Andamane
L’arcipelago delle Andamane emerge a sud del Bengala nel vasto golfo che ne prende nome e ad ovest dalle coste meridionali della Birmania, incrociato da una delle rotte orientali sulla leggendaria via delle Spezie e per secoli avvolto nella leggenda delle isole nere Kalapani, a lungo isolate e riscoperte come tra le più affascinati tra l’ India e i il sud est asiatico.
Leggendarie Kalapani
….sono come bestie selvatiche e hanno capo di cane e denti e naso a somiglianza di can mastino e sono mala gente e mangiano tutti gli uomini che possono pigliare..”
Marco Polo , nel suo peregrinare al servizio del Gran Khan, ebbe notizia da marinai cinesi sulla popolazione che abitava le isole Andamane, coperte di jungla che si inseguono nel Golfo del Bengala tra la costa indiana e quella birmana su una di quelle antiche rotte che costituivano la grande via delle Spezie percorsa da navigatori e mercanti indiani e arabi, concordi con il veneziano sulla ferocia delle tribù Andamanesi. Le prime notizie scritte risalgono alla letteratura araba di viaggio medioevale con la cronaca di due navigatori nel IX secolo ,dopo le citazioni di Marco Polo e del grande viaggiatore arabo Ibn Battuta India, le isole rimasero ignote fino al XVIII secolo quando gli europei sulla via delle Spezie dominarono quelle rotte, il navigatore Friedrike nel 1666 descrisse le abitudini ostili e cannibali degli andamanesi e per secoli la sinistra fama le fece chiamare le isole nere Kalapani rimaste a lungo isolate ove sopravvivono i discendenti di quelle popolazioni. L’ isola Sentinel settentrionale fin da epoche remote è territorio della popolazione tribale Sentinelese nelle Adamane meridionali, mentre è rimasta disabitata l’ altra isola South delle due Sentinel. Per la statura e il colore della pelle antropologicamente considerati Negrito, cacciatori e raccoglitori nella foresta legati agli costumi e tradizioni e da sempre isolati come le altre popolazioni di stirpe Andamanese dell’arcipelago, i Jarawa nella grande Andaman , i Jangil nell’isola Rutland e gli Onge della paccola Andaman, avvolte nell’oblio e nei racconti fantasiosi di marinai per i porti d’oriente.
Per secoli inesplorate, ma incrociate dalla rotta che collegava il Bengala attraverso il suo ampio golfo e fiorenti regni dell’ Orissa sulla costa orientale per la vicina Terra d’0ro della Birmania, la Compagnia britannica delle Indie orientali nel 1789 Incaricò Sir Archibald Blair di visitarle per studiarne le possibilità di sfruttamento fondando il primo avamposto sull’ isola Chatham ma ben presto abbandonato per le scarse prospettive in quelle isole selvagge. Sessanta anni dopo il governo coloniale britannico fondò una colonia penale nell’ isola Viper e solo dopo scontri con gli aborigeni gli inglesi riuscirono a colonizzare la grande Andaman ripristinando il primo insediamento nel centro di Port Blair ove furono trasferiti i forzati di Viper. Scacciando gli indigeni dal territorio nel 1859 venne aperta la colonia penale dell’ isola di Ross per i prigionieri indiani e quella che fu chiamata la battaglia di Aberdeen fu teatro del primo scontro tra i militari e i coloni con Sentinelesi . Le tribù di stirpe Andamanese , furono spinte all’interno delle isole minori e perseguitate per tutto il periodo coloniale nelle Andamane , annientati dalle violenze e dalle malattie portate dai coloni, per i successivi decenni fino all’inizio del secolo scorso spedizioni di militari e mercenari per scovare gli indigeni nella jungla e sterminarli. Un genocidio che accentuò l’odio degli indigeni per gli stranieri e il rifiuto per ogni contatto esterno, nel 1905 la bush police per proteggere i primi coloni e confinare le ultime tribù in isole come riserve inavvicinabili dove ancora sopravvivono, ma ormai il genocidio si era consumato.
