Lajos ter che doveva celebrare l’ indipendenza magiara nell’ impero Austro Ungarico tra la fine dell’ ottocento e l’ inizio del novecento, in cerca di grandiosa competizione con altri templi di potere dell’ epoca ridonda di greve neogotico e barocco. Dall’ eclettica sontuosità del Parlamento, l’ új évszázad del novecento si spande tra mitteleuropa e belle epoque per tutto il centro di Pèst, su per il viale della Váci utca si inseguono le facciate, porte e finestre Liberty, negozi e cafè, più là da piazza Szervita Art Nouveau e Bauhaus ispirano quel che si vede al passeggio sulla Napraforgó utca, nella Pasaréti tèr e lungo il viale Margit, fin nella piazza Vörösmarty tèr dove ancora sta il capolinea della vecchia metropolitana e i graziosi tavolini dell’ Art cafè che si contende le atmosfere Nouveau con il Gerbeaud. Laddove il Ponte delle Catene passa per Pèst e la via s’ infila nella Roosevelt tèr, l’ imponente eleganza di palazzo Gresham vanta supremazia liberty sull’ Istituto Geologico e l’ hotel Gellért che sta dilà del fiume, che accoglie d anch’ esso di lussi dei tempia andati con le sue camere decorate e le finestre nouveau che allungano lo sguardo sul Danubio e Buda e sulla strada le porte del Cafè Gresham accedono all’ eleganza del secolo che fu.
Pécs
Dove sorge Budapest, la Via Baltica che scendeva dalle terre dell’ ambra affacciate su quel mare attraverso la Polonia e la Slovacchia, incrociava altri itinerari dell’ antica Via Slavica dalle Alpi ai Carpazi a legare le pianure del Po e il Danubio e da sud attraverso la Croazia dal mar Adriatico e laddove diramava a est per la Romania, aveva il suo crocevia a Pécs. Anche questa parte della Pannonia romana venne travolta dagli Unni che attaccavano l’ impero disfatto, poi arrivarono gli slavi Avari, i Franchi Carolingi e infine gli Ungari che ne fecero parte del regno magiaro degli Arpàd. Florida e potente città del Sacro Romano Impero, mura, palazzi e università che ne fece crocevia di sapienze assieme ai traffici, poi centocinquant’ anni di dominio ottomano e divenne Pécs dal turco beş che significa cinque, di quell’ epoca il letterato turco Evliya Celebi la descrive fiorente e ricca di commerci.Tornata alla cristianità asburgica nel seicento, continuò ad essere quel crocevia di traffici e culture e un secolo dopo Maria Teresa d’ Ungheria la dichiarò Libera Città Regia governata da vescovi illuminati, a fare del centro di Pécs tra i più affascinanti di quel settecento ungherese e tra tutto la neoclassica facciata della cattedrale che vi chiamò da Vienna Mihály János Pollack a progettarla. Al fine dell’ ottocento poi fu un fiorire di Liberty e Art Nouveau che per le vie del centro ai con fontane, facciate, portali, finestre ed insegne s’ affianca a tutto il resto dei secoli passati, perchè forse più che altrove in Ungheria a Pécs sembra che si concentrano e sovrappongno storia e arte, fatti e suggestioni. Sulla piazza Széchenyi tér la grande cupola del belvárosi templom convertito al cristianesimo è quella della moschea di Gazi Kaszím Pasha a sua volta edificata a metà del cinquecento sull’ antica chiesa di San Bartolomeo, ma fin dalla sagoma qui tutto ricorda gli spazi dell’ Islam volti alla nicchia del mirhab verso la Mecca ove si spande la luce dalle finestre ottomane. A proseguire sulla Rakoczi utca nei pressi del convento francescano, svetta il minareto elegante della moschea Jakovali Hassan Pasha, di tale fattura che s’ è lasciata com’ era anche riconsacrata a chiesa, poi museo ottomano e infine concessa al culto dei pochi musulmani rimasti a Pécs nel venerdì di preghiera. Sulla Ferencesek utca la memoria ottomana torna con i resti degli haman d’ acque termali di Memi Pasha e sul colle Rokus la tomba turbe del pio Baba Idris, di dove s’ osserva dall’ altro la città su quella via che da sempre ha transitato la storia tra l’ ovest d’ Europa e il suo oriente.
