La Valle Sacra degli Incas
Cuzco, Osqo in lingua «Quechua» significa «Ombelico del Mondo» era la capitale del Tahuantisu , l’enorme organizzazione sociale e politica incaica che si estendeva da Cali, in Colombia, fino a Valdivia, in Cile, comprendendo il desertico litorale del Pacifico, la Cordigliera delle Ande, fino ai limiti dell’enorme foresta Amazzonica.Questa antica città era di fatto «l’ombelico», il «cuore» ditale immenso territorio dove coinvivevano milioni di abitanti organizzati in migliaia di comunità socio-economiche, gli «Ayllus». Al centro della capitale stava il Korikancha, il Gran Tempio del Sole, da dove partivano le quattro vie orientate nei quattro punti cardinali verso le regioni del mondo incaico «Suyus»: Chinchasuyu, Contisuyu, Collasuyu e Antisuyu. Un’ organizzazione teocratica della quale Cuzco non era solo la capitale amministrativa, ma anche e soprattutto la più importante città sacra nella quale dimorava l’ Inca assieme ai sommi sacerdoti e i saggi di tutto lo scibile incaico e tutto, attorno alla capitale, apparteneva a tale somma sacralità, anche la natura. Lo stesso fiume che scorre poco distante deriva il suo nome Vilcanota da tale dimensione, infatti «Vilca» in Quechua significa appunto «sacro» e denomina tutta La Valle Sacra degli Incas.
Nasce nella Abra La Raya a 4300 mt. di altitudine, riceve le acque da tutti i torrenti dei dintorni e forma la splendida e fertile valle a nord della capitale incaica, poco più avanti muta il nome in Urubamba e scende verso la selva amazzonica fino ad unirsi con il Tambo formando l’ Ucayali che a sua volta, confluendo con il Maranon, da origine al grandioso Rio delle Amazzoni.Il Vilcanota-Urubamba, dunque, costituisce l’ unione diretta tra i mondi dell’altipiano andino e quello della foresta amazzonica; la Valle Sacra sta al centro dei due grandiosi ambienti naturali.Essa inizia a circa 30 chilometri da Cuzco, a Pisac, antico centro dove è ben visibile l’abile lavoro degli Incas che canalizzarono il corso del fiume chiudendolo tra argini artificiali per evitare inondazioni e per renderne le acque funzionali ad una delle pianificazioni agricole più sorprendenti della storia.
La Valle, infatti, non è molto estesa ai fini di un sfruttamento agricolo rilevante, dato che le sue terre piane vanno ad uno a tre chilometri di larghezza, tuttavia gli agronomi Incas riuscirono ad estendere le coltivazioni attraverso lo sviluppo della spettacolare tecnica dei «terrazzamenti», operati sui fianchi delle montagne, come ancora oggi si possono ammirare specialmente a Pisac dove sono tuttora utilizzati dalle comunità indigene. L’ attuale Pisac, di origine spagnola, è posta sulla riva destra del fiume in una posizione che ha permesso ai suoi abitanti di mantenere una continuità storica e ambientale con i modelli agricoli dei loro antenati incas e di sviluppare un commercio relativo che ne fa uno dei centri agricoli più importanti della valle.
Paragonata a tutte le altre località del vasto impero incaico, la Valle Sacra possiede caratteristiche del tutto autonome e singolari e ciò può condurre a ipotizzare che in questa area gli agronomi e architetti abbiano stabilito un loro enorme ambiente sperimentale, sviluppandovi tutte le tecniche e scoperte che andavano via via studiando e che proprio qui mettevano in pratica.Ipotesi solo apparentemente azzardata, se si entra nel merito specifico di quelle importanti realizzazioni che ci appaiono straordinarie e che gli Incas seppero creare nella Valle Sacra, molte delle quali, soprattutto quelle agricole, ancora oggi ben verificabili nella realtà delle comunità indigene.