Jarawa
Alcune isole dell’ arcipelago centrale e meridionale sono territorio della popolazione tribale Jarawa da due millenni praticando la caccia e la raccolta nella foresta oltre la pesca, di simile stirpe delle altre andamanesi legata all’ambiente della foresta da dove traevano i materiali per i loro manufatti dai disegni geometrici riprodotti anche nella decorazione del corpo e il viso con argilla , oltre a cinture di cotone rosso e lana come essenziali indumenti . Da sempre gli uomini realizzano strumenti da caccia e guerrieri come l’arco aav , la freccia patho e la protezione toracica kekad , mentre le donne si occupano delle reti da pesca botho e cesti di canna taiga per la raccolta nella foresta, indossando cinture per la testa, il collo e la vita in cotone rosso decorate con fiori e foglie. Legati da antiche tradizioni e la propia lingua oltre all’animismo con i suoi rituali, tra i vari credono che i resti dei morti allontanano la selvaggina e non li seppelliscono lasciando consumarsi sugli alberi fino a ridursi in scheletri Magubane utilizzati per rituali di caccia. Gli uomini cacciano maiali e tartarughe mentre le donne raccolgono frutta e miele nella foresta oltre molluschi in mare un tempo alimenti essenziali, noti come bellicosi sono rimasti isolati fino alla fine del secolo scorso, frequentando centri e villaggi dei coloni. Poi confinati nel ristretto territorio Jarawa che ricordo un tempo accessibile solo con speciali permessi governativi, ma con l’ estensione lungo il loro territorio della Trunk road è iniziata la minaccia dei coloni e cacciatori di frodo in una condizione di sfruttamento, violenza e rischio di malattie e nella foresta più accessibile dei Jarawa poi Iniziato una sorta di deleterio turismo in cerca si esotico come safari umani fino al 2017 denunciato dalle organizzazioni internazionali e finalmente ostacolati. Come altre popolazioni aborigene andamanesi i Jarawa sono travolti dalle violazioni culturali, rinchiusi nei loro ristretti insediamenti con falsi pretesti di protezione ma spinti a lasciare la cultura tradizionale dal contatto con il mondo esterno, oltre emarginazione violenze resi più vulnerabile alle malattie. Le tradizioni dovrebbero essere preservate come patrimonio culturale e protette dallo sfruttamento , rischiano l’ estinzione per la loro vulnerabilità, perderanno i mezzi di sussistenza ridotti a mendicanti soccombendo come le comunità tribali dei Jangil dalla simile origine e stirpe che popolavano l’ isola di Rutland estinti dopo i contanti con i coloni all’inizio del secolo scorso , decimati dalla malattie a loro sconosciute.
Onge
La piccola Andaman nell’ arcipelago più meridionale è antico territorio dei Madhumitha meglio noti come Onge, si definiscono gente prefetta En-iregalee anch’ essi decimati dal contatto con i britannici e poi i i coloni indiani, ne rimangono un centinaio legati dalle antiche tradizioni e la propia lingua Ung. Tradizionalmente cacciatori e raccoglitori seminomadi nella foresta riuniti in varie comunità spostandosi con le loro capanne Bera e una comune per gli eventi di nascite, matrimoni e funerali, gli uomini praticano la caccia e le donne si occupano della raccolta di frutti, radici e tuberi, oltre la pesca con le reti nelle acque poco profonde delle barriere coralline e dei torrenti. Dall’ abbigliamento essenziale le donne indossano foglie di palma o una nappa dal corpo e volto decorato di ocra rossa e argilla bianca dai disegni geometrici come gli uomini, realizzano canestri di canna e gli uomini fabbricano piroghe per la pesca e gli spostamenti lungo la costa. I matrimoni avvengono sempre nella propria comunità, ammessi i consanguinei con i figli della sorella e tra cugini incrociati, la separazione è limitata data l’ esigua popolazione rimasta, alla morte del capofamiglia i figli possono essere adottati anche dal fratello o dalla sorella, la procreazione è desiderio sentito tra le donne che credono di poter rimanere incinta solo se lo spirito celeste dell’ isola le benedice. A differenza di altre popolazioni animiste non possiedono pratiche di culto o sacrifici, per trasformarsi in uno spirito occorrono diversi passaggi nella vita fino alla morte entrando nella comunità degli spiriti che domina su ogli cosa, ma anche questo un mondo tradizionale che scompare tra gli ultimi Onge relegati in ridotti territori perdendone quasi memoria travolti da una storia che li sta estinguendo.
