Antica Giordania
Arabia Nabatea
La posizione geografica dell’Arabia settentrionale contrariamente aIla più isolata rneridionale della penisola, favori lo sviluppo delle popolazioni che vi erano insediate, fin dai tempi più remoti in contatto con tutte le grandi civiltà mesopotamiche e mediterranee, le cui vie commerciali ne attraversavano i territori a cominciare dalla più antica che collegava l’Asia Minore all’Egitto faraonico. Con la crescita di nuovi mercati e l’intensificarsi dei commerci vennero aperte altre vie carovaniere per convogliare le merci provenienti dall’India lungo l’Eufrate fino alla Siria e sul Mediterraneo; inoltre, con l’inizio della produzione dei richiestissimi incenso e rnirra, si apri la via dell’incenso che era controllata dalle popolazioni sud-arabiche fino alle oasi centrali e l’Higiaz. Da qui le carovane procedevano attraversando la Transgiordania e la Palestina fino in Siria, sotto il controllo delle popolazioni nord arabiche, molte delle quali avevano abbandonato il nomadismo insediandosi nelle oasi più importanti dove si incrociavano le vie carovaniere provenienti dall’est con quella proveniente dal sud. In questi punti nevralgici sulle vie delle carovane si svilupparono i primi regni dell’Arabia settentrionale, nell’oasi di EI-Grod alla fine dell’Vlll secolo a.C., poi in quella di Tainìà nel IV secolo. Assieme a queste popolazioni arabe, gli Ararnei e gli Ebrei, la Transgiordania era abitata dai Nabatei di origine semita dediti al banditisrno, probabilmente proveniente dalle zone costiere sul rnar Morto e il rnar Rosso dove praticava la pirateria tra il IX e I’Vlll secolo a.C. Per un certo tempo i Nabatei si organizzarono in grosse bande che depredavano le carovane e minacciavano i centri urbani sorti attorno alle oasi, ma poi trasformarono l’ attività di predoni in quella di “protettori” delle carovane garantendo la traversata dei territori che controllavano in cambio di altissime tangenti.
Quando nel 590 a.C. i babilonesi di Nabucodonosor Il invasero la Palestina e minacciarono la Transgiordania, i Nabatei scoprirono nel deserto una ampia valle nascosta dai rilievi rocciosi e praticamente imprendibile dove si insediarono edificandovi la città di Petra. La posizione era proprio all’incrocio delle più importanti rotte carovaniere dell’antichità tra l’oriente e il Mediterraneo, una zona nevralgica della quale assunsero il completo controllo. Con questo sistema della “protezione” Petra si arricchì enormemente, la città si ingrandì e fu organizzata perfettamente anche dal punto di vista urbanistico e architettonico con l’edificazione di palazzi, templi, strade, grandi magazzini e mercati. L’economia convertì anche in un commercio legittimo che produsse nuove grandi ricchezze, soprattutto con l’affitto dei propri depositi alle carovane che transitavano o si smistavano nella città.
Ciò fu dovuto soprattutto alla sua assoluta inespugnabilità, che indusse i mercanti ad adoperare la città come centro del traffico carovaniero, nei cui ampi magazzini costantemente vigilati si controllava l’enorme afflusso di merci. L’ unico accesso alla città era costituito dal “Siq”, una gola strettissima facilmente difendibile da qualsiasi attacco e i suoi circa trentamila abitanti erano completamente autosufficienti. Per tale motivo a Petra esiste una “città dei morti” le cui residenze sono scavate lungo tutte le pareti che circondano la “città dei vivi” che doveva riprodurre perfettamente: dai semplici sepolcri dei più poveri come lo erano le loro abitazioni in vita, a quelli più sontuosi dei mercanti e funzionari, fino alle tombe reali.Tutto ciò doveva rappresentare la continua e costante presenza protettrice e benefica dei defunti nella vita cittadina, dai ceti più umili fino alla dinastia reale, in un’armonia tra vita e morte che rappresenta uno degli elementi spirituali più caratteristici della cultura nabatea. Gli altri elementi religiosi erano simili a quelli delle popolazioni arabe vicine, con culti astrali tra i quali emergeva quello della “dea-Sole” Dushara che rappresentava anche la fertilità; questa figura centrale del pantheon nabateo era probabilmente di origine egiziana mentre altre divinità introdotte successivamente avevano origini assire, siriache, fenice, greche e infine romane, che confermano il carattere estremamente sincretico della cultura nabatea.
Il grande sviluppo di Petra iniziò dopo la caduta dell’impero persiano nel 330 a.C., che le permise di estendeire il suo dominio nel territorio cornpreso tra il mar Morto e il golfo di Aqaba, intensificando il controllo carovaniero e gli scambi commerciali che si rivolsero essenzialmente al mondo mediterraneo.
L ‘approvvigionamento d’acqua proveniva dal “wadi Musa”, o “fiume di Mosé”, ora asciutto, avvalendosi di un perfezionato sistema idrico che raggiungeva le abitazioni e i campi coltivati su terrazze artificiali che provvedevano ampiamente al fabbisogno cittadino.