Uno dei tradizionali oggetti di controversia, tra gli studiosi della civiltà incaica, è stato da sempre quello relativo alla motivazione dell’ uso di costruzioni in posizioni elevate e spesso di difficile accesso dei centri nella Valle Sacra. Infatti se si può ben spiegare l’uso dei terrazzamenti coltivati, la costruzione di silos e cimiteri in posizioni scarsamente accessibili, il discorso diventa più complesso per ciò che concerne quella parte dei centri chiamata «Quartiere Sacro» con la sua successione di templi tutti e sempre in un orientamento preciso e secondo schemi basati su elaborate strutture geometriche.Tuttavia la cosa più difficile da comprendere è la tecnica utilizzata per ottenere quelle enormi pietre così finemente lavorate e perfettamente incastrate tra di loro, soprattutto tenuto conto che gli Incas non conoscevano il ferro e lavoravano la pietra con strumenti di pietra. I vecchi indios della zona, depositari dell’antica tradizione orale, per molti studiosi hanno rappresentato la documentazione più importante sulla quale basare le loro ipotesi e uno dei più grandi esperti in materia, il peruviano Angel Vargas, conferma pienamente tale stile di ricerca.La tradizione infatti vuole che Pisac fosse un centro di alti studi nel quale convergevano specialisti da tutto il mondo incaico e che nella Valle Sacra si studiavano in forma pratica tutte le scienze conosciute, traducendole direttamente a livello sperimentale nel favorevole ambiente circostante. Tale ipotesi è molto plausibile, oltre che per una chiara verifica delle opere lasciate dai maestri Incas, anche perchè ben si accorda con la tipica mentalità india perfettamente integrata delle leggi naturali a causa di una simbiosi secolare con esse.
La sperimentazione agricola
Indubbiamente l’agricoltura era elemento essenziale della vita incaica, nella Valle Sacra lo era maggiormente e con caratteristiche particolari vediamole. Pisac è situata in una zona ben esposta al sole ma non eccessivamente calda ed ancora oggi la coltivazione più adatta è quella del mais, nella vicina Calca infatti tale prodotto ha un rendimento eccezionale.Le popolazioni preincaiche già da tempo conoscevano la coltivazione della patata prima degli Incas e secondo alcune teorie appresero la coltivazione del mais attraverso probabili contatti con le civiltà i mesoamericane, tuttavia l’introduzione del mais in Perù è ancora un argomento assai controverso, certo è che apparve in Perù fin dal primo cosiddeto «orizzonte di Chavin» qualche secolo antecedente l’ era cristiana.Il mais, come la patata, necessita di un articolato intervento umano per completare il suo ciclo di produzione e le esperienze degli agronomi Incas furono così portanti ed accurate che ancor oggi stono, nella piccola regione della Valle Sacra, ben 77 varietà di tale cereale. I colori dei chicchi vanno dal bianco attraverso tutta una gradazione cromatica (e di qualità) che passa al giallo, arancione, rosso, viola, porpora, marrone e, addirittura combinazioni di tali colori nella stessa pannocchia che a sua volta, possiede molte varietà di forme.Siamo cioè indubbiamente difronte ad un altissimo livello di sviluppo nello studio agricolo ottenuto attraverso l’applicazione di ricerche e lavori degli agronomi Incas che nulla avrebbero a che invidiare ai moderni.
Attualmente il tipo di mais più importante è quello definito «mais bianco dell’ Urubamba», il migliore del mondo, esso possiede un grano molto grosso cresce solo nella fascia agricola compresa trà i paesi di Calca e Urubamba, in gran parte gestita da una grande coperativa, ad un’altitudine media di circa 2900 mt.; è da sottolineare che tutti i tentativi di produrlo fuori dalla Valle Sacra anche con i più sofisticati metodi moderni sono risultati vani.L’agricoltura di questa zone è caratterizzata anche dalla ampia varietà di patate, se ne stima l’esistenza di ben 400 tipi diversi! Il piccolo centro di Chincheros, davanti a calca possiede la massima produzione del tubero di tutta la valle, posto a 3600 mt. di altidudine possiede un ottimo ambiente di coltivazione e possiede anche un importante mercato relativo che si effettua la domenica.
Le ultime ricerche in proposito, tuttavia, sembrano individuare in Moray il vero e proprio centro di ricerche agricole sperimentali incaiche di tutta la Valle.Questo piccolo paesino è situato sull’altipiano dal quale domina la Valle ed è collegato dagli antichi sentieri lastricati. Non vi sono rovine che testimoniano sia stato un sito urbano rilevante, ma la struttura e la perfezione dei terrazzamenti che lo circondano sono assolutamente uniche.Sono tutti circolari, i primi sette più in basso per[ettamente concentrici e i sette superiori, anch’essi concentrici, possiedono altri sette semicircoli aggiunti.Questa struttura terrazzata possiede ben 150 mt. di dislivello con canali di irrigazione orientati verso i quattro punti cardinali.E praticamente accertata la sua natura di centro sperimentale dove venivano addirittura creati artificialmente climi variabiji nei quali si potevano adattare coltivazioni di piante provenienti da altre regioni più fredde o più calde.Tuttora si effettuano esperimenti molto interessanti, da parte degli agricoltori locali consistenti nello studio, durante tutto l’anno, dell’incidenza dei raggi solari in ognuna delle terrazze e, probabilmente, l’influenza lunare e di altri elementi naturali, anche sulla base del fatto che l’area terrazzata riesce a concentrare l’incidenza di tali elementi a causa della sua forma simile ad un grande «imbuto».