Sentinelesi
L’ isola Sentinel nord emerge nell’ arcipelago meridionale delle Andamane tra la barriera corallina coperta di foreste da epoche remote terra della popolazione tribale Sentinelese che ha sempre rifiutato ogni contatto con estranei, dalle comunità di cacciatori e raccoglitori nella foresta legate tra loro da quasi ignote vita, tradizioni e la propia lingua Sentinel in via di estinzione. Mentre parte dell’arcipelago veniva colonizzato, hanno sempre respinto ogni tentativo considerati come bellicosi l’ antropologo indiano Triloknath Pandit nel 1967 fu il primo a sbarcare nell’ isola cercando un contatto che solo dopo anni di bellicoso rifiuto nel 1991 Pandit riuscì a stabilire sporadicamente, ben preso respinto e dall’ epoca ogni altro tentativo fu accolto dalle frecce e lance degli indigeni, tra gli ultimi quello del missionario Allen Chau nel 2017 che fu ucciso come altri che lo avevano preceduto. Le comunità di indigene della Sentinel rimangono in totale isolamento nella loro isola ove continuano a vivere nomadi di caccia e raccolta nella foresta rifiutando ogni contatto esterno, di quei Sentinelesi rimangono solo le poche informazioni da sporadici contatti nel passato, ma sempre a distanza notando che adoperano piccole canoe a bilanciere per navigare e pescare nelle acque poco profonde attorno all’ isola. Poco si sa della società tribale, tradizioni e pratiche di vita Sentinelese, probabilmente divisi in tre piccole comunità ognuna dalle diverse famiglie ospitate in grandi capanne comuni e semplici ricoveri nomadi temporanei sulle spiagge, dagli sporadici contati si sa che hanno abbigliamento essenziale, le donne semplici fasce di fibre alla vita, collo e testa, gli uomini una cintura alla vita, la testa fasciata e ornati da collane, armati di lance archi e frecce sempre bellicosi con gli estranei. L’ isola di Sentinel rimane tra le più inospitali al mondo per la loro bellicosità, evitata anche dagli ultimi Onge che la chiamano Chia daaKwokweyeh, così come non hanno contatti con le comunità Jarawa , considerati una delle popolazioni tribali tra le più isolate al mondo assieme a quella degli ultimi bellicosi Shompen che vivono all’ estremità meridionale del’ arcipelago nelle foreste della gran Nicobar, rifiutando anch’ essi qualsiasi contatto.
Tra le isole
Le Isole Andamane emergono con le foreste tra gli splendidi contrasti di verde con il blu e smeraldo delle barriere coralline, la grande Andaman forma l’ arcipelago più vasto con le cinque isole principali, dalla North più settentrionale con poco a sud la centrale Baratang seguita dalle isole Anderson, Murga e South Reef con la più grande Interview ribattezzata In epoca coloniale britannica come la Middle anch’ essa nell’ arcipelago centrale e quella che fu chiamata Long. Tra le più meridionali dell’arcipelago la South , antico territorio di popolazioni tribali l’ isola di Rutland, mentre ad est del grande Andaman sono sparse le più piccole vulcaniche East con il vicino arcipelago delle minori isole Ritchie sud orientali e scendendo oltre lo stretto di Duncan le altre che formano l’ arcipelago della Piccola Andaman. Dopo l’ indipendenza sono divenute territorio indiano assieme alle più meridionali isole Nicobar amministrato dall’ unico centro come capitale nella città di Port Blair ove nella zona si concentra la maggioranza della popolazione immigrata. Le Andamane emergono nel loro suo paradiso tropicale come perle nel golfo del Bengala coperte di foreste pluviali dalla lussureggiante Flora con una gran quantità di piante e oltre duecento specie di alberi che si ergono imponenti con una trentina di pregiato legname sfruttato per i commerci della colonia. Circondate dalle barriere coralline dalla ricca fauna marina con pesci d’ ogni dimensione e la terrestre tra rettili e anfibi, alcune specie di mammiferi indiani oltre elefanti importati e una ricca avifauna condivisa con le vicine Nicobare. Dei quattromila abitanti della grande Andaman sono rimasti un centinaio di Jarawa, delle varie tribù della piccola Andaman ne sopravvivono altrettanti di Onge e, inavvicinabili per la bellicosità, forse poche decine di temibili Sentinelesi nella loro isola. Da molto è impossibile ogni contatto con le ultime tribù nascoste nella jungla ed ostili, solo alcune comunità di Onge hanno contatti con i coloni e sfruttati per la lavorazione della noce di cocco, ricordo che periodicamente un barcone nella baia di Hut consegnava un carico di cocco da lavorare e ritirare quello già lavorato, l’idea fu del mercante Patrik Lobo, che rifornisce gli indigeni dal suo emporio oggetti di plastica, fiocine, tabacco, liquori scadenti e porcherie varie. La storia più recente delle isole inizia con la crescita della colonia, in gran parte immigrati dal Bengala e le regioni limitrofe dopo il secondo conflitto mondiale che vide l’occupazione giapponese dell’arcipelago, considerato restrict area dal governo, solo recentemente aboliti gli speciali permessi per la visita degli stranieri. Dopo una lunga chiusura gli arcipelaghi Andaman e Nicobar sono divenuti una meta turistica rischiando di sconvolgerne il delicato equilibrio naturale ed umano, inizialmente limitata alle isole