La potenza e la ricchezza raggiunta da Petra è testimoniata dall’elevato livello architettonico e decorativo delle varie costruzioni armonicamente inserite nell’ambiente con un avanzato piano urbanistico di cui rimangono grandiose rovine. Subito dopo la strettissima gola del “Siq” appare la facciata ellenistica scavata nell’arenaria rossa dell”‘EI-Khazneh”, “il tesoro”, che fu probabilmente un tempo di iside al quale sostavano coloro che arrivavano o partivano per ringraziare gli dei.
Oltre il tempio la gola si restringe nuovamente per poi riaprirsi nella splendida vallata sulle cui pareti rocciose sono scavate centinaia di abitazioni, tombe e templi, spesso dalle facciate decorate che risentono l’influenza di diversi stili. Le più antiche possiedono elementi egizi e persiani, la maggior parte rivelano evidenti influenze ellenistiche mentre nelle costruzioni relativamente più recenti sono distinguibili elementi romani e, in qualche zona, arabi.
Nell’armonioso e suggestivo insieme urbanistico e architettonico di Petra, l’aspetto più singolare è rappresentato dalla grande quantità di tombe costruite nelle zone abitative, dovuto al particolare culto funebre dei Nabatei: secondo un’antichissima concezione araba ogni essere umano possiede più anime, delle quali una rimane vicino ai vivi per proteggerli e pertanto il corpo deve venire conservato in sepolcri che riproducono l’abitazione in vita. Tuttavia Petra, a differenza di tutte le altre potenze dell’antichità, non volle mai espandersi molto territorialmente a causa delle caratteristiche essenzialrnente commerciali della società nabatea, tese all’accumulazione e alla riconversione delle ricchezze, che non permetteva di investire in spedizioni militari, in alleanze con altre città e in colonie.
Nel III secolo a.C. la Transgiordania fu conquistata dalla dinastia Tolemaica egiziana che, tuttavia non riuscì a sottomettere i Nabatei; all’inizio del il secolo fu la volta dei Selcucidi che introdussero l’ellenismo influenzando moltissimo Petra, senza tuttavia conquistarla. Gli invasori ingrandirono l’antica Philadclphia, l’attuale Amman, e fondarono Jerash, destinata a sostituire poi Petra come importante centro carovaniero e commerciale. Sia il dominio Tolemaico che quello Seleucide in Transgiordania decaddero e di ciò approfittò Petra che ebbe il suo apogeo tra il Il secolo a.C. e il I d.C., un periodo di cui rimangono i nomi e le gesta dei sovrani della più importante dinastia nabatea. Sotto AI-Harit I, che i greci chiamavano Aretas, Petra estese maggiormente i suoi traffici, con il suo successore AI-Harit III, detto “filohelenio” per la sua propensione alla cultura ellenistica, ì Nabatei estesero il loro dominio su tutta la Transgiordania e Damasco, sconfiggendo il sovrano seleucide Antiochio Xll. Con AI-Harit IV Petra era ormai diventata una delle grandi potenze del mondo antico mediorientale, ma già iniziava il suo lento declino che doveva portare alla sua conquista da parte dei romani nel 106, dopo di che divenne la provincia imperiale dell’ Arabia Petrea. Nel primo periodo della dominazione romana Petra riuscì a conservare parte della propria organizzazione e cultura, ma l’instabilità politica e militare in Medio Oriente provocarono la deviazione delle tradizionali rotte carovaniere verso altri centri, contemporaneamente all’affermazione di Jerash prima e Palmyra poi come grandi empori commerciali.Nel III sec. d.C. le legioni romane si ritirarono dalla Transgiordania e la regione perse l’ultima possibilità commerciale data dalla presenza militare decadendo rapidamente, mentre Jerash e Palmyra diventarono i più importanti centri carovanieri del Medio Oriente. Seguì un progressivo spopolamento di Petra fino al suo completo abbandono nel VI sec. d.C. e i tradizionali territori controllati dai nabatei entrarono sotto il dominio delle tribù beduine che poi divennero vassalle di Bisanzio.
