Maremma storia
Preistoria
Le prime tracce umane in Maremma risalgono probabilmente all’ inizio di lungo periodo della Preistoria , compreso tra i quattrocentomila e i quarantamila anni fa, noto come Paleoliticoinferiore, durante il quale l’ homo sapiens sapiensapprese e sviluppò le tecniche per scheggiare e lavorare la pietra, operando la prima grande fase della sua evoluzione. In Maremma, come altrove, i piccoli gruppi umani vivevano cacciando la ricca fauna del periodo costituita da cervi e stambecchi, asini e bue selvatici, orsi e i giganteschi mammuth,oltre ai cinghiali che ancora sono diffusi in Maremma.Assieme alla caccia la sopravvivenza era assicurata dalla raccolta dei prodotti spontanei della vegetazione rigogliosa tra foreste e grandi boschi di faggi, sugheri, roverelle e altre piante ancora presenti, abitando in caverne o ripari naturali, affrontando un clima molto diverso e più freddo dall’ attuale.Al periodo “amigdaliano” della cosiddetta età della pietra risalgono i resti rinvenuti nel territorio di pietre scheggiate nelle due facce oblunghe “amigdale”, databili a trecentomila anni fa, testimoniando la crescita degli insediamenti umani in Maremma per centinaia di millenni fino al Paleolitico superiore al quale sono attribuibili altri resti di circa ventimila anni fa rinvenuti nella zona dell’ Amiata, a Castel del Piano, Cave di Casello e Campognande, ma anche sulla fascia costiera nella Grotta del Golino vicino Talamone, a Ceriolo nella Laguna di Orbetello e a Cala dei Santi sul Monte Argentario. Successivamente la crescita degli insediamenti umani nel territorio arrivarono nel neoliticoe al IV millennio a.C.risalgono i resti di manufatti vari e ossidiana rinvenuti nelle stesse zone preistoriche dell’ Amiata e della costa meridionale maremmana,oltre alle isole del Giglio e Giannutri, che testimoniano la nascita di villaggi sedentari organizzati socialmente i tribù, clan e famiglie, favoriti anche dal clima più mite del passato e dalla raccolta di cerali e grano selvatici.Nel millenno successivo anche le popolazioni neolitiche maremmane furono influenzate dai primi contatti con le più avanzate culture orientali introducendo agricoltura e allevamento, un grande sviluppo nella lavorazione della pietra, la produzione di ceramica e artigianato, ma soprattutto la lavorazione dei metalli, ferro e rame, che rivoluzionarono la società primitiva determinando anche la nascita del commercio.Fu la cosiddetta “rivoluzione Eneolitica” che vide la nascita e sviluppo di villaggi di capanne società socialmente organizzati, aumento della popolazione e produzione agricola e artigianale, commerci e religione di tipo animista e sciamanica che prevedeva un culto dei defunti.A tale periodo si devono i sepolcri scavati con i defunti in posizione fetale singoli e collettivi, come quelli rinvenuti nei colli costieri dell’ Uccellina , altri rinvenimenti hanno rivelato deposizioni di salme verticali con il mento appoggiato alle ginocchia mento. Accanto a resti femminili sono stati rinvenuti denti di animali forati per collane e a uno maschile un vaso vicino alla bocca per dissetarlo durante il viaggio nell’ aldilà, altra testimonianza di una ormai articolata concezione religiosa dell’ epoca, assieme a ritrovamenti di oggetti, armi e resti di animali. Tali testimonianze sono simili a quelle di popolazioni dell’Asia mediterranea, particolarmente il rinvenimento di resti femminili accanto a quelli di un probabile capo guerriero che fanno ipotizzare ritualità sacrificali. Testimonianze di villaggi sono state rinvenute nella zona dell’ Amiata a Castell’Azzara, in quella di Sticciano, nella piana di Roselle, in quella costiera ad Alberese e Argentario, ma i resti più importanti sono nel bacino del Fiora, nei territori di Manciano, Saturnia, Pitigliano, Sovana e Capalbio. Alcuni nella Maremma laziale a Montalto di Castro, Farnese e soprattutto Montefiascone a Rinaldone dove è stata rinvenuta la necropoli dalla quale prende il nome la cultura neolitica