Tra le tombe ordinate del piccolo cimitero di Pirbright nella campagna inglese, una lapide dalla granitica imponenza recita
Henry Morton Stanley-Bula Matari-1841-1904, Africa, così era chiamato uno dei più grandi esploratori del Continente,
Stanley “colui-che-spezza-le rocce”
Bula Matari, la cui vita è stata una lunga affascinante avventura che si apre alla storia e alla leggenda come un indimenticabile romanzo.
James Rowlands nacque in Galles nel gennaio 1841 quando Livingstone cominciava le sue esplorazioni, crescendo tra la misera casa della madre e l’orfanotrofio. Come tanti a diciotto emigrò in America dove fu adottato a New Orleans dal commerciante Henry Norton Stanley. Tornato un povero immigrato nullatenente alla morte del padre adottivo combattè valorosamente nella Guerra di Secessione iniziando una vita avventurosa che doveva portarlo alla celebrità.
Durante un viaggio in Siria fu catturato dai Turchi e imprigionato a Costantinopoli che descrisse assieme ai racconti della sua avventura pubblicati quando tornò negli Stati Uniti, rivelando notevoli capacità giornalistiche e da quel momento iniziò la sua brillante carriera di cronista. A New York divenne inviato speciale del
New York Herald in Etiopia dove il Negus
Teodoro regnava da tiranno xenofobo irritando l’ Inghilterra che vi inviò una spedizione militare guidata da lord
Napier e il sovrano si suicidò disonorato dalla sconfitta. Il successivo incarico lo inviò in Spagna a seguire la rivolta carlista e rivelò una grande disposizione ad apprendere idiomi stranieri, imparando l’arabo, il swahili e molti dialetti tribali africani, l’ editore
Bennett gli propose corrispondenze in oriente e fu in Egitto per l’inaugurazione del canale di
Suez, poi a Gerusalemme, Costantinopoli, in Crimea e sul Caspio, quindi a Bagadad, in
Persia ed infine in
India.
La ricerca di Livingstone
L’incarico più importante doveva essere in
Africa per raccontare la scomparsa di David
Livingstone e la sua ricerca nelle profondità del Continente Nero. Dall’India Stanley si imbarcò ed assunse William Lawrence per la spedizione, giunsero a
Zanzibar nel gennaio del 1871 cercando informazioni dai mercanti arabi e loschi negrieri sulla sorte dell’
esploratore scozzese, in realtà nè scomparso nè travolto da misteriosi eventi, tantomeno ucciso come si credeva, aveva esplorato per quattro anni l’interno dell’Africa centro meridionale e raggiunto da poco il vilaggio di
Ujiji sul lago
Tanganika esausto e malato per riposarsi.
Intanto Stanley non aveva ricevuto più fondi da Bennet e ne ottenne dal console statunitense Webb per organizzare la spedizione con tre bianchi, centociquantatrè portatori
pagazi e una trentina di uomini armati della tribù
Uanguana, ventisette somari e tre cavalli. Il cinque febbraio del 1871 sbarcò a
Bagamoyo per partire in cinque colonne attraverso la savana verso il lago Tanganika all’inizio delle piogge, gli acquitrini malsani e i fiumi fangosi di
Ungherengheri,
Kingami,
Macata,
Mucondocua e
Rudeva resero l’avanzata lenta e faticosa, mentre le febbri assalivano gli uomini, le scorte diminuirono, cominciarono i decessi di malaria e vaiolo. Dal territorio degli
Wagogo, sottoposti a continua minaccia di aggressioni, raggiunsero la più salubre zona dei monti e l’altipiano che immette nella regione dello
Uyanzi.
Prese la via che passava per l’ignota zona di
Kiti verso la regione di
Unyamyembé e il misterioso
Paese della Luna di cui parlavano i nativi
Nyamwezi e i portatori
pagazi. La carovana cominciò ad attraversare il territorio inesplorato, superando l’altipiano entrò nel misterioso
Paese della Luna abitato da popoli dagli strani culti e tribù dedite alla razzia per il commercio con i negrieri arabi, ma nessuno sapeva fornire notizie di Livingstone. Giunti nella zona del
Gombe si scatenò una nuova rivolta per sopprimere Stanley il cui coraggio e risolutezza riuscì a domare, una personalità che poi divenne leggendaria tra gli indigeni.