La sperimentazione architettonica
Ollantaytambo, quasi ai margini della Valle, costituisce un’ altra delle meraviglie del grande sviluppo tecnico degli Incas, in questo caso applicato all’architettura.Si può affermare che nella cittadella fortificata di Ollantavtambo gli Incas abbiano raggiunto il culmine della tecnica di costruzione in pietra frutto di approfonditi studi di metodi antisismici ancora oggi estremamente validi. Le enormi pietre perfettamente tagliate e levigate sono collocate in tal modo che qualsiasi movimento tellurico della zona, che possiede un alta sismicità, produce solo un movimento controllato e attenuato che evita le note fratture nelle costruzioni edili prodotte dai terremoti.
Quella chiamata Tempio del Sole, formata da sei enormi monoliti, è la costruzione più impressionante, sorpattutto se si pensa che queste 50 tonnellate di granito furono trasportate da una cava posta sull’altro lato dell’ Urubamba. Tali pietre furono trasportate superando i circa 300 mt. di dislivello e lo stesso fiume venne deviato per facilitare tale operazione; secondo gli archeologi il trasporto necessitò del lavoro di migliaia di uomini nel corso di molti anni. Tuttavia ciò che sorprende maggiormente è il fatto di come i costruttori Incas che non conoscevano il ferro abbiano potuto staccare enormi pietre-dalle cave e tagliarle con una tale perfezione che neanche con gli strumenti moderni si sarebbe capaci di superare. Anche in ciò l’ ipotesi che la Valle Sacra sia stata una sorta di «area sperimentale» per gli studi dei tecnici Incas, riesce a prendere una sua consistenza.
Recentemente infatti, sembra sia stato appurato che gli antichi costruttori fossero riusciti a elaborare una tecnica speciale per «ammorbidire» la pietra così da poterla più facilmente tagliare e lavorare con gli strumenti a disposizione. Non si conosce nulla, allo stadio attuale delle ricerche, ditale tecnica, ma sembra che gli «scienziati» della Valle Sacra fossero riusciti ad inventare un preparato, a base di minerali e vegetali speciali che produceva questo effetto «ammorbidente» per reazione chimica. A Cuzco è tramandata una storia presa in seria considerazione da molti studiosi che racconta di alcuni spagnoli durante il periodo della conquista che, scavando nella zona in cerca di tesori nascosti, trovarono una serie di vasi: rotti alcuni di essi ne uscì un liquido nero che quasi disgregò alcune rocce.
Tra tutti gli odierni centri abitati della Valle Sacra sorti nei pressi delle antiche rovine, il paese di Ollantaytambo rappresenta indubbiamente quello che conserva maggiormente le caratteristiche di un antico centro incaico. Ancora oggi le case sono costruite in pietra o «adobes», i mattoni cotti al sole tipici di molte costruzioni precolombiane, le stesse finestre possiedono la tradizionale forma trapezoidale, i gruppi di case sono divisi tra loro da piccoli canali che ricevono l’acqua dalle nevi delle montagne più vicine, adoperata per il fabbisogno familiare e per l’irrigazione dei campi che naturalmente sono situati ancora nell’antica struttura terrazzata al fianco della montagna.Non si tratta di una qualsiasi rovina interessante, ma uno dei massimi esempi al mondo di straordinaria capacità tecnica e architettonica: Machu Picchu.
Se Cuzco era la capitale culturale e amministrativa nonchè città sacra, il centro della Valle Sacra, Machu Picchu, era un luogo speciale, sacro e riservato agli «Amauta»,i maestri di tutto lo scibile incaico. Essi, in perfetta armonia con la vita e la natura, insegnavano le leggi universali e i metodi di intervenire in esse ai loro discepoli i quali per pervenire alla scuola di Machu Picchu, il culmine della sapienza incaica, dovevano superare un lunghissimo periodo di studi ad alto livello e difficile prove. In tale ambiente di difficile accesso, la Valle Sacra era la via della iniziazione, quasi impossibile descrivere lo stupore e la meraviglia davanti lo spettacolo insuperabile di questo centro incaico così perfettamente integrato con la natura del luogo, dove il lavoro umano ha raggiunto livelli forse ineguagliati da qualsiasi altra civiltà. Machu-picchu è posta a nord-est di Cuzco, precisamente a 112 Km. di ferrovia, la stazione sta ai piedi del colle sull’Urubamba a 2000 metri di altitudine, il sito archeologico a 2350 metri, la vetta della montagna chiamata Macchipijchu (vecchia montagna, in lingua Quechua) a 3050, la vetta chiamata Waynapijchu (giovane montagna) a 2700.