della zona.Questa “cultura di Rinaldone”, rivela le caratteristiche dell’ intera popolazione neolitica maremmana, comune ai resti di importanti insediamenti rinvenuti nel territorio tra Manciano e Pitigliano a Ponte San Pietro e Porcarecce. Da quel periodo si sviluppò ulteriormente la popolazione maremmana in una cultura unificante protostorica con alcune caratteristiche simili a quella villanovianadiffusa nell’ Italia centro settentrionale e tra il XII e il X XII-X sec. a.C.sorsero villaggi più organizzati e fortificati, come a Castel Sant’Angelo vicino Manciano, Poggio di Capalbiaccio e Monteti nei pressi di Capalbio, Torre Argentiera, Poggio Mandorli e Torre Capo d’Uomo e sul Monte Argentario. Ritrovamenti di armi, fibbie, spille e altri utensili in bronzo testimoniano la padronanza nella fusione e lavorazione del metallo, in particolare quelli a Pian di Tallone e lingotti di bronzo da fondere nel territorio di Manciano. Attorno ai villaggi fortificati di questa Età del Bronzo maremmana si sviluppò l’ agricoltura di cereali, miglio, orzo, grano e probabilmente olivo e vite che, assieme alla produzione metallurgica e artigianale favorì il commercio e il contatto con le popolazioni vicine. L’ evoluzione economica e sociale favorì quella religiosa e rituale, nel culto dei defunti fu introdotta la cremazione e l’ antico sciamanesimo assunse caratteristiche sacerdotali,uno sviluppo della cultura neolitica maremmana che procedeva verso la civiltà della quale secoli più tardi sarebbero stati protagonisti gli Etruschi.
Gli Etruschi
Verso il IX sec. a.C. si passò dai villaggi tribali all’organizzazione in città fortificate. Si entra così nell’epoca etrusca, con il primo periodo, detto Villanoviano. Non è ben chiaro come ciò avvenne, se per l’immigrazione di popoli più progrediti o semplicemente per una naturale evoluzione di popolazioni locali, con conseguente incremento demografico. Sono stati trovati reperti del Villanoviano nelle località di Roselle, Vetulonia,Talamone e Orbetello oltre alla Valle del Fiora. In queste località si ha una continuità di reperti che dalla preistoria portano al secondo periodo etrusco cosidetto “orientalizzante” tra l’ VIII e il VII sec. a.C). Gli insediamenti minori si spopolarono, a favore delle città poste in posizioni più adatte alla difesa, che crebbero rapidamente di dimensioni. L’agricoltura poté disporre di nuovi strumenti, si svilupparono le attività artigianali e industriali e in qualche città si cominciò a battere moneta. Si creò la divisione in classi sociali e le sepolture ebbero una ricchezza fino ad allora sconosciuta. Gli etruschi non raggiunsero mai un’unità nazionale, ma rimasero divisi in singole città autonome, le Lucumonie, che ebbero destini diversi. Sono del VII sec.a.C. le tombe di Vetulonia a circoli familiari, ricche di oggetti d’oro e d’argento, che contrastavano con le precedenti tombe del Villanoviano. In quello stesso periodo, nella valle del Fiora, si ha invece più continuità col periodo precedente; perdurano piccoli insediamenti rurali intorno ai centri maggiori, nei pressi di Manciano a Poggio Buco, le cui tombe somigliano a quelle di Montefiascone, e Saturnia, nella limitrofa zona montuosa a Pitigliano, con influenze di Chiusi e Orvieto.Allo stesso VII sec.a.C. periodo risale lo strato più antico delle mura di Roselle e il primo insediamento urbano di Orbetello. Nel VI sec.a.C. alcune di queste città erano notevolmente sviluppate, come Vetulonia che si stendeva su centoventi ettari racchiusa da mura che la circondavano per cinque chilometri, ma in quel periodo iniziò il suo declino, mentre nel successivo V sec. a.C. cominciarono a decadere le città della Valle del Fiora, mentre sovana continuò a crescere fino al IV sec. a.C., periodo nel quale cominciò a diffondersi la malaria. Con il III sec. a.C. si ebbe l’espansione romana che sconfisse Roselle con una guerra tra il 298 e il 294 a.C. e quindi Vulci nel 280 a.C. trasformando le città-stato etrusche in municipi romani.
