Guyana Venezuelana
Nelle antiche carte del XVII secolo, a volte, il selvaggio ed inospitale territorio della Guayana venezuelana era contrassegnato con curiosi disegni di uomini senza testa ed il volto sul petto, una delle tante fantastiche rappresentazioni durante le prime esplorazioni del Nuovo Mondo. In quel caso il suggerimento ai fantasiosi cartografi fu dato dal celebre esploratore e avventuriero inglese Sir Walter Railegh nel suo “Scoperta del magnifico e ricco impero di Guayana “ che, nel 1596, così descriveva gli abitanti dell’interno, gli indios Ewaiponomas.Il nobile avventuriero britannico esplorò questa regione inseguendo, come tanti, il mito dell’Eldorado, sicuro che la fantastica città dell’oro si trovava nell’inaccessibile territorio degli indios Omeguas, circondato da tribù di esseri selvaggi e mostruosi. Naturalmente non trovò l’Eldorado né tantomeno gli acefali Ewaiponomas, ma fu il primo a penetrare la regione lasciandone una descrizione entusiasta che, tra l’immaginazione e la realtà, sottolineava le caratteristiche di un ambiente grandioso e selvaggio di incomparabile bellezza.
La descrizione che se ne potrebbe fare attualmente, a parte l’ immaginazione dell’ epoca, é sostanzialmente identica a quella di quasi quattro secoli or sono, perché nelle zone più interne della Guayana ben poco sembra essere cambiato e, tutto sommato, ancora oggi penetrarne le zone più isolate rappresenta una affascinante avventura.La Guayana venezuelana si stende a circa 700 kn a sud est di Caracas su un’area vastissima compresa tra il rio Orinoco e la frontiera brasiliana, caratterizzata da una varietà ambientale ed etnica urica ed in parte ancora poco conosciuta.
Vaste pianure alluvionali si alternano a foreste impenetrabili solcate di fiumi, massicci rocciosi a vere e proprie savane, ambienti naturali diversi tra loro popolati da un’incredibile varietà di specie botaniche ed animali. Tanto per dare un’idea della ricchezza faunistica di questa regione, basterà ricordare l’ opera protezionistica per salvare gli animali di una ristretta zona soggetta ad inondazione dopo la costruzione dello sbarramento di Guri sul rio Caroni e nel 1969, al termine dell’operazione, furono tratti in salvo e liberati in altre zone sicure, oltre 21 mila animali di varie specie alcune delle quali molto rare. La grande varietà e bellezza ambientale e il patrimonio naturalistico e faunisti co si accompagna alla presenza di numerose popolazioni indigene appartenenti al gruppo Caribe e Arawak, suddivise in vari sottogruppi e tribù, parte delle quali conservano costumi e tradizioni originali.
Tutti elementi che fanno della Guayana venezuelana una terra estremamente affascinante ed interessante da tutti i punti di vista, compreso quello economico, dato che é anche terra di immense risorse naturali che ancora attendono di essere sfruttate per le difficoltà ambientali e, in parte, anche per la necessità di preservare questo ambiente unico al mondo da uno sfruttamento massiccio e irrazio ale come é avvenuto altrove.Immense ricchezze idriche, forestali e minerarie caratterizzano questa “nuova frontiera”, sudamericana, la presenza dell’oro e dei diamanti attirano avventurieri e una variegata umanità in cerca di fortuna: uno dei tanti “far west” di questo sorprendente e contraddittorio continente.
Delta Amacuro
Dopo la capitale Ciudad Bolivar, Puerto Ordaz é la seconda città della regione, raggiungibile facilmente in aereo o autobus da Caracas, un centro moderno e ben organizzato che si stende sulla riva del maestoso rio Orinoco alle soglie della jungla. Da qui si può discendere il fiume fino all’immenso delta che sbocca in una miriade di ramificazioni sull’ oecano Atlantico, é il primo affascinante itinerario in Guayana.