La via dell’ est
Dopo la sua grande ansa, da Budapest il Danubio scorre repentino a sud come a confine con l’ oriente d’ Europa che si stende di immense pianure verso la Russia, antichi itinerari proseguivano la via slavica arrivata da ovest che ora si percorrono veloci d’ asfalto per Füzesabony da dove a sud si stende la Grande Pianura Alföld che qui la chiamano Puszta. Vi regna il silenzio dei grandi pascoli rotto solo dal vento e i galoppi dei cavalli seguiti dai mandriani che avanzano tremuli da lontano nella caligine ad arrivarci in quest’ estate torrida giunta come sempre dall’ inverno che ghiaccia questa terra di rigidi contrasti. Uscendo dall’ Hortobágy verso Debrecen, a deviare si trova Hajdúszoboszló di antichissimo popolamento, quando anche i magiari di qui abbracciarono il cristianesimo vi sorse un’ abbazia benedettina che nella lettera di fondazione del millesettantacinque il posto sta scritto come Szoboszlóvására, del suo medioevo ne resta poco se non che già da allora la gente veniva a curarsi con l’ acqua che sgorga dalle sue terme.La via dell’ est dirama a sud verso al Romania e incontra Debrecen dove la cattolica Ungheria non è riuscita come altrove a contenere la grande Riforma di Calvino e rimane tra le più orientali città protestanti d’ Europa verso i confini del mondo ortodosso. Tutto è austero e solenne in questa città, anche il neoclassico Palazzo Municipale in Piac utca e le altre vie che portano in piazza Révész tér con Chiesa Piccola Protestante e il suo campanile tronco e poi la Chiesa Rossa all’ inizio di Kossuth utca. A continuare tra le vie del centro si vede esser stati tolleranti i protestanti di Debrecen con la cattedrale consacrata alla cattolica Sant’ Anna in Szent Anna utca , mentre gli ortodossi celebrano le messe di rito nella Chiesa Greca in piazza Attila tér ed anche gli ebrei hanno la loro Sinagoga che in Pásti utca. La via slavica in Ungheria attraversa il territorio d’ Heves nella valle del fiume Eger tra i monti Màtra e Bükk, nel secolo decimo era popolato da germani, avari e slavi, re Stefano il Santo a cristianizzare i magiari ci mise un vescovo con la sua chiesa sul colle che domina il fiume ove più tardi sorse la fortezza e poi la città che porta il nome magiaro dell’ ontano Eger. A dominare la città rimangono le mura possenti, tra bastioni e passaggi che accedono a fortini e spazi con sculture romaniche e gotiche, sotterranei e celle dagli inquietanti marchingegni di tortura, poi i resti della cattedrale mediovale e l’ antico Vescovado che re Stefano il Santo qui fece erigere attorno al mille. Tra le suggestioni gotiche del Palazzo Vescovile stanno i dipinti dei maestri italiani e tedeschi dal tardo rinascimento al settecento, austriaci e ungheresi dell’ ottocento, poi il museo che racconta la storia di Eger intitolato all’ eroe István Dobó.Dall’ alto della fortezza lo sguardo su Eger è magnifico e va a scivolare sugli antichi quartieri, le piacce, cupole e campanili l’ unico alto minareto rimasto che svetta sulla città a ricordo del limite settentrionale dell’impero ottomano in Europa. Si arriva in piazza Esterházy tér dominata dalla basilica neoclassica Foszékesegyhàz dall’ elegante scalinata tra le statue dei sovrani Stefano e Ladislao assieme ai santi Pietro e Paolo che accede ai vasti interni decorati e affrescati a farsi ammirare con l’ organo enorme che risuona i suoi concerti tutti i giorni. Più in là il Liceum tra barocco e neoclassico s’ offre sontuoso tempio di scienze e cultura a contenere centotrentamila volumi e codici rari, l’ affresco del Concilio di Trento ricorda il baluardo del cattolicesimo alla Riforma Protestante. A lato l’ alta torre con l’ osservatorio astronomico e vecchi strumenti di scienza d’ un settecento illuminato e di quelle meraviglie ancora ci si incanta alla camera obscura che da un periscopio proietta la città.A proseguire si entra nella Tokaj-Hegyalja dove la pianura del nord ungherese s’ apre alle grande distese di vigneti e il più celebre dei vini che ne esce dà nome alla regione, chissà se nel lontano dei secoli quel vitigno prodigioso si creò in questa zona o nel Friuli italico all’ inizio di quel lungo tratto della via slavica ad ovest e il contendere è durato a lungo. Si lasciano le distese a vigneti e tutto torna alla grande pianura di questo nord ungherese a seguire la via slavica verso i Carpazi e i confini d’ un mondo dove tutto è ancora diverso, laddove si scrive cirillico e si prega ortodosso.