I Romani
Con la conquista romana cambiò l’assetto del territorio: alle città conquistate vennero confiscati i terreni che divennero domini pubblici, spesso affidati a romani facoltosi. Ai coloni etruschi si sostituì il latifondo condotto da schiavi. Le campagne si spopolarono e i piccoli proprietari si trasferirono nei centri di collina, motivati anche dall’impaludamento delle pianure costiere e dal conseguente diffondersi della malaria. I romani fondarono il porto diCosa ad Ansedonia nel 273 a.C., svilupparono il porto di Talamone proseguirono la costruzione della via Aurelia fino in Maremma e la unirono alla Cassia. Nel I sec. a.C. intorno a queste strade si formarono nuovi insediamenti, ville, poderi e abitazioni per gli schiavi che lavoravano nei latifondi, che divennero dei veri paesi. Con la decadenza dell’Impero Romano, finì l’economia della villa e diminuì la redditività dell’agricoltura. Non si ritornò però alla piccola proprietà, ma rimasero i latifondi, che furono lasciati prevalentemente a prato per scopi pastorali. Le successive invasioni barbariche dei Goti di Alarico, nel 410, e dei Vandali, nel 455, contribuirono ulteriormente alla decadenza della Maremma con distruzioni di città e ponti. È di quell’epoca la diffusione del cristianesimo in Maremma. Testimonianza di questa penetrazione sono il tempio rupestre di Santa Croce a Sovana e il tempietto paleocristiano di Pitigliano, entrambi del V secolo. Nello stesso periodo fu fatta opera di evangelizzazione da San Mamiliano, già vescovo di Palermo, a Talamone, Giglio, Montecristo e Sovana, e da San Cerbone, vescovo di Populonia, nel nord della provincia.
Il Medioevo
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476, la Maremma ebbe un repentino declino amministrativo ed economico che si attenuò sensibilmente dopo la conquista dell’ Italia nel 554 da parte dell’ Imperatore Romano d’Oriente Giustiniano, sotto cui Orbetello divenne capoluogo della zona. Pochi anni più tardi nel 569, il popolo nordico dei Longobardiscesero in Italia superando le Alpi conquistando le zone settentrionale e centrale della penisola la Maremma sprofondò nuovamente in una profonda crisi economica ed amministrativa. Durante il periodo della dominazione longobarda le paludi avanzarono in gran parte del territorio pianeggiante e la popolazione si trasferì sui rilievi dell’ entroterra, abbandonando la precedente produzione agricola, allevamento e commercio, che dovevano essere ricostruiti nei nuovi insediamenti. Gli unici commerci documentati di quel periodo sembrano essere quelli di sale e grano con la città di Lucca per i circa due secoli di dominazione longobarda e solo molto più tardi i commerci ricominciarono con alcune concessioni per mercati periodici come ad Abbadia S.Salvatore nel 892 e ad Istia d’ Ombrone, da documenti del 1032. Come nel resto d’ Italia anche dalla Maremma i Longobardi furono costretti a ritirarsi nel 774, dopo la sconfitta subita dai dal Franchi condotti da Carlo Magno, la Maremma venne divisa e la zona meridionale entrò nei domini della Chiesa che poi ne fece la Signoria dell’Abbazia di S. Anastasio alle Acque Salvie, nota anche come Tre Fontane. Il nord entrò nel Ducato di Tuscia governato dal Duca di Lucca, dalla quale nell’ 862 sorse un feudo affidata ai conti Aldobrandeschi governata dall’ antica città di Roselle. Successivamente il feudo fu trasformato in contea ereditaria nell’ 877 dal sovrano Carlo il Calvo, per meglio difenderla dalle incursioni deiSaraceni la capitale venne spostata nell’ interno a Sovana da Roselle, che cominciò a decadere mantenendo però la sede vescovile fino al 1138, quando venne trasferita a Grosseto. Le condizioni economiche, sociali e di sicurezza della zona favorirono l’ acquisizione di