La carovana continuò tra gli stenti attraversando gole, paludi e fiumi malsani, nel terrore dei leoni e i grandi predatori, quasi tutti gli animali erano schiantati durante il viaggio, due dei compagni bianchi morirono, il resto degli uomini esausto, ma all’inizio di novembre incrociarono indigeni
Waguha del Tanganika e Stanley seppe finalmente che nel loro villaggio di Ujiji era arrivato da poco un bianco.
Attraversò le zone di
Uvinza,
Ucauendi e
Uha verso il grande lago avvistato, poco dopo la carovana fu accolta nel villaggio il cui capo condusse Stanley dal
Cercatore di Fiumi bianco che vi era arrivato sfinito dopo quattro anni di esplorazionI. L’
incontro entrò nella leggenda, consegnando alla storia la celebre domanda “
Dr.Livingston I presume” e il “
yes” di risposta dello scozzese mentre sollevava educatamente il cappello. A londra ne 1872 pubbicò il resoconto del viaggio e le avventure in “
How I found Livingstone. Travels, adventures and discoveries in Central Africa; including four months’ residence with Dr. Livingstone” che ebbe un grande sucesso consacrandolo grande esploratore e abile scrittore che sapeva appassionare il pubblico.Stanley seguì poi come inviato del
New York Herald la campagna britannica contro il regno
Ashanti in Ghana nel 1874, al ritorno ebbe notizia della morte di
Livingstone e partecipò agli onori funebri nella cattedrale di Westminster.
Il Congo svelato
“
Il grande mistero che per tutti questi secoli la natura ha tenuto nascosto al mondo della scienza, aspettava di essere scoperto. Ora davanti a me scorreva il superbo fiume Il mio compito era seguirlo sino all’oceano.”
Intraprese poi una spedizione nel cuore dell’ Africa centrale finanziata dal
Daily Telegraph e altre testate inglesi, il
New York Herald e le pubblicazioni dell’impero editoriale di
Bennett. Progettò il battello smontabile
Lady Alice, caricato di armi, materiale ed equipaggiamenti, attrezzature scientifiche e gran quantità di stoffe e chincaglierie per gli indigeni. Come assistenti scelse i fratelli Pokok e Frederik Barker, mentre giungevano migliaia di richieste per partecipare, lettere prodighe di consigli e una gran quantità di oggetti di ogni tipo da portare nella spedizione.
A
Zanzibar giunse il ventuno settembre scaricando tonnellate di materiale e ingaggiò i partecipanti alla precedente spedizione assumendone altri trecentocinquantasei, la partenza dei cinque
down arabi stracarichi fu ricordata come la più imponente e pittoresca del secolo con portatori, armati, tipi con donne al seguito, noti tagliagole e strani personaggi, sbarcando a
Bagamoyo per inoltrarsi nelle savane. Per due mesi seguì la via della prima spedizione per arrivare a
Mpwapwa, il mese seguente era a
Mukondoko e poco dopo a
Unyanyembe, transito dei negrieri e delle spedizioni verso i
Grandi laghi. Attraversando l’inesplorato
Ukimbu cominciarono infezioni e febbri che uccisero uno dei due fratelli Pocock, l’assistente Gardner e una ventina di uomini, altri furono colpiti da malaria e dissenteria e ottantanove lasciarono la carovana.
Proseguendo nei territori tribali inaugurò il sistema bellicoso che lo rese celebre per tutto il viaggio, ingaggiando scontri con le tribù che l’ ostacolavano fino a
Kagehyi sul lago
Nyanza battezzato
Vittoria da John
Speke con la consueta “fantasia”britannica. Il giorno dopo l’ arrivo Stanley datò ventotto febbraio i primi pezzi per le testate che lo avevano finanziato, annotando i doni inviati al sovrano dell’
Uchambi per il permesso di navigare nel gran lago, temuto dagli indigeni che lo consideravano magico. Fece montare il battello
Lady Alice e partì l’otto marzo con dieci uomini impauriti, in pochi giorni esplorò la grande insenatura scoperta da Speke anni prima il fiume
Ruana che vi si immette incorociò le isole
Ukerewe tra coccodrilli e ippopotami, navigò lungo la costa orientale a
Maheta il
Lady Alice venne attaccato così come nei pressi dell’ isola di
Ngewi.