L’ antica città incaica è posta al 13007’ di latitudine sud e a 72035’ di longitudine est dal Meridano di Greenwich.Dalla parte troncale della Cordigliera di Vilcabamba emerge una cresta orogena verso nord, con tagli laterali e piccolissime piattaforme dei quali approfittarono i costruttori incaici per costruire la città; nell’estremo nord ditale cresta, la montagna torna ad elevarsi in forma conica su due lati opposti, formando il Waynapijchu.A grande profondità, tale zona possiede roccia fluida con temperatura maggiore di 10000 e le intense pressioni le impediscono di salire in superficie, quando ciò è accaduto, si sono formati fenomeni vulcanici provocando affioramenti di «roccia ignea» di oltre 100 km di estensione, fenomeno chiamato «Batolito», mentre invece viene chiamato «stock» quando l’affioramento roccioso magmatico è inferiore ai 100 km., secondo le distinzioni di J.A. Ramirez. Bowman aggiunge che il tipo di roccia più esteso presente a Macchipijchu èil «granito bianco grigio», composto di quarzo e mica.
Lo scenario naturale della città è tra i più straordinari per bellezza e spettacolarità, una combinazione di elementi geologici e geografici che mostra una vasta superfice corrugata. Il clima e il suolo, fattori principali dell’ habitat, possiedono qui la pecularietà di essere estremamente etereogenei in un’area ristretta, dando come risultato realtà biologiche molto varie. Nel paesaggio si alternano precipizi profondissimi e ripide vette a torrenti e rigagnoli che scorrono a valle, il tutto arricchito da una lussureggiante vegetazione e da infinite specie di piante e fiori tra le quali sono state accertate ben 77 specie diverse di orchidee.Risulta impossibile determinare con precisione l’epoca del primo insediamento umano, non esistono fonti documentarie, tradizione orale nè leggende. Si può solo ipotizzare che lo sviluppo dell’insediamento umano nella zona fu millenario, probabilmente già gruppi primitivi vi si stabilirono in epoca antichissima, alcuni sono propensi ad asserire che la prima popolazione fu costituita da gruppi appartenenti ad una cultura più elevata.
In seguito, con l’aumento demografico e i progressi tecnici e artistici, la zona assunse le caratteristiche di uno stato centralizzato e quando si afferma che il MachuPicchu fu una città Incas lo si fa perchè il suo stadio di massimo sviluppo corrisponde al cosiddetto «orizzonte incaico», com’è ricavabile dagli scavi e dagli abbondanti ritrovamenti. Machu Picchu fu capitale soprattutto religiosa, ma anche politica, economica e militare, di una zona che ebbe sempre interdipendenza culturale con Cuzco e altre nazioni precolombiane.Fu sede di nobiltà e clero come lo fu Cuzco, possedeva dominio assoluto militare su tutta quella area che attualmente costituisce il vasto «Parco Archeologico del Macchipijchu», come stanno a testimoniare le strade, i ponti, i posti di guardia e le fortificazioni disseminati in tutto quello che è ora chiamato il Camino degli Incas e la zona di Q’ente.
Basta esaminare una mappa dettagliata di quest’area per stabilire connessioni e funzionalità tra i punti più importanti dove sono state rinvenute rovine. Moltissimi sono gli studi e fiumi di parole sono state scritte sull’ indagine archeologica e sulla discrezione dei monumenti, templi, fortificazioni, case ect. di Machu Picchu fin da quando Bingham scoprì il sito, scambiandolo per la mitica Vilcabamba, nel 1911. A parte la descrizione delle costruzioni della strordinaria città e l’ interpretazione archeologica di esse, qui ci interessa la posizione che occupava tale centro nella prospettiva dell’ipotesi che la Valle Sacra costituisse l’ area privilegiata degli studi e delle verifiche empiriche di tecnici e scienziati incaici.
Si è già individuato in Machu Picchu un fiorentissimo e fondamentale centro religioso-culturale che raccoglieva l’élite, per così dire, degli studiosi Incas, qualcosa di più di una valida università, un vero e proprio microcosmo nel quale teoria e pratica erano costantemente tese ad un unico scopo ideale: la perfezione! Se le realizzazioni di questo straordinario popolo nella Valle Sacra e soprattutto a Machu-Picchu destano ancora sorpresa ed ammirazione in noi, ormai abituati ad un progresso tecnico sempre più vorticoso, proviamo solo ad immaginare, se mai fosse possibile, a che livello di sviluppo sarebbero giunti gli Incas se non fossero stati brutalmente interrotti dalla conquista spagnola che ne disgregò la fantastica macchina statale e quindi i presupposti stessi della ragion d’essere dello sviluppo tecnico e scientifico teso alla perfezione, perchè perfetto doveva essere il dominio dell’Inca e del suo padre Inti, il Sole.