della Grande Andamancon alloggi solo a Port Blair, per il resto le isole accessibili coperte di foresta, le spiagge deserte e incontaminate sul mare corallino e ne ricordo la scoperta su una vecchia barca di pescatori per un’esperienza indimenticabile. Trovai l’ atmosfera della colonia come una frontiera dove immigrati speravano di costruirsi un avvenire, dall’ epoca la capitale Port Blair è ormai divenuta una florida e frequentata cittadina, quando vi giunsi la prima volta era un concentrato di immigrati in cerca di fortuna, mercanti, avventurieri, naviganti più o meno abili, alcuni commercianti indiani si sono costruiti piccole fortune, favoriti dalle facilitazioni governative. La grande attrazione per la frontiera andamanese era il suo patrimonio forestale con uno dei maggiori centri per la raccolta del pregiato tek nell’isola di Rutland a sud di Port Blair, in breve i lavoratori si staccarono dalla colonia creando una comunità isolata in quotidiana simbiosi con la foresta, alcuni con le famiglie in capanne nella baia dell’ isola, così come hanno fatto altre comunità di immigrati che hanno fondato piccoli villaggi di pescatori. Nelle altre isole della Grande Andaman l’antica popolazione aborigena Andaman sopravvive in qualche riserva e le comunità di immigrati l’ha sostituita creando una nuova popolazione con ritmi ed usi diversi conservando le tradizioni hindu. Lasciando Port Blair la navigazione attraverso l’arcipelago della grande Andaman fu il primo approccio con l’ambiente incontaminato di queste isole in uno stupendo mare blu dai riflessi smeraldo incrociando decine di isolotti disabitati, manciate di foresta popolate da uccelli di ogni specie, cinghiali, cervi, rettili e piccoli mammiferi in una arcaica e selvaggia armonia. Dopo circa quattro ore si arriva alla Cinque Island, una sottile striscia di sabbia bianchissima che contrasta con i riflessi turchesi della piccola baia e le intense tonalità verdi della foresta con i suoi suoni ed odori tropicali, un’atmosfera immutata dagli sbarchi dei primi europei sulla via delle Spezie che ne incrociavano questa remota rotta. Nelle acque incontaminate su splendidi fondali corallini guizzano pesci di ogni tipo e grandezza dall’incredibile varietà di colori e una vita sottomarina a volte dalle forme indecifrabili, spesso animata dalle evoluzioni delle mante giganti e dei delfini che accompagnano la barca durante la pesca e le immersioni evitando i tratti di mare dove le pinne minacciose degli squali bianchi fendono il pelo dell’acqua, ma la ricchezza di pesce è così abbondante che anche i temibili squali sono sempre sazi e raramente attaccano. La Rutland era una delle poche isole abitate dai coloni fuori da quella di Port Blair, la sua foresta è un gigantesco scrigno che racchiude il tesoro del tek , ma per secoli nessuno ha attinto a questo forziere naturale fino all’ insediamento di immigrati , vi trovai all’ un’atmosfera da avamposto che ricordava vecchi racconti di mare. Un pista attraversa parte della Ruthland per i rilievi nella foresta con i suoi rumori, tra i rami sciamano centinaia di uccelli e nel sottobosco pulsa una vita nascosta, a volte cinghiali o cervi spaventati incrociano la via e si perdono tra i cespugli. La pista termina in spazi disboscati e i rumori i della jungla sono sostituiti dalle grida che accompagnano il lavoro dei boscaioli, scuri e sudati a colpi d’ascia attaccano le basi degli alberi e continuano a lungo fino ad essere incatenati al giogo degli elefanti e rovinare al suolo per poi essere trascinati scivolando nel mare dove sono legati assieme in attesa di essere trainati da un vecchio rimorchiatore per Port Blair. il lavoro antico e pesante dei boscaioli e la loro isolata comunità che è diventata quasi un’altra tribù andamanese, l’esistenza provvisoria di quei pescatori che non abitano più di un certo periodo nella stessa isola, in uno stretto rapporto con la natura ormai dimenticato. L’arcipelago è vasto, ma con buona barca a disposizione si impara a conoscere in pochi giorni la zona più pescosa, quella più pericolosa per le correnti e gli squali, i punti dove si concentrano gli animali della foresta per abbeverarsi, i villaggi nascosti e comunità di pescatori che spesso si spostano tra le isole quasi nomadi del mare. Tutte le isole sono stupende e selvagge, solo apparentemente simili, ognuna ha la sua particolarità da scoprire, la disabitata Gue-a-lue che emerge tra la barriera corallina poco distante dalla Rutland , all’epoca non era ancora la destinazione turistica dell’ isola Cinque come la sua splendida spiaggia sulla barriera corallina Jolly buoy , solo una jungla ricca di vita e di animali che rufolano nel sottobosco, arrivando fino alla spiaggia bianca che sprofonda dolcemente nel mare corallino dagli splendidi fondali ricchi di pesce. Quando il sole comincia a scendere in mare tutto si tinge di colori speciali, mentre i rumori diurni della foresta si trasformano in quelli della notte, la brezza delicata e tropicale soffia sulle palme sagomate dal tramonto in attesa della luna e sul fuoco del campo il pesce regalato dal mare e ne ricordo l’ atmosfera da vecchi racconti di mare in queste isole senza tempo.