Seguendo gli itinerari di molti
esploratori nei mie viaggi in
Africa, ho trovato le suggestioni sulla
Via del Nilo dall’ arida
Nubia attraverso il
Sudan meridionale tra le popolazioni
nilocamite verso le foreste e i monti ove si cercavano le sorgenti del grande fiume tra il
Congo orientale e l’
Uganda fino ai territori dove sono sorti i grandi parchi
africani. Ho ripercorso anche quelli degli
italiani, ma tra tutti le straordinarie imprese di Romolo
Gessi che non sono solo servite ad aggiungere qualche nome sulle mappe africane del secolo scorso.
Sette anni nel Sudan Egizio. Esplorazioni caccie e guerra contro i negrieri non è solo cronaca delle sue esplorazioni, ma affascinante racconto di un protagonista del suo tempo e delle idee di giustizia che si stavano propagando in Europa per travolgere il vecchio mondo delle quali fu missionario con la spada in pugno in territori ancora da scoprire, ma devastati da piaghe secolari che contribuì ad estirpare.
Gessi e Gordon
Il padre era un liberale di Ravenna costretto all’ esilio dal governo pontificio e che prese la cittadinanza britannica diventando
diplomatico nell’ ambasciata di
Romania, desiderava far nascere il figlio in arrivo nella sua città natale, ma era ancora inseguito da ordini di cattura per la sua passata attività sovversiva e
Romolo nacque navigando da Ravenna a Costantinopoli nel 1831. Nella cosmopolita città sul Bosforo venne educato tra costumi e tradizioni diverse, rivelò la sua grande predisposizione per le lingue e la passione per la geografia, nel 1842 il consolato mandò l’ undicenne
Gessi in Germania a studiare nelle migliori accademie dell’impero per farne un diplomatico e consigliere militare che incaricò all’ ambasciata di Bucarest in
Romania.
Destinato a una brillante carriera, ma desideroso di conoscenza e di avventura dopo gli anni
romeni partecipò alla
guerra combattuta in
Crimea contro l’ impero
russo come interprete del generale Strenowkyr nel 1854 e sui campi di battaglia conobbe l’ ufficiale Charles Geoge
Gordon di un paio d’anni più giovane, entrambe feriti durante la presa di
Sebastopoli. L’ inglese partecipò a varie campagne militari fino al grado di generale, nel 1863 fu protagonista della vittoria dell’esercito imperiale cinese nella seconda
guerra dell’ oppio contro la rivolta dei
Taiping e nel 1873 da
Isma’il Pasha, illuminato
Kedivè dell’
Egitto, fu nominato governatore del
Sudan per contrastare i potenti negrieri Mohammad Harun e Suleiman Ziber che volevano espandere i loro traffici.
La
schiavitù è ammessa e praticata dalla dottrina
islamica e dopo la caduta i reami cristiani di
Nobazia e di
Alodia, solo quello
Makuria riuscì a resistere per qualche tempo all’avanzata in
Nubia, poi dal medioevale periodo
shirazi l’ espansione araba prese il controllo delle coste africane orientali con
città e centri in
Kenya con insediamenti a
Gedi, l’ isola di
Lamu, la città di
Mombasa e la vicina
Malindi, sulla costa tanzaniana nel sultanato di
Kilwa e l’ isola di
Zanzibar.Da essi iniziò il grande traffico per la tratta di
schiavi neri per il medio
oriente e tutti i paesi musulmani fino all’
India che nel XIX secolo raggiunse proporzioni enormi con oltre cinquantamila neri razziati all’ anno che transitavano a
Zanzibar.
Come per le
Vie degli schiavi sulle coste occidentali per la
Tratta atlantica, oltre che razziare direttamente i trafficanti acquistavano la “merce” dai reami locali dell’ interno arricchendosi enormemente, tra i quali il mercante di Zanzibar Mohammed bin Said el Murgeb noto
Tippu Tip che dette spesso supporto agli esploratori britannici inviati dalla
Royal Geographical Society.
Nei quindici anni precedenti la nomina di
Gordon quel traffico aveva assunto proporzioni spaventose, oltre quattrocentomila neri razziati e venduti, villaggi bruciati, antiche tribù disperse e sterminate, il terrore e la desolazione regnavano lungo la Via del
Nilo e per tutte le rotte dello
schiavismo dai profitti altissimi che attirò anche avventurieri europei e alcuni furono celebrati esploratori.