Poco dopo che la piroga a motore lascia l’imbarcadero, si é subito al cospetto di uno dei tanti spettacoli naturali della regione: la confluenza del rio Caroni nell’ Orinoco, dove le acque di differente colore procedono parallelamente per chilometri prima di mescolarsi definitivamente. Sulla destra del fiume si stagliano da un’altura i profili massicci dei cosiddetti “castillos de Cuayana”, Francesco de Asis e San Diego, imponenti fortezze spagnole coloniali costruite in posizione strategica per proteggere l’antica capitale Santo Tome dalle incursioni dei pirati che risalivano l’Orinoco nelle loro sanguinose scorrerie.
Al centro di S.Rafael de Barrancas si sosta per l’approvvigionamento di carburante e di viveri, per poi lasciare il fiume ed entrare nell’Araguao, uno delle tante diramazioni del delta che qui chiamano “canon” . Si prosegue nel canon Araguaimujo lasciando alle spalle gli ultimi insediamenti moderni, per entrare nel territorio degli indios Waraos i cui villaggi su palafitte si susseguono lungo le rive paludose dei vari canon. Oltre ai piccoli villaggi Waraos, gli unici insediamenti ai quali far riferimento sono alcune missioni sperdute e i missionari di Guinikina o Yaruare rappresentanto una preziosa fonte di sco informazione sulle caratteristiche ambientali ed etniche del delta che conoscono perfettamente.
Procedendo, a volte le acque del canon sembrano quasi ferme e la terra somiglia quasi ad un’immensa palude che fornisce l’habitat ideale per migliaia di uccelli acquatici ed altre specie animali tipiche di questo ambiente, che solo un esperto naturalista saprebbe riconoscere.
A volte spunta qualche capanna su palafitte nelle quali si é accolti molto amichevolmente dagli indios Waraos. un po’ sorpresi per la visita di stranieri in questa zona così poco frequentata, nei tratti del volto e nell’aspetto ancora conservano l’antica fierezza dei Caribi che si opposero tenacemente ai primi colonizzatori nel XVI secolo, ma le loro condizioni denotano ormai un avanzato livello di accettazione della loro condizione di emarginati nell’ambito di una società che li avrebbe con mente travolti se non si fossero isolati tra le paludi del delta.
L’ultimo tratto di navigazione sui canon é magnifico, la vita animale si intensifica e, improvvisamente, l’orizzonte si apre sull’Atlantico in cui le acque scure dell’Orinoco penetrano per un tratto contrastando con il blu delle ondee oceaniche. Le piccole imbarcazioni fluviali non sembrano molto sicure per affrontare i flutti dell’oceano, ma i Waraos lo fanno da sempre, quando il mare è calmo, costeggiando il delta in gran parte della sua estensione.E’ una magnifica possibilità per visitare le zone più isolate, come il villaggioindio di Saburojo i cui abitanti sono abituati da sempre a convivere con l’ ambiente fluviale e quello marino sfruttando tutte le risorse di entrambe. Superato il villaggio, dopo aver caricato sulla piroga un ragazzo che conosce perfettamente la zona, si naviga lungo un tratto del delta completamente disabitato e popolato da un’incredibile varietà di uccelli acquatici, fluviali e marini assieme, poi ci si perde tra la miriade di isolotti della Boca de Araguao e della Boca Laran, vero e proprio “paradiso” per gli ornitologi.
La magia del “Churun-Meru”
Il parco nazionale di Canaima é la zona più celebre della Guayana Venezuelana e, con i suoi 3Omila Kmq é consideràb uno dei sei parchi naturali più vasti del mondo. L’area é in gran parte coperta da foresta tropicale impenetrabile che racchiude un eccezionale ricchezza botanica e faunistica, completamente inesplorata fino a pochi decenni fà. Tuttavia in questo dominio assoluto della natura vivono circa cinquemila indios della famiglia Caribe, il gruppo più numeroso é quello dei Pemon, suddiviso nei sottogruppi dei Kamarakatos, Arekunas e Taurepares, l’altro é quello dei Maquiritares, gli scopritori del segreto del curaro, secondo la leggenda.