terreni dei piccoli proprietari agricoli da parte di famiglie o prelati potenti in cambio di protezione che, ben presto, si traformarono in signorie locali con poteri giuridici, fiscali e propri armati.In Maremma comunque la contea degli Aldobrandeschi divenne sempre più potente, anche militarmente con la costruzione di fortificazioni e castelli tra l’ XI e il XII sec.in tutte le posizioni strategiche del territorio, testimoniati da documenti dell’ epoca come quelli di una pieve fortificata a Pitigliano nel 1061, dei castelli di Arcidossonel 1121, Montepescali nel 1147, Orbetello , Capalbio, Scarpena nel 1161 e Sorano nel 1172.Il potere e l’ autorità degli Aldobrandeschi si manifestò poi con la loro partecipazione alla terza nel 1189, conferendo loro dignità pari alle grandi famiglie medioevali italiane.Pur progredendo notevolmente rispetto al passato, la Maremma aldobranbdesca rimase tuttavia limitata ad un’ organizzazione sociale ed economica feudale chiusa nel suo territorio, con produzione essenzialmente agricola e allevamento necessaria alle proprie esigenze e scarsi rapporti commerciali con l’ esterno.Dal 1212 iniziò la decadenza della contea con la morte del reggente Aldobrandino e la lotta per la successione che vide il territorio spartito tra gli eredi in conflitto tra loro per un decennio, fino all’ intervento dei senesi.Siena prese Grosseto nel 1222 e, dalla sede vescovile ormai da tempo capoluogo della Maremma, stese il suo dominio sul territorio degli Aldobrandeschi che cercarono l’ alleanza della potente Firenze,concedendo in cambio i porti di Talamone e Porto Ercole. A partire dal 1224 Siena aveva conquistato militarmente i centri di Magliano, Montiano, Pereta e Collecchio, nel 1228 Istia d’Ombrone e nel 1249 a Campagnatico, dopo di che venne edificato in magnifica posizione strategica il paese fortificato di Paganico per farne un importante centro commerciale sulla via di Siena. La penetrazione senese in Maremma non fu solo militare, ma anche politica e commerciale stabilendo accordi con potentati locali e acquisti di terreni, limitando progressivamente i possedimenti e le influenze degli Aldobrandeschi negli anni alle zone interne tra i bacini dell’Albegna e del Fiora. Nel 1283 anche Roccalbegna divenne dominio senese,mentre gli antichi centri fortificati di Pitigliano e Sovana furono sottratti al controllo aldobrandesco dalla potente famiglia romana degli Orsini che ne divennero i signori. Gli Aldobrandeschi probabilmente ispirarono le rivolte di Grosseto documentate negli anni 1259, 1328, e la più lunga tra il 1334 e il 1336, fino al definitivo dominio senese nel 1344. In quel periodo i senesi conquistarono Arcidosso nel 1331, Castel di Pietra e Gavorrano nel 1335. Fu poi la volta del libero comune di Massa Marittima, resosi indipendente all’ inizio del XIII secolo, che per un centinaio di anni era cresciuto divenendo florido e potente con lo sfruttamento delle miniere di rame e argento, lasciando il vecchio centro in pianura di Massa Veternense per la malaria, edificando la nuova città su un colle dove in breve sorsero i palazzi del Comune e della Podestà sulla piazza ove fu eretta la splendida cattedrale. Uno dei più importanti esempi di libero comune indipendente del medioevo italiano decadde rapidamente prima con la conquista senese del 1335, poi con un’epidemia di peste nel 1348, successivamente un tentativo di rivolta venne sconfitto e represso determinando la fine della libera Massa Marittima.Nel XIV secolo Siena completò la dominazione della Maremma militarmente e acquistando terreni,oltre a stipulare accordi con potentati locali tra il 1339 e il 1345,compresa l’ isola del Giglio, che tuttavia continuò ad essere controllata dalla potente Repubblica Marinara di Pisa.
