Popolo Vedda
Nelle foreste dello Sri Lanka sopravvivono isolati gli ultimi aborigeni Vedda ancora legati alle tradizioni tribali e l’ antica cultura in armonia con la natura che rischia di scomparire.
Nella lunga storia di Ceylon il primo popolamento dell’ isola ebbe inizio con le comunità preistoriche del definito uomo di Balangoda , dopo il periodo mesolitico al VIII millennio oltre ad altri risalgono i resti trovati nel sito di Godavaya nella regione costiera sud orientale, lontani antenati delle ultime comunità tribali del popolo Wanniyalaeto dei Vedda che sopravvive in gruppi di cacciatori nomadi nelle foreste delle zone più isolate del variegato ambiente singalese dal I millennio a.C. quando furono spinti nel territorio Vedda con le successive migrazioni. Legate tra loro dalle antiche tradizioni tribali e la propia lingua Vedda in via di estinzione, in parte derivato da un antico dialetto singalese di origine ariana adottato all’epoca delle prime migrazioni. Le tradizioni religiose sono legate ad una forma di animismo, che le comunità meno isolate dell’ interno hanno integrato con il buddismo singalese e quelle costiere con l’ induismo Tamil, in un sincretismo che ha il suo centro nei templi di Kataragama, dalla simile stirpe originaria ne discendono i Veraḷē Vedda noti come Vedda costieri che popolano alcuni villaggi tra i Trincomalee e Batticaloa sulla regione nella provincia dell’ Est . Con una propria lingua e antiche tradizioni claniche, il culto degli antenati e ritualità sciamaniche assimilate all’ induismo Tamil e in parte alla casta Vellalar, pescatori ed agricoltori nel territorio Tamil orientale, non ne rimane quasi alcuna similitudine con l’antica popolazione che sopravvive nelle foreste singalesi. Tradizionalmente ogni comunità della foresta abitava una stessa caverna dedicandosi alla caccia e la raccolta durante la stagione delle piogge tra i rilievi, per poi scendere nei pressi di torrenti in capanne chena, cacciando gli animali che si abbeverano nella stagione asciutta, tornando nel territorio montano quando ricomincia quella umida seguendo la selvaggina. Gli uomini abili arcieri si dedicano alla caccia e la raccolta del miele, le donne a quella di frutti, tuberi e radici , cucina sul focolare e parte della carne conservata affumicata, dal vestiario essenziale gli uomini con una stoffa di cotone bianca, le donne un sarong colorato e privi di ornamenti. la società tradizionale è divisa nei clan waruge che riuniscono le famiglie monogame discendenti da capostipite e le sue figlie, privi di riti iniziatici i matrimonî tra giovani con semplici cerimonie e oltre all’ arco e frecce la concessione di un terreno di caccia e per gli alveari di api al genero da parte del suocero. Semplici anche le cerimonie funebri con le sepolture in grotte e dopo qualche anno i resti riesumati lasciati nella foresta, tradizionalmente il culto degli spiriti defunti praticato anche con danze rituali. In ogni comunità l’ anziano kapurale o dugganawa comunica con gli spiriti maschili Yaku e femminili yakini in riti sciamanici e stato di trance, poco dopo la morte si celebra il Nai Yaku con danze offerte al defunto divenuto spirito protettore della comunità. Nelle cerimonie del kirikoraha per auspicare la caccia si eseguono le danze della freccia invocandone lo spirito Itala Yaka , per i raccolti del miele lo spirito Dala Yaka e contro le malattie Bambura Yaka, tra le poche pratiche magiche alcune per proteggersi dagli animali feroci e un piccolo pezzo di fegato umano diseccato per tenere lontani spiriti malefici. Privi di strumenti le cerimonie non sono accompagnate da musiche ma canti di invocazione o per incantesimi di poche note o cantilene non rituali, scarsa anche la tradizione orale di miti e leggende, così come le tradizioni artistiche limitate a semplici disegni rupestri nelle grotte tracciati dalle donne con cenere e carbone. Considerato un popolo unico che ha ereditato una specifica identità culturale e biologica, fino all’ inizio del secolo scorso la maggior parte ha continuato l’antico stile di vita come cacciatori e raccoglitori dalla propia società, lingua, tradizioni e culti animisti, poi in parte spinti fuori dai territori tradizionali e reinsediati in più ristretti, con le mutazioni culturali e l’assimilazione, sono diventati una popolazione emarginata. Verso la regione centro orientale ove si apre il bacino del fiume Mahaweli tra lagune e paludi nella foresta rimasto uno degli ultimi territori Vedda, la vasta regione fluviale è stata inserita ne progetto Mahaweli per impianti di irrigazione e la produzione di energia idroelettrica, spingendo le comunità in marginali zone ristrette così come la creazione del parco nazionale Maduru Oya che ne era il territorio di caccia nella foresta . Con le riserve forestali limitate, cercano di resistere per proteggere la loro cultura, minacciati da nuovi insediamenti nei loro territori ancestrali spingendoli in spazi sempre più angusti visitati da estranei, in un deleterio impatto che spinge i giovani ad abbandonare le antiche tradizioni per le nuove e diverse rischiando l’ estinzione culturale degli ultimi Vedda.