Gli indigeni incontrati incrociando l’isola di
Usuguru si mostrarono più pacifici, poco dopo dovette far ricorso alle armi contro i
Wavuma, ma proseguendo cercò sempre di instaurare buoni rapporti con i villaggi che incrociava lungo la costa. Finalmente il ventinove arrivò al canale che origina il Nilo dal lago e alle cascate Ripon, nel territorio
Buganda del sovrano
Kabaka Metse che tredici anni prima aveva accolto la spedizione di Speke, la cui descrizione di crudele tiranno aveva avvolto di una sinistra fama
. Il sovrano gli rivelò di essere interessato al cristianesimo e alla sua diffusione nel Buganda del quale spiegò l’ organizzazione e le condizioni del suo popolo, rivelandosi un personaggio di capacità e fascino di cui Stanley parlò con dovizia di particolari e ammirazione.
Il re gli presentò il colonnello francese de Bellefond, inviato dal generale
Gordon dalla lontana Karthum per esplorare la regione e il quidici aprile partirono assieme per
Usavara, Stanley consegnò all’ufficiale i suoi articoli da far pervenire agli editori e la relazione sul regno di Buganda. Accompagnato dal dignitario bugandese Magassa e alcuni indigeni nel territorio del regno, Stanley ripartì il diciassette per esplorare la costa nord occidentale del lago scoprendo l’isola
Sessé e il fiume
Katonga, il ventuno raggiunse il
Kagera e si convinse che era il vero corso da cui il Nilo esce dal lago Vittoria, il giorno seguente entrò nel territorio
Uzongora e sbarcò a
Makongo, ma fu scacciato dai guerrieri armati, la navigazione proseguì fino al cinque maggio e, dopo quasi due mesi di esplorazione,il
Lady Alice tornò al campo di
Kagehyi atteso dal resto della spedizione.
Nel frattempo Barker e cinque uomini erano morti di febbri che colpirono anche Stanley, ristabilitosi prese la traversata del
Vittoria per raggiungere il lago
Alberto tra ostacoli e avventure, all’ isola di
Bumburi si vendicò dei guerrieri che lo avevano ostacolato sparando sulle loro canoe e confermando la sua fama guerriera tra gli indigeni. Il venti agosto giunse a
Makindo accolto dal
kabaka Mtsa in guerra con la tribù dei
Wavuma, così Stanley progettò un battello corazzato con centocinquanta uomini armati terrorizzando i nemici al
Buganda. Partì per il
Tanganika attraverso la regione di
Karagwe e seguì il fiume
Kagera, poi individuato come il tratto iniziale del Nilo dal lago Vittoria, alla fine di marzo la proseguì per lo
Uhimba e lo spartiacque tra il Vittoria e il Tanganika.
Entrato nel territorio
Nyamwesi del sovrano
Mirambo ne fu ospite e continuò nel territorio del
Masumbwa dominato dal re Myonga che nel 1864 aveva taglieggiato la spedizione di
Grant e al quale Stanley rifiutò di pagare l’alto pedaggio richiesto nell’alternativa d’accettare dandogli un paio di pezze di stoffa o far ricorso alle armi e così avvenne per l’ esosità dei pedaggi nei vari territori tribali nel resto del lungo tratto successivo. Il ventisette maggio raggiunse
Ujiji sul lago
Tanganika, dove cinque anni prima era avvenuto lo storico
incontro con lo scomparso
Livingstone, diventato un centro di mercanti arabi governato dal negriero Muini Kheri.
Con undici uomini partì l’undici giugno e seguì l’itinerario compiuto con Livingstone, a Urimba sventò la minaccia dei predoni
Rugaruga regalando chincaglieria, poi proseguì attraverso la baia di
Kirando per il monte
Kalawra a picco sul lago. Annotò che il quattro luglio aveva raggiunto il punto più a sud del Tanganika da cui iniziò a costeggiarlo risalendo a nord per segnare tutti i fiumi immissari fino alla foce del
Lukuga scoperto da Livingstone e che ritenne il fiume che collegava il Tanganika al bacino del
Lualaba dove riversava le acque eccedenti. Seguì la costa settentrionale fino al
Rubumba e tornò ad Ujiji il trentuno luglio, nel frattempo il vaiolo aveva mietuto vittime tra gli abitanti e ucciso una diecina di uomini, Stanley affrettò la partenza ma venne colpito anche lui e Ujiji fu lasciata solo il venticinque agosto attraversando il Tanganika per entrare nel bacino del
Lualaba in Ruanda.
