Sull’ Aurelia tra Grosseto e Orbetello, ad Albinia una diramazione indica la via per Manciano, territorio ricco di storia con i ruderi del castello Stachilagi, poderosa rocca medioevale disputata tra le potenti famiglie dei Baschi di Orvieto e gli Aldobrandeschi, poi presa da Siena all’ inizio del XV secolo.
Poco oltre le altre rovine medioevali del convento benedettino che dominava i suggestivi paesaggi della zona popolata fin dalla preistoria e fiorita con gli Etruschi, come ricordano i siti di Poggio Buco e l’ antica Statonia, a Marsiliana una tavoletta in avorio con scritte in greco testimonia un importante centro etrusco crocevia di commerci per Heba verso Magliano, Saturnia, Pitigliano e Sorano.
Manciano è un suggestivo borgo medioevale edificato attorno ad un castello sul colle che domina parte della valle del fiume Fiora, citato per la prima volta da un contratto di vendita del marchese Lamberto Aldobrandeschi del 973, quindi un documento del Papa Clemente III nel 1118 sulla vicina chiesa di Sovana. Il paese sorse all’ inizio del XIII secolo ed entrò nei domini dei conti Aldobrandeschi che edificarono la Rocca, poi in parte ricostruita dai senesi nel XIV secolo, cingendo il paese da poderose mura con tre porte e due torri cilindriche. Nell’ antico centro urbano medioevale le stradine arrampicano suggestivamente fino alla rocca e il suo castello merlato che ospita il Comune e il museo di storia e protostoria della valle del Fiora.
Nel XIV secolo Siena stese il suo dominio sul territorio degli Aldobrandeschi in Maremma, mentre Manciano fu preso dalla potente famiglia romana degli Orsini, che aveva preso il dominio della vicina Pitigliano dopo una contesa con Orvieto, ceduto a Siena nel 1410, fu ripreso nel 1416, ma sempre controllato dai senesi. Nel 1555 la Repubblica Senese capitolò contro Firenze e i suoi territori divennero dominio della potente signoria dei Medici e Manciano vi entrò assieme a Saturnia e Capalbio.
Alla fine della dinastia dei medicea il Granducato di Toscana passò a quell dei Lorena che resuscitarono queste terre decadute con saggezza riformatrice e bonificandone le paludi malsane dai primi anni dell’ 800 Manciano divenne centro di agricoltura e e commerci. Molti illuminati di Maremma parteciparono al Risorgimento che andò ad unire l’ Italia, ma come altrove braccianti e contadini di ben poco risollevarono l’ antica miseria che andò a sprofondare ancor più dei tempi dei Lorena, così che qualcuno andò a briganteggiare tra qui e l’ antica Tuscia e il popolo diseredato fece del bandito Tiburzi il suo eroe.
La vicina Montemerano sorse intorno al mille e un paio di secoli dopo gli Aldobrandeschi la cinsero di mura che ancora rimangono imponenti i resti e i bastioni aggiunti nel XV secolo a racchiuderla con gli angusti vicoli che salgono intrecciati per la piazza del castello dominati dall’ alta torre del suo trecentesco medioevo.
Dalla porta a settentrione delle mura si trova la chiesa di San Giorgio che s’ apre di una sola navata con due cappelle ai lati verso l’ altare che si staglia sul coro e l’ abside ove la medioevale modestia romanica s’ arricchisce dello splendore rinascimentale di maestri senesi e i quattrocenteschi affreschi degli allievi di Andrea Niccolò ed egli stesso si dedicò a parte della navata e al transetto, mentre Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta vi ha scolpito nel legno e poi finemente dipinta la figura di San Pietro. A lui si deve anche la magnifica pala lignea policroma dell’ altare che celebra l’ Assunta, Sano di Pietro nel 1458 lì nei pressi ha lasciato il suo dipinto della Madonna con il Bambino tra i Santi, ove un vecchio prete di campagna aprì un pertugio per farvi passare il di lui gatto e così da allora si conosce come la Madonna Gattaiola.