Tuttavia gli spagnoli non furono la sola causa dell’abbandono di questa strordinaria tendenza al progresso tecnico-scientifico; ve ne furono altri, in gran parte ancora del tutto misteriosi, soprattutto l’isolamento prima e il repentino, incomprensibile decadimento di Machu Picchu. La tradizione orale della zona non offre alcun dato sulla fine di Machu-Picchu non esiste neanche nessun mito, favola o leggenda sulle cause del suo spopolamento, anche l’ attuale nome «Machu-Picchu» montagna vecchia non è l’ originale, ma gli fu dato dopo la sua scoperta avvenuta nel 1911.Si può lavorare solo su ipotesi ricavabili da movimenti storici più generali, situazioni oggettive, comparazioni vane, ma nulla di più specifico. Innanzittutto pare certo che lo spopolamento avvenne repentinamente sulla fine del XVI0 secolo cioè quando ormai l’Impero Incaico era stato da tempo sgretolato e la città fu sempre, nel periodo della conquista, completamente isolata.
Non sarei propenso, e del resto questa è la tendenza delle ultime interpretazioni; ad ipotizzare una sola causa come una grave epidemia, una guerra ect., ma al convergere di più cause che dovettero rendere la città inabitabile, ad esempio un evento bellico seguito da epidemie.Facciamo l’ ipotesi di una guerra civile, caso nel quale presso gli Incas il costo di vite umane era elevatissimo. Gli esempi non mancano nella storia di quel popolo, Garcilaso De La Vega, il noto grande cronista dell’ ultimo periodo incaico, ne enumerò diversi, ad esempio la guerra fratricida tra Atahualpa l’ ultimo Inca e il fratello, nella quale Atahualpa vincitore sterminò tutti i sostenitori e i soli sospetti di simpatizzare con la fazione sconfitta, quando giunsero gli Spagnoli ancora era vivo il ricordo di tale evento che fu chiamato da Garcilaso «la matanza de los orejones» (orejones era il nome dato dai conquistadores ai nobili Incas per il loro uso di portare pesanti orecchini). Numerose sono le storie di tale cruenta drammaticità, del resto non peculiari dei soli Incas, purtroppo la storia è piena di stermini di intere popolazioni. In seguito a notevoli episodi cruenti le epidemie sono sempre state presenti soprattutto nell’antichità: cadaveri insepolti, acque contaminate e altri fattori derivanti dalla guerra. Conseguentemente, il già notevole isolamento della città si accentuò, i centri vicini evitarono accuratamente per ovvi motivi qualsiasi contatto, fino a farne cadere nello oblio completo la popolazione che stava vivendo la terribile tragedia, ciò spiegherebbe anche perchè non vi è memoria, neanche nella tradizione popolare, del nome originale di MachuPicchu.
Dunque una probabile violenta epidemia, forse conseguente a una guerra, che portò alla scomparsa della popolazione del centro, motivando a sua volta il divieto da parte delle autorità ad accedervi, fatto accentuato anche per il timore da parte delle popolazioni confinanti del contagio. Ciò appare la spiegazione più plausibile soprattutto conseguentemente al tipico costume incaico di dimenticare grandi eventi negativi al fine di evitare il loro ripetersi, con ciò sarebbe spiegata anche la questione concernente il completo oblio sceso su Machu-picchu dopo la sua fine. Con la misteriosa fine di questa città, lo sgretolamento dell’ organizzazione dell’Impero Incaico dopo la conquista spagnola, il venir meno dunque degli impulsi fondamentali al progresso, lo studio e la ricerca, la Valle Sacra cessò la sua funzione di avamposto culturale e tecnico del mondo Incas.Terminarono gli esperimenti agricoli, terminarono le audacissime attività costruttixe e l’Intihuatana, il misterioso gnomone astrale che permetteva calcoli e misurazioni sorprendenti, non si ridusse che a una semplice pietra lavorata, gli Incas portarono con loro nella rapida decadenza tutti quei segreti e quei misteri che ancora affascinano il mondo.
© Paolo del Papa
Estratto: La Valle Sacra degli Incas Universo Istituto Igm, Firenze