Passando per
Ka-Bambarrè dove aveva sostato Livingstone, il diciassette ottobre raggiunse il fiume Lualaba seguendolo per dieci giorni con una cinquantina di volontari fino al centro
Nyangwe, progettò la discesa del fiume fino alla foce nell’ Atlantico e incontrò il celebre mercante e trafficante Mohammed bin Said el Murgeb noto
Tippu Tip gran organizzatore di carovane, al quale prospettò la spedizione sul misterioso Lualaba dove nessuno aveva osato avventurarsi. Soprannominato
Tippu Tip per i sui tic nervosi, il trafficante di schiavi e avorio era uno di quei sinistri personaggi che dominavano l’Africa orientale con piccole armate dedite alla razzia e al trasporto di schiavi su piste aperte in territori ignoti ai bianchi. Protagonista di quella la tratta
araba islamica che a quei tempi raggiunse enormi proporzioni con migliaia di neri razziati che transitavano a
Zanzibar.
Come per le
vie degli schiavi in Africa occidentale oltre che razziare direttamente i trafficanti li acquistavano dai reami locali dell’ interno arricchendosi enormemente, personaggi come l’
esploratore italiano Romolo
Gessi li combattevano, altri se ne servivano interessati solo alle loro imprese. Stipularono un contratto e il ventiquattro ottobre del 1876 partì una carovana di ottocentocinquaquattro uomini per una delle più grandi spedizioni africane del secolo. La prima tappa fu l’avamposto dei trafficanti a
Nawangwé sul Lualaba, mentre la carovana continuava nella foresta, il ventuno novembre Stanley montò il
Lady Alice per discendere il fiume con trentasei uomini, bersagliato di frecce e lance dalle tribùà ostili durante tutto il mese di navigazione.
Sempre seguendo le sue annotazioni, nei pressi del villaggio
Vinya Njara il diciotto dicembre si accampò e per tre giorni fu attaccato continuamente fino all’ arrivo delle avanguardie di Tippu Tip con le quali prese trentasei piroghe per continuare la discesa del fiume in forze. Il venticinque dicembre
Tippu Tip e i suoi uomini lasciarono la spedizione prima della scadenza e
Stanley iniziò la navigazione sul Lualaba con il
Lady Alice e le piroghe catturate.
Dopo poco cominciarono gli attacchi respinti a fucilate e tutto il gennaio del 1877 fu impegnato a superare faticosamente le sette cataratte di
Boyoma che poi presero il suo nome
Stanley Falls, dai rilevamenti idrografici fu certo di non essere entrato nel Nilo ma nel
Congo, confermato da un capo locale che gli disse essere sul “Grande Fiume”
Ikutu Ya Kongo. Osservò che il corso verso nord con un’ampia ansa cambiava a ovest e si allargava nella foresta rendendo molto più spedita la navigazione, entrando in un territorio inesplorato popolato da tribù bellicose e Stanley si aprì la via a fucilate, contrassegnando ormai la spedizione in un continuo conflitto con le tribù ostili, in un’ allucinante atmosfera che l’ abilità narrativa di Stanley riuscì poi a descrivere.
Egli continuò le sue annotazioni geografiche su tutti gli affluenti incontrati durante la navigazione e sul grandioso ambiente della foresta, finalmente la spedizione penetrò un territorio con tribù meno bellicose e l’esplorazione fu più tranquilla per descrivere i grandi affluenti
Ibari e
Ikelemba di sinistra e
Mpaka e
Lawson di destra, quello successivo fu battezzato con il nome dell’editore Bennet. Da qui il Congo si apre come un immenso stagno a
Malebo battezzato
Stanley Pool, poi precipita nel fragore di una cascata chiamata
Livingstone Falls, insinuandosi in gole, rapide e cascate che resero la navigazione penosa e il fiume insidioso ingoiò tre piroghe con i loro equipaggi, costringendo a un lento proseguimento a piedi trascinando le imbarcazioni per un mese.
Il gruppo si divise, una parte guidata da Pocock per attraversare la jungla attorno alle cascate con l’equipaggiamento e l’ altra da Stanley che seguì il corso del fiume tirando le piroghe, per riprendere la navigazione con due nuove barche battezzate
Stanley e Livingstone. Rapide e cascate continuavano implacabili e anche il
Lady Alice si schiantò sulle rocce, fu riparato alla meglio e alla fine di maggio la spedizione raggiunse il villaggio di
Mowa, poco dopo la piroga con Pocock infermo e dieci uomini venne inghiottita dalla cascata di
Massassa.
Ancora un mese di stenti sul fiume sempre più insidioso e alla fine di luglio Stanley decise di lasciarlo e proseguire nella foresta in una marcia forzata fino al villaggio di
Nsanda arrivando il quattro agosto, il capo locale concesse delle guide per accompagnare tre uomini all’avamposto di
Embomma a sei giorni di marcia verso la costa atlantica e chiedere soccorsi recando una lettera per “
chiunque parli inglese ad Embomma“, firmata da
“colui che trovò Livingstone nel 1871“.
