Viaggiatori e geografi arabi
In quella che si definisce Epoca d’ oro islamica della dinastia degli Abbasidi fino alla devastante conquista mongola della loro capitale Baghdad e gran parte del califfato a metà del XIII secolo, vi fu un fiorire di scienziati e studiosi, storici e grandi geografi, in parte anch’ essi da annoverare tra i viaggiatori arabi medioevali.
Come ho fatto per altri protagonisti di viaggi ed esplorazioni in tutti i continenti e sulle Vie della Storia, ho cercato di seguire i loro itinerari, se la summa dei grandi viaggiatori europei medioevali è Marco Polo, di quelli arabi è Ibn Battuta, ma ve ne sono altri che si sono avventurati in terre poco note e per primi le hanno descritte lasciando trattati geografici, cronache e frammenti di testi che hanno contribuito alla conoscenza del mondo.
Dār al-Islām e Dār al-ḥarb
Irakeno di origine yemenita nato nell’ 837 era il geografo e filologo Abū Bakr Muḥammad ibn al-Ḥasan Ibn Durayd al quale si deve la