Un esploratore contro lo schiavismo
L’Europa era impegnata a cercare di riempire i vasti spazi bianchi sulle mappe africane e a sostituirvi le scritte
unknow con informazioni più precise, la
Royal Geographical Society di Londra finanziava costose spedizioni per esplorare quei territori e risolvere l’ antico mistero delle sorgenti del
Nilo, spesso rivolgendosi ai negrieri come
Tippu Tip per avere informazioni e percorrere le loro piste verso l’ interno e svelare i segreti del Continente Nero, oltre oceano la guerra di secessione aveva abolito la schiavitù e ciò che accadeva a sud di
Khartum cominciava ad essere intollerabile, forse anche un ostacolo ai progetti coloniali che dovevano seguire le grandi esplorazioni.
Il
Khedivé Isma’il fu indotto ad intervenire nelle province meridionali inviando il generale
Gordon come governatore del
Sudan e Romolo
Gessi, nominato maggiore dell’esercito egiziano, ne fu il braccio armato nelle province più remote.
Gordon lo incaricò organizzare i più sperduti avamposti sul
Nilo Bianco a
n-Nil al-Ābyad contro le tribù
Shilluk in rivolta e di attaccare le carovane dei negrieri liberando gli schiavi razziati nei villaggi dell’
Equatoria.
Il 29 maggio del 1874 cominciò la navigazione assieme al nipote di Gordon Anson per risalire il
Nilo fino al
Bahr al-Ghazal, dove le esplorazioni precedenti erano fallite per le difficoltà della navigazione tra le grandi isole galleggianti di erba, il clima impietoso e malsano, le malattie e le tribù ostili. Romolo
Gessi risalì il fiume fino all’avamposto di
Gondokoro in soli quindici giorni dei trentacinque previsti e ne esplorò le immense paludi del
Sudd e gli affluenti che lo alimentano, tracciandone la mappa. La spedizione continuò nelle le zone paludose più interne ed inesplorate
, attaccando le carovane e le
zeribe che incontrava per liberarne gli schiavi, sgominò i negrieri del grande centro di Mushra el-Rek e proseguì sul
Nilo bianco
an-Nīl al-Ābyad con un altra imbarcazione in una delle zone più selvagge stremati dagli stenti e dalla malaria che uccise Anson, ma la spedizione fu portata a termine.
Tornato a Khartum, attese le parti di un battello a vapore dall’ Europa e ripartì nell’ottobre del 1875 risalendo il Nilo fino all’ avamposto di
Fashoda assediato da migliaia di guerrieri
Shilluk che sbaragliò e mise in fuga con pochi uomini, alimentando la sua fama di invincibile condottiero. Romolo
Gessi esplorò le zone sconosciute del
Bahr al-Ghazal e il sistema idrografico del
Nilo Bianco, un impresa che da sola avrebbe dato fama ad una spedizione della
Royal Geographical Society, ma egli portò a termine il suo ben più difficoltoso incarico liberando gli schiavi e sbaragliando i negrieri che, da quel momento, non furono più impuniti e costretti a temere la determinazione dell’italiano che divenne il più acerrimo nemico dello schiavismo e la sua fama cominciò a diffodersi tra i villaggi del sud martoriati dalle razzie.
Era il periodo in cui i geografi dibattevano sulle misteriose sorgenti del Nilo dopo le esplorazioni dei coniugi
Baker e della prima spedizione con
Burton di John Hanning
Speke che pensò poi aver trovato le sorgenti nella seconda con
Grant tra gli immissari del lago
Vittoria. Gordon organizzò una spedizione per scoprire se il fiume era un’ emissario del lago
Alberto incaricando Romolo
Gessi e l’ altro grande
esploratore italiano Carlo
Piaggia.
La spedizione parallela dei due italiani fu tra le più avventurose ed importanti nella zona per svelare il misterioso sistema idrografico del
fiume, confermando che il
Nilo Bianco
an-Nil al-Ābyad entra prima nel lago
Vittoria da est, dove poi furono scoperte le sorgenti nelle
Montagne della Luna, si immette nell’
Alberto e ne esce scorrendo verso nord alimentato dagli
affluenti fino al lontano
Nilo Azzurro
an-Nil al-Āzraq, fu il primo bianco a vedere il massiccio innevato del
Ruwenzori, come lo vide poi
Stanley che ne rivendicò la scoperta dodici anni dopo nel 1888.