Decise di andare incontro ai soccorsi che trovò tre giorni dopo inviati dai quattro europei residenti Vega, Harrison, Hatton e Cookson e il nove agosto arrivò ad
Embomma Boma, dopo tre anni dalla partenza della spedizione che aveva attraversato l’intera Africa equatoriale. Due giorni dopo ciò che rimaneva della grande carovana si imbarcò sul battello
Cabinda e il dodici agosto del 1877
Stanley arrivò sulla costa atlantica terminando una delle più impensabili ed avventurose imprese del secolo in Africa. Dopo una lunga sosta per ristabirsi Stanley e i suoi uomini si imbarcarono sul vapore
Industry per Zanzibar proseguendo per Aden e rimpatriò dalla straordinaria avventura durata oltre tre anni attraverso il cuore dell’ Africa e il misterioso Congo, lasciandovi i tre compagni bianchi e centosettantatrè uomini.
Al ritorno in Europa nel gennaio del 1878, a Marsiglia Stanley fu incontrato dagli inviati del re
Leopoldo II del Belgio che nel settembre del 1876 aveva fondato l’
Association internationale africaine con l’adesione dei principali stati europei per “civilizzare il continente” che si stava esplorando e gli emissari gli proposero di guidare una spedizione per fondare centri belgi sul Congo. Egli pensò di lanciare l’ idea alla Gran Bretagna, ma non trovò riscontro così decise di accettare l’offerta e porre le basi per la sanguinaria e devastante
colonizzazione belga.
Nel gennaio del 1879 partì per Zanzibar dove organizzò la spedizione e reclutò i veterani della precedente imbarcandosi per la foce del Congo sull’Atlantico e si avventurò nell’interno per duecento chilometri fino a novembre. Impiegò due mesi per costruire l’avamposto di
Vivi e fece aprire una pista per aggirare le cascate della zona, poi penetrò nella foresta lungo il fiume per un anno e mezzo creando le stazioni di
Isanghila e
Maniaga, nel luglio del 1881 raggiunse lo
Stanley Pool.
Nel frattempo la Francia aveva organizzato la spedizione guidata dall’italiano Pietro Savorgan di
Brazzà per fondare le sue stazioni sul fiume e il sette novembre del 1880 tra
Vivi e
Isanghila i due esploratori si incontrarono senza ostentare entusiasmo nè stima reciproca e gli incontri successivi confermarono la rivalità. Stanley aveva assolto la sua missione completando l’esplorazione del Congo e creando decine di stazioni in gran parte sulla riva sinistra, mentre
Brazzà stava assicurando ampie zone della destra alla Francia, il generale Charles George
Gordon fu nominato suo aiutante, ma poi si trasferì a
Khartum per governare il
Sudan e combattere i negrieri con Romolo
Gessi, fu sostituito dal colonnello Francis de
Winton a cui Stanley lasciò l’incarico per tornare in patria.
Il ventisei febbraio del 1885 fu una data fatidica per l’ Africa e il suo destino nella
Conferenza di Berlino ove le potenze europee si
spartirono il continente e il Congo fu diviso tra il Portogallo, che si assicurò l’Angola e la Guinea a nord della foce del fiume, la Francia che reclamò i territori esplorati da Brazzà e quel
criminale regale che fu
Leopoldo ne fece lo
Stato Libero del Congo come dominio personale, costringendo in condizioni indicibili con le
atrocità della crudele
Force publique , criminali assassini locali diretta da ufficiali belgi che terrorizzavano la popolazione arrivando a un vero
genocidio, per la prima volta
denunciato all’ ignominia della storia dalle
foto drammatiche di Alice
Harris.
Non è dato sapere se
Stanley avesse previsto tutto ciò nelle sue esplorazioni sapendo che erano uno dei fondamenti per quella criminale
colonia, ma è certo che le avventure di
Bula Matari in
Congo hanno un indubbio fascino anche
tenebroso che ispirarono il grande Joseph
Conrad per il suo capolavoro
Heart of Darkness, quel
Cuore di Tenebra che ho riletto prima e dopo dei miei viaggi seguendo i suoi itinerari.