Dal 1350 al 1369 il domino militare senese si estese sui centri di Montelaterone e Stribugliano, mentre Civitella fu comperata, proseguì con la conquista di Montemerano nel 1382 e all’ inizio del XV secolo Santo Stefano, quindi comune di Manciano, Saturnia e Capalbio tra il 1410 e il 1416, l’ anno successivo Orbetello e nel 1438 Castellazzara.Il domino senese sull’ intera Maremma ne favorì notevolmente lo sviluppo economico e commerciale, sorsero nuovi centri urbani e fu favorita una rinascita culturale con l’ introduzione di insegnati e medici nei centri maggiori, fino alla capitolazione di Siena a Firenze nel 1555 , i cui territori divennero dominio della potente signoria dei Medici.
Medici e Lorena
Con l’ acquisizione della Repubblica senese da parte di Firenze, anche quasi l’intera Maremma entrò nei domini dei Medici, la parte costiera più meridionale da secoli soffriva delle incursioni dei Saraceni e in quel periodo poteva costituire una formidabile base navale per contrastare la minaccia della potente flotta dell’ Impero Ottomano nel Mediterraneo. Nel 1557 dunque questa zona divenne dominio della Spagna che vi creò lo Stato dei Presidi, comprendendo Orbetello. Poco dopo nel 1562 Firenze riuscì ad acquisire anche i territori degli Orsini nella zona di Pitigliano, approfittando di una rivolta locale, poi riaffidati alla potente famiglia romana dal Papa e infine ripresi dai Medici nel 1608. Durante il dominio mediceo la Maremma subì mutamenti sociali, economici e territoriali, soprattutto con la costituzione di nuovi grandi latifondi e cessioni di vasti terreni a ricche famiglie che sacrificarono la produzione agricola a favore di pascoli per gli allevamenti e monocolture estensive di grano. La crescita del latifondo impoverì la popolazione rurale e anche altre attività produttive, artigianali e commerciali andarono diminuendo notevolmente, provocando un nuovo isolamento del territorio che, tra le altri crisi, doveva fronteggiare il flagello della malaria.Solo il centro di Follonica conservò un’ attività produttiva diversa con la lavorazione dei metalli provenienti dall’ isola d’ Elba, mentre a Castiglione della Pescaia rimase lo sfruttamento e il commercio della pesca costiera e nel lago Prile. Tuttavia i Medici favorirono notevolmente la crescita urbana e architettonica di Grosseto, Cosimo I fece edificare nuovi quartieri che estesero la città oltre le vecchie mura medioevali, che vennero in parte abbattute e sostituite dalle nuove e più ampie mura medicee tra il 1565 e il 1578.Il dominio di Firenze sulla Maremma terminò con la morte di Giangastone de’ Medici nel 1737,ultimo reggente della grande famiglia che non lasciò eredi, ponendo fine alla dinastia protagonista del Rinascimento.Il Granducato di Toscana, con la fine della dinastia dei Medici, passò alla famiglia dei Lorena con Francesco I che fu il primo reggente tra il 1737 e il 1745, sposando poi l’ arciduchessa Maria Teresa che divenne imperatrice d’Austria, tuttavia in realtà restò poco in Toscana, lasciando un Consiglio di Reggenza che governò fino al 1765, per essere incoronato imperatore d’ Austria a Francoforte nel 1745, stabilendo che alla sua morte il primogenito avrebbe ereditato il trono imperiale, il secondogenito il granducato di Toscana. Leopoldo di Lorena nel 1765 divenne così Granduca e iniziò una grande opera di riforme politiche, sociali ed economiche in Toscana, già iniziate durante il