Il modo più rapido e semplice per raggiungere il piccolo centro di Canaima, nel cuore del parco omonimo, é per via aerea con i numerosi collegamenti assicurati da Caracas e Ciudad Bolivar, molto più impegnativa é la via fluviale, ma indubbiamente più affascinante. Da Puerto Ordaz si arriva con una strada all’ avamposto di La Paragua sul fiume omonimo, per imbarcarsi su una piroga a motore e immettersi dopo un breve tratto nel rio Caroni all’altezza di San Pedro de Las Bocas.
Sulla riva opposta, nell’entroterra, vi e un avamposto di cercatori di diamanti la cui visita rappresenta un’immersione in un’atmosfera da “vecchia frontiera”, tra personaggi che sembrano usciti da un romanzo d’avventura, ma anche tra illusi diseredati che, presi nel meccanismo della ricerca, passano anni nella foresta senza riuscire a godere del frutto della loro ricchezza, spesso dissipando un intero anno di fatiche in una sola notte a Puerto Ordaz, Ciudad Bolivar o Caracas.
Si risale il rio Caroni per un tratto, osservando una lussureggiante vegetazione tropicale sulle rive fino al piccolo centro di Canaima dove é stato creato un’insediamento con bungalow sulla riva destra del rio Carrao, affluente del Caroni.
Dopo una meritata notte di risposo, all’imbarcadero di Ucaima si prende una curiara tradizionale piroga della Guayana, per navigare sul rio Carrao fino alle rapide di Mayupa dove una impressionante susseguirsi di cascate tra la foresta conferiscono all’ ambiente caratteristiche uniche al mondo, procedendo per il primo campo nella savana di Mayupa, una vasta area erbosa solcata da ruscelli e limitata dalla jungla, ambiente tipico della Guayana.Si riprende la navigazione sul Carrao fino alla splendida “Isla Orquidea” che, in alcuni periodi dell’anno assume un magnifico aspetto multicolore per la grande presenza di orchidee di varia specie.
Lasciato il rio Carrao si entra nel rio Churun-Meru fino all’isola del Ratoncito dove si ripete il magnifico spettacolo di un susseguirsi di cascate che scendono dall’Avantepuy, un massiccio noto anche come “montagna del diavolo”.Le leggende indios e le vecchie storie dei primi esploratori si intrecciano in questa zona: attorno al fuoco del campo, tra una sorsata di rum e l’ altra, la guida si abbandona a qualche racconto accompagnato dai ruomri della foresta, l’ indomani si potrà assistere ad uno degli spettacoli naturali più impressionan ti del sud America.
Nel 1937, l’americano Jimmy Angel, sorvolò questa zona completamente inesplorata a bassa quota e, penso, non credette ai suoi occhi quando si trovò davanti una cascata che piombava da ben 1.050 metri sollevando spruzzi che quasi arri vavano al suo velivolo. Da quel momento questo prodigio della natura si chiamò salto Angel, ma per gli indios rimase il Churun-Meru, una forza della natura che deve necessa riamente essere sede di potenti spiriti.Dal campo, in due ore di marcia tra la vegetazione, si raggiungono i piedi della cascata che scende fragorosamente dalla meseta Auyantepuy: la magnificenza dello spettacolo é tale che si rimane a lungo incantati prima di decidersi a tuffarsi nelle acque del fiume per levarsi da dosso la fatica della marcia.
La Gran Sabana
Con un’aereo avioneta si torna a Puerto Ordaz per un breve riposo e organizzare un altro eccezionale itinerario nella regione lungo la “ruta de la Gran Sabana”. In jeep si passa per i villaggi di Upata e Guasipati fino a El Callao, una pittoresca cittadina nel distretto di Roscio dove vi sono le più ricche miniere d’oro del paese e patria delle “fiestas” e del calipso della Guayana.
La strada continua comoda e scorrevole per i centri de El Tumeremo ed El Dorado, quindi entra nella riserva forestale di Imataca procedendo tra una lussureggiante vegetazione incontrando i villaggi degli indios Arawaks di S.Miguel de Betania e Araimatepui.