La straordinaria impresa li avrebbe coperti di gloria a Londra, ma non erano inviati dalla Royal
Geographical Society né inglesi, come rilevò Gordon con il quale Gessi si lamentò per aver avuto scarso riconoscimento se tornò in Italia, dove studiò un’ altra spedizione per esplorare la regione dei laghi assieme all’ amico medico ed
esploratore di Ravenna Pellegrino
Matteucci con i finanziamenti dalla
Società Geografica Italiana fondata nel 1867. Romolo
Gessi e il compagno
Matteucci partirono nel 1878 da Khartoum i due partirono risalendo il
Nilo Azzurro verso l’ etiopico lago
Tana da cui nasce precipitando nelle
cascate Tissisat, proponendosi di esplorare il bacino del
Sobat e penetrare nel territorio dei
Galla, dove si diceva che la regina di Ghera teneva prigionieri gli esploratori italiani Giovanni
Chiarini e Antonio
Cecchi, ma i
ras delle tribù locali impedirono di continuare oltre la regione di
Fadasi .
Pellegrino
Matteucci tornò in Italia e l’esperienza gli fu preziosa per organizzare una grande traversata del continente due anni più tardi, mentre Romolo
Gessi rimase a
Khartum per ritentare l’esplorazione del
Sobat, ma il governatore
Gordon lo convinse a guidare una spedizione militare per il
Bahr al-Ghazal contro il potente schiavista Sulemain
Zobeir.
Il Garibaldi d’ Africa
Con solo quaranta armati partì da Khartum nel luglio del 1878 per risalire la via del
Nilo in battello nel
Sudan meridionale e raccogliere altre truppe lungo il fiume, giunto all’avamposto di
Fashoda aveva cinquecento uomini, ma inesperti e inaffidabili, proseguì attaccando carovane e centri negrieri liberando migliaia di schiavi, ma durante il viaggio verso lo sperduto
centro divenuto l’ enclave di
Lado anni dopo si rese conto che lo schiavismo era una piaga molto radicata alla quale partecipavano i funzionari governativi corrotti che lasciavano indisturbate le carovane negriere e intervenne duramente.
Con una specie di armata irregolare e disordinata, marciò verso sud attraversando territori devastati e villaggi razziati dalle orde di Rabih az-
Zubayr, trasformati dalle piogge in immensi acquitrini malsani e malarici, i primi scontri avvennero a novembre e il mese successivo, facendo credere che disponeva di un poderoso esercito, prese la roccaforte negriera di Dem Idris. Scoperto l’ inganno venne attaccato da quindicimila negrieri armati, nonostante la grande inferiorità riuscì a superare gli assedianti e Gessi organizzò un’ audace sortita nel campo degli avversari che furono sbaragliati lasciando oltre quattromila morti contro meno di cento perdite.
La vittoria si propagò rapidamente tra i villaggi martoriati della savana e in tutta la regione del
Bahr al-Ghazal, da un villaggio all’ altro si trasmise nel
Sudan lungo la via del
Nilo fino alla
Nubia e la capitale
Kartoum da dove
Gordon lo esortò a completare l’ opera contro gli avversari numerosi, potenti e appoggiati dalle popolazioni islamiche contro gli “infedeli”, in territori inesplorati e perfettamente conosciuti dagli avversari, incredibili condizioni di inferiorità bellica in zone ignote i cui disagi, senza dover combattere un nemico spietato, avevano reso celebri altri esploratori.
Proseguì nella sua difficile “esplorazione bellica”, dai territori degli
Azande Niam Niam alle selvaggia regioni del
Sudan meridionale, dal
Bahr al-Arab al desolato
Darfur che ho visto martoriato da recenti
conflitti, inseguendo nei suoi domini Sulemain che lasciava una spaventosa scia di villaggi devastati e schiavi massacrati per non farli cadere vivi nelle mani del nemico, alimentando il desiderio di distruggere gli schiavisti una volta per tutte.
„
Dico la verità: in questa campagna ho visto ogni specie di morti, di patimenti, di torture ed ho dovuto abituarmi a tutto, ma questa volta sentivo il cuore che si gonfiava talmente, da poter a stento trattenere le lacrime, mirando quel viso innocente e privo di vita per mano di quegli infami impastati di ferocia.“
L’italiano non dette tregua ai nemici e dal bacino del
Bahr al-Ghazal passò in quello del
Bahr al-Arab per entrare nel
Darfur per un itinerario che ho trovato impegnativo anche in tempi recenti e che all’ epoca costituiva un’esplorazione in territori ignoti, dove ebbe la notizia della morte di un figlio dopo gli altri già scomparsi. La tenacia ebbe il sopravvento sul dolore e continuò la marcia per ricongiungersi a
Gordon che per organizzare l’accerchiamento delle armate negriere assieme all’ altro
ufficiale italiano Giacomo
Messadaglia ch con i contingenti governativi giunti da Khartoum.
A Kalaka Gessi trovò solo i soldati dell’ avamposto e attese invano per quattro giorni le truppe che dovevano arrivare dal nord, ma non voleva farsi sfuggire Sulamain e decise di attaccarlo, marciò a tappe forzate per tre giorni sotto la pioggia torrenziale con l’esiguo contingente che doveva affrontare i duemila armati del nemico. Con solo duecentosettantacinque uomini esausti giunse all’accampamento di Sulamain e gli intimò la resa in cinque minuti, la sorpresa sconcertò il negriero che si arrese e finalmente l’ italiano mise fine al suo dominio schiavista facendolo fucilare due giorni dopo con altri nove capi, nel frattempo i compatrioti
Messedaglia e Francesco
Emiliani avevano sbaragliato la feccia negriera di Mohammad Harun nel Gebel
Marra e la piaga dello schiavismo fu estirpata.
Romolo
Gessi fu nominato governatore della provincia liberata con l’alto titolo di
pasha, orgoglioso dall’ essere definito in Europa
Garibaldi dell’Africa, si dedicò subito alla riorganizzazione del territorio e ai rilevamenti per tracciare le mappe delle zone che aveva esplorato, ma nel frattempo da una congiura ordita da Aḥmad
Orābī il Khedivè
Isma’il era stato spodestato e sostituito dal
figlio Muḥammad
Tewfik che rimosse dalle cariche il generale
Gordon Pasha e il governatore Romolo
Gessi.
Prima di abbandonare la regione e tornare a Khartum, desiderava completare i rilevamenti topografici e chiese all’
Associazione Africanista Italiana di inviare un ufficiale esperto, ma appena arrivato il
capitano e topografo Gaetano
Casati si ammalò ritardando il rientro a Khartum e nel settembre del 1880 seicento tra soldati, uomini, donne e bambini si imbarcarono su un battello, tre chiatte e varie barche, ma la stagione sfavorevole e gli enormi banchi di vegetazione sul fiume trasformarono la navigazione in un disastro che decimò la spedizione per gli stenti, la fame e le malattie.
Stremato dalla malaria trovò la forza per continuare e sostenere i sopravvissuti, fino a quando non giunsero i soccorsi dell’esploratore austriaco Ernst
Marno a quattro mesi dalla partenza, che lo trovò moribondo con soli centosettanta superstiti. A Khartum chiese di tornare in Italia e fu trasportato da una carovana attraverso il deserto sudanese fino alla costa del Mar Rosso, da dove continuò in battello a Suez per essere rimpatriato, ma si spense il 30 aprile del 1881.
Due anni dopo il vecchio compagno
Gordon cadde con la sciabola in pugno nella difesa di
Khartum dal fanatico esercito del
mahadi Muhammar
Ahmad con la rivolta
mahdiyya. Così quella
guerra islamica realizzava il progetto del negriero Sulamain che il
Garibaldi d’Africa aveva sbaragliato divenendo una leggenda tra i villaggi dalla
Nubia al profondo
Sudan fino alla regione
Grandi Laghi tra
Congo orientale e l’
Uganda e per tutta la
Via del Nilo, dove ancora qualche anziano racconta le gesta di colui che spezzò le catene degli antenati sottomessi come un antico eroe mitico.
Estratto da Paolo del Papa:
©Viaggiatori ed esploratori. Vol. Africa:Esploratori Italiani.Romolo Gessi.
©Romolo Gessi. Il Garbaldi d’Africa. Ed.Touring, Milano,1999
©Atti convegno
Altri Risorgimenti, Ravenna 1999
Photo gallery:
Africa sud est
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