Arabia ellenistica
Dopo la decadenza del dominio dell’Egitto Tolemaico in Transgiordania nel Il secolo a.C., la tribù selcucide dei Geraseni si insediò in una zona attraversata dall’importante rotta carovaniera che collegava Persia e Mesopotamia con l’Egitto e i porti fenici fondando il centro di Jerash.Favoriti dalla ripresa dell’egemonia selcucide su parte della regione, i Geraseni presero ben presto il completo controllo del traffico carovaniero proteggendolo a smistandolo tra la Siria e la Palestina, si resero relativamente autonomi e Jerash diventò uno dei maggiori centri commerciali e culturali dell’ellenismo mediorientale. Nel 78 a.C., durante la repressione di una violenta rivolta ebraica nella vicina Palestina, la città fu distrutta dai Parti Arsadici di Alessandro Jareo che minacciarono l’egemonia selcucide sulla regione; il conflitto che ne seguì rese impraticabile la via carovaniera dell’Eufrate che tù deviata verso quella controllata da Petra e Jerash perse per qualche tempo il suo ruolo.Poco più tardi, nel 64 a.C., i romani di Pompeo sottomisero la Palestina e in Transgiordania vollero creare un grande centro di irradiazione culturale e religioso ellenistico protetto dalle legioni, che si tradusse nella creazione della “decapoli” costituito da dieci città collegate tra loro. Secondo Plinio esse furono Rafana, Pella, Canata, Cadora, Dium, Ippo, Scitopoli, Philadelphia, Damasco e la risorta Jerash, la quale riprese il suo ruolo commerciale sulla via carovaniera riaperta dalla pax romana imposta in Medio Oriente. La città si sviluppò urbanisticamente e ben presto diventò il più importante centro culturale e religioso romano ellenistico oltre che commerciale, contro le ideologie e i movimenti religiosi mediorientali che, a volte, potevano alimentare focolai di rivolta come l’ebraismo in Palestina. L’impronta romana e la crescente importanza commerciale, ne fecero una grande città cosmopolita nella quale convergevano intellettuali e artisti e, soprattutto,mercanti provenienti dalle varie province dell’Impero, dalla Persia e dalla lontana India.
Jerash rappresentava il punto di incontro economico e culturale del mondo mediterraneo-ellenistico con quello orientale, un centro di scambi commerciali e culturali tra civiltà molto distanti tra loro che contribuì notevolmente all’apertura del Mediterraneo a idee, tecniche e merci nuove.Tuttavia il vero apogeo fu raggiunto nel Il secolo d.C. sotto Traiano, quando i romani conquistarono Petra togliendo ai Nabatei il controllo del traffico carovaniero nell”‘Arabia Petrea”-, questo fu interamente deviato verso Jerash che, dal 160 d.C. fece parte della provincia d’Arabia trasformata poi in “Palestina Seconda”.
Fu in questo periodo che Jerash, da centro carovaniero verso il Mediterraneo si rivolse verso il deserto e la Penisola Arabica, aprendo nuove rotte commerciali che intensificarono il traffico con il Golfo Persico e L Arabia Felix i cui proventi servirono a finanziat-e un ulteriore sviluppo urbano e architettonico.La città si estese lungo le rive del fiume Grysorroe con abitazioni, templi, teatri e strade che si diramavano dal suo asse principale costituito da un lungo corso lastricato e fiancheggiato da cinquecento colonne corinzie a cui si accedeva dal grande arco decorato della “porta di Gerusalemme”, dominata da una collina sulla quale vi era il tempio di Zeus e, vicino, un grande teatro che poteva contenere 4500 visitatori.
La struttura della città rientrava in quella concezione urbanistica e architettonica del mondo antico definibile “arte del potere” che, attraverso la grandiosità e ricchezza acquisita,un complesso sacro trasformato dai cristiani nella chiesa di San Procopio. Proseguendo si passava sotto una grande porta monumentale su un’ampia scalinata che conduceva alla sommità di un colle, attraversando una suggestiva scenografia a terrazze, dove vi era il grande santuario di Artemide, originariamente forse dedicato all’antico culto arabico della dea-Sole. Intorno si stendeva una vasta necropoli dove sorgeva anche una piazza colonnata e un piccolo teatro e, dalla sommità del colle del santuario, si poteva osservare il panorama dell’intera città, che si stendeva su una vasta arca.Dopo il suo apogeo, alla fine del III secolo Jerash vide un notevole declino a causa della diminuzione del traffico carovaniero dovuta alla instabilità politíco-militare del Medio Oriente che rendeva poco praticabili le tradizionali rotte commerciali.
Con la penetrazione cristiana molti templi furono trasformati in chiese, ma i mutamenti della struttura urbanistica e architettonica della città furono dovuti soprattutto alla forte diminuzione delle entrate necessarie al finanziamento di nuove costruzioni e alla manutenzione delle vecchie.
Jerash era sempre meno frequentata, i mercati si svuotarono delle merci più commerciabili e diminuì notevolmente anche il suo carattere cosmopolita, coincidendo con la crisi dell’ellenismo che si stava verificando in tutto il mondo antico. Con il consolidamento della potenza di Bisanzio, il traffico carovaniero ebbe una buona ripresa e la vecchia città ellenistica vide una certa rinascita, diventò sede di un vescovado e il mercato si rianimò, tuttavia aveva ormai perso il suo precedente ruolo commerciale e culturale; il cristianesimo e la ripresa dei culti pagani arabici del dio Majumas ne svuotarono completamente la sua caratterizzazione come centro di irradiazione culturale.
La fine definitiva si ebbe con l’invasione islamica e con la distruzione di tutti i suoi edifici sacri da parte di omar “l’iconociasta”, nel Vlll secolo, che coincise con l’apertura di nuove vie carovanicre e Jerash fu dimenticata per secoli, come testimonia il geografo arabo Yaqut che la visitò nel Xlll sec. trovandovi solo un piccolo villaggio arabo.
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