Poco oltre vi e la comunità di Las Claritas dove gli indios Pemòn convivono con meticci e alcuni bianchi attratti dalla presenza dell’oro nella zona, un’altro avamposto dove la monotonia della vita é scandita dall’ arrivo periodico di qualche prostituta o di qualche mercante.
L’ultima possibilità di rifornimento di carburante é rappresentata da una sperduta stazione di servizio al cosiddetto “Km 88” della Gran Sabana, poco distante si incontra la “Pietra de la Virgen”, un massiccio roccioso il cui profilo singolare ha ricordato a qualcuno con molta immaginazione quella della Madonna.
Da qui la strada si trasforma in pista ed entra nel Kavanayen, il settore nord-est dell’immenso parco nazionale Canaima, la vegetazione lussureggiante in breve lascia lo spazio ad una vastissima savana da cui emerge uno sperduto e sin golare “monumento al Soldaro Pionero”.
Proseguendo si trova il “salto del Danto”, una delle tante magnifiche cascate che caratterizzano anche questa parte della Guayana, poi la zona assomiglia sempre più ad una savana africana ampia e deserta. L’unica forma di vita sembra essere quella dei numerosissimi uccelli che si alzano in volo e si posano in stormi continuamente, qualche grosso mammifero in lontananza che fugge spaventato dal rumore del motore e una grande quantità di insetti, che si spiaccicano sul parabrezza.
Il lungo tratto deserto si interrompe momentaneamente a Luepa, dove vi é lo sperduto avamposto militare “General Mariano Montilla”, occorre farsi identificare e registrate per ottenere i permessi di transito, poi si prosegue fino al villaggio di Iboribò abitato dagli indios Pemòn. Sono loro che assicuravano il servizio di traghetto sul rio Apanguao che permette di riprendere la pista per il centro di Chivatàn senza mancare però la visita della cascata Chinak-Merù, sede di spiriti secondo le antiche tradizioni indigene.
Si entra poi nel Kamoiran, il settore più meridionale della parte orientale del parco, attraversato dal fiume omonimo, anch’esso caratterizzato da una successione di bellissime cascate, ben presto si raggiungono i villaggi indigeni di S. Rafael de Kaimoran e Oriwai, spesso frequentati dai contrabbandieri che fanno la spola con il vicino Brasile.
Ancora una volta si osserva lo spettacolo delle cascate nella “Quebrada di Pacheco” prima di traghettare sul rio Yurani e riprendere la pista che conduce al villaggio degli indios Péman di Peray Tepuy, ai piedi del leggendario massiccio del Roirama, considerato una delle formazioni geologiche più antiche della terra.
A Peray Tepuy é possibile rifocillarsi, organizzarsi e trovare le guide indigene per un’ascensione sul Roirama partendo all’ alba tra un suggestivo ambiente naturale, l’ascensione dura poco meno di cinque ore, una fatica ampiamente compensata dallo stupendo passaggio di cui si gode dalla sommità con lo sguardo che spazia sulla Gran Sabana e sulla foresta in lontananza che la limita, circondati da varie formazioni rocciose tra le quali cristalli di roccia al lo stato puro dai colori magnifici e cangianti che anche un profano riesce a distinguere perfettamente.
Prestando attenzione si possono notare numerose formazioni rocciose che sembrano modellate artificialmente, tutte orientate verso la stessa direzione, forse testimonianze di antichissimi sacrari di una misteriosa popolazione dedita a ri ti magici ed esoterici in epoche remote.
E’ il mistero del Roirama che da decenni alcuni studiosi hanno cercato di decifrare senza apprezzabili risultati, una spiegazione che forse é racchiusa in qualche antica leggenda che sopravvive presso gli indios della regione più anziani.
La discesa dal Roirama non presenta particolari difficoltà, si riprende la pista verso Santa Elena de Uairen, ultimo centro venezuelano prima della frontiera con il Brasile, collegata con Boa Vista alle porte del bacino amazzonico brasiliano, un’altro territorio che mi accingo a penetrare e “scoprire” l’indomani.