Cercando Emin Pasha
Nella provincia di
Equatoria governata dal generale
Gordon ove Romolo
Gessi aveva sbaragliato il dominio dei negrieri, scoppiò la
guerra islamica
jihad mahdiyya guidata dal
mahadi Muhammar
Ahmad che, dopo aver conquistata
Khartum difesa eroicamente da
Gordon, nel 1885 aveva preso il potere in Sudan e proclamato la legge coranica
Sharia. Il governatore
Emin pasha e l’ ufficiale italiano Emilio
Casati erano riusciti a respingere gli attacchi delle orde islamiche del
Mahadi e a resistere a lungo isolati, ma con ampia possibilità di ritirata. In quel periodo in cui sembrava che i misteri africani fossero stati tutti svelati e il pubblico cominciava a non interessarsene più, la stampa creò un nuovo mito per un’altra impresa che riaccese la passione del grande pubblico, la liberazione di
Emin Pasha.
A Londra si creò un’associazione per il soccorso al governatore di Equatoria che raccolse imponenti fondi per una
spedizione e il presidente del comitato Sir Mackinnon la propose a Stanley che tornò dagli Stati Uniti in Inghilterra alla fine di dicembre del 1886 e un mese dopo era a
Zanzibar per reclutare gli uomini per la sua ultima impresa. La spedizione contava nove ufficiali bianchi, tredici somali, sessantuno sudanesi e seicentoventi neri di Zanzibar, pensò di reclutare anche tre interpreti per non creare una babele liguistica e ritrovò il vecchio trafficante arabo
Tippu Tib che aggiunse altri quattrocento dei suoi uomini all’imponente spedizione imbarcata sulla nave
Madura per la foce del Congo raggiunta il diciotto marzo 1886.
L’armata venne divisa in due con Stanley all’avanguardia e in due mesi penetrò nell’interno in
Uganda senza più dare notizie, a novembre si seppe aver raggiunto il territorio di
Ibuiri e
Ford Bodo dopo una traversata nella foresta che aveva sfiancato gli uomini sfiniti e affamati che cominciarono a disertare, finalmente si aprirono le savane e a dicembre giunse sul lago
Alberto. Per oltre quattro mesi si cercarono notizie di inutilmente, poi alla fine di aprile del 1888 arrivò un messaggio e la spedizione fu raggiunta da
Emin Pasha e Gaetano
Casati con una piccola armata di 1390 soldati e centinaia di irregolari, senza alcuna intenzione di essere salvato e tornare in Europa. L’indecisione di
Emin Pasha durò un anno e nel frattempo Stanley esplorò la regione, ma le orde islamiche del
Mahadi erano riuscite a penetrare
Equatoria e cominciarono gli scontri, mentre ancora la seconda parte della spedizione ancora non era arrivata e Stanley andò a cercarla verso il lago Alberto.
Al ritorno trovò gli ufficiali egiziani ammutinati che avevano imprigionato Emin, ristabilì la situazione e finalmente il
pasha decise di lasciare la regione con un migliaio di uomini verso la costa dell’Oceano Indiano nell’aprile del 1889, mentre Stanley malato esplorò il massiccio del
Ruwenzori, a novembre raggiunse Mpuapua nel
Tanganika dell’ Africa orientale
tedesca e il quattro dicembre la costa a
Bagamoyo. Emin rimase seriamente infortunato, ma il singolare personaggio terminò la sua vita avventurosa organizzando una spedizione tedesca nella regione che lo aveva visto tenace nemico dello schiavismo e venne ucciso in agguato da negrieri arabi nel 1892.
Stanley raggiunse Zanzibar da dove proseguì per l’otto gennaio del 1890, fu onorato al Cairo dal Kedivhé e poco dopo era di nuovo in Gran Bretagna celebrato come un grande eroe. Pubblicò
In Darkest Africa l’ avventuroso racconto della sua ultima spedizione che ebbe un eccezionale successo internazionale poi sposò nella cattedrale di Westminster la pittrice Dorothy Tennant, cinque anni prima aveva ripreso la cittadinanza britannica e fu eletto deputato liberale passando dieci anni a Londra per scrivere i suoi libri pubblicati in tutto il mondo che lo consacrarono il più celebre esploratore del secolo.
Si ritirò in campagna a Pirbright con la moglie e si spense nel 1904, non fu sepolto a Westminster assieme ai grandi d’ Inghilterra, ma in un cimitero di paese che ostenta il suo sepolcro dalla grande lapida incisa
Bula Matari Africa.
Estratto da: ©Paolo del Papa
Viaggiatori ed esploratori. Vol. Africa:Congo ©
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