precedente Consiglio di Reggenza con l’ unificazione dei sistemi fiscali, la regolamentazione delle donazioni alla chiesa e il calendario che, fino allora, nel senese si faceva cominciare l’anno il 25 marzo, presunta data del concepimento di Cristo, nel pisano il 25 dicembre data della nascita di Gesù.Leopoldo II, fu sicuramente uno dei sovrani europei più illuminate dell’ epoca, con le sue grandi riforme economiche e sociali, alcune delle quali apparivano impensabili, come quella della pena di morte nel 1786, che onora la Toscana come primo governo al mondo ad averla abolita . In Maremma le sue riforme limitarono drasticamente i latifondi, favorendo l’ agricoltura e la poverissima popolazione rurale, impulso alla produzione e al commercio agricolo con norme di liberalizzazione e grandi opere di bonifica che risollevarono territorio maremmano dalle misere condizioni in cui versava da secoli. Amministrativamente la Maremma fu separata dal territorio senese con la costituzione della “Provincia Inferiore”, il cui capoluogo fu Grosseto che venne ingrandita con nuovi quartieri oltre le mura, strade, palazzi isituzionali, l’ ospedale e altre realizzazioni che favorirono la produzione e il commercio. Il “rinascimento” della Maremma con Pietro Leopoldo, proseguì quando lasciò il Granducato divenendo Imperatore d’Austria nel 1790, con il successore Ferdinando III di Lorena che continuò le grandi opere di bonifica delle paludi flagellate dalla malaria. Nel 1796 la Toscana fu occupata da Napoleone e nel 1801 il Granducato divenne “Regno di Etruria” affidato al principe spagnolo Lodovico I di Borbone, a cui successe la moglie Maria Luisa che governò per conto del figlio piccolo erede al trono Carlo Lodovico. Il Regno rimase alla dinastia fino al 1807, quando venne incorporato all’Impero francese che vi costituì i dipartimenti dell’Arno, dell’Ombrone e del Trasimeno, riprendendo anche il vecchio Stato dei presidi spagnolo Nel 1809 Napoleone ripristinò il Granducato, nominando Granduchessa Elisa Baiocchi, Principessa di Lucca e Piombino che governò fino al 1814, quando tornò a Ferdinando III di Lorena. Nel 1828 il giovane Leopoldo II divenne Granduca nel 1824, rivelando subito il suo carattere liberale e tollerante che ben presto si manifestò con leggi e provvedimenti tra le più avanzate in Europa, riportando Firenze alla sua antica vocazione socialmente illuminata e culturale. Nel 1828 in Maremma proseguì l’ opera di bonifica su vasta scala durata un trentennio, strappando alle paludi malsane ben trentamila ettari di terreno per l’ agricoltura e risollevando le drammatiche condizioni della popolazione, un’ opera gigantesca nella quale Leopoldo II parte della sua vita e al quale la Maremma deve la sua rinascita, mentre in Italia fervevano i moti risorgimentali.Fu il più liberale sovrano d’ Europa, concedendo Costuzione e diritti ai sudditi del Granducato, venne tuttavia travolto dagli eventi che lo costrinsero il ad un esilio nel 1849, tornato poi al potere per alcuni anni, lasciò il Granducato nel 1859, affidandolo ad un plebiscito che unì la Toscana e la Maremma al resto d’ Italia nel 1860.Nella tradizione popolare Leopoldo II fu affettuosamente chiamato Canapone”, onorato nel 1845 con la statua che si erge nella piazza del duomo di Grosseto che lo raffigura mentre aiuta ad alzarsi un donna con i suoi figli che rappresenta la Maremma, schiacciando il serpente della malaria.
L’unità d’Italia
Durante la reggenza “illuminata” di Leopoldo II, la Toscana possedeva già in parte quei diritti liberali reclamati nel resto della penisola dal decennio delle rivolte tra il 1821 e il 1831 e in particolare la Maremma godeva delle opere sociali e di bonifica che stava realizzando il Granduca. Inoltre la popolazione maremmana povera e rurale non aveva quella borghesia “produttiva” protagonista del Risorgimento italiano, i cui aspetti più radicali cominciarono a penetrare successivamente, grazie ai mazziniani maremmani Garibaldi riuscì a transitare per Scarlino e imbarcarsi nel 1849 dopo la capitolazione della Repubblica Romana. In Maremma fu aiutato di nuovo nel 1860 durante Spedizione dei Mille, sostando a Telamone per rifornirsi di armi e imbarcare patrioti della zona.Come nel resto del paese dopo l’ unità d’ Italia, i grandi problemi sociali si manifestarono subito nella Maremma grossetana, la cui popolazione censita era di 73.966 abitanti, nella grande maggioranza distribuiti nell’ interno e 12.260 in pianura, dei quali cira quattromila all’ arrivo dell’ estate si spostavano in gran parte nei paesi sui rilievi per sfuggire ai miasmi paludosi e le zanzare malariche, compresi tutti gli uffici isituzionali. Le grandi opere di bonifica e le riforme del Granducato di Lorena, pur sollevando la popolazione da drammatiche condizioni, non avevano superato il problema della grande proprietà latifondista che lasciava vasti terreni incolti,impedendo la piccola e produttiva proprietà agricola e alimentando solo il mercato di braccianti nei pochi territori coltivati dei grandi agrari, in parte provenienti da altre zone in condizioni miserabili a causa della scarsa popolazione flagellata dalla malaria.Vi erano inoltre pochi e difficoltosi collegamenti con il resto del paese, l’ unica linea ferroviaria che collegava Livorno a Civitavecchia fu completata nel 1865 e l’ antica via Aurelia era priva di ponti sui fiumi Ombrone e Albegna, costringendo a pericolosi guadi e semplici traghetti. Sicuramente la condizione della Maremma dopo l’ unità d’ Italia peggiorò rispetto all’ ultimo periodo del Granducato e anche le grandi opere di bonifica vennero interrotte, provocando il ritorno di paludi malsane in alcune zone. Solo il territorio grossetano ebbe qualche progresso con l’ intensificazione dell’ agricoltura, la produzione di macchinario agricolo e trebbiatrici a vapore della piccola industria Cosimini e la nascita delle grandi fattorie di Gorarella e Barbatella dei nobili fiorentini Ricasoli. Grosseto cominciò ad estendersi ben oltre le vecchie mura medicee, accogliendo un imporante mercato agricolo, attività commerciali e culturali anche con la fondazione di giornali in città e provincia, primo dei quali “L’Ombrone” nel 1870, Il “Corriere dell’Amiata” nel1874, l’ “Etruria Nuova” e la “Lente di Pitigliano” nel 1893, il “Risveglio nel 1909.
Nel resto del territorio le gravi condizioni economiche avevano portato ad un drammatico impoverimento e a fenomeni sociali come il brigantaggio che, nella Maremma meridionale aveva assunto proporzioni notevoli con l’ imposizione di pagamenti ai proprietari terrieri, furti di bestiame, rapine e violenze. In quello che fu definito banditismo maremmano, per la loro attività contro i grandi proprietari alcuni di questi briganti divennero veri eroi popolari, come Domenico Tiburzi, poi ucciso dai carabinieri in un agguato. Altro fenomeno locale dovuto alle miserabili condizioni della popolazione, fu la nascita di un movimento religioso di rivolta fondato e condotto da Davide Lazzaretti nella zona dell’ Amiata, ostacolato e duramente represso da uno stato classista ed autoritario, fino all’ uccisione del “Profeta dell’ Amiata” nel 1878 ad Arcidosso da parte dei carabinieri che intervenivano contro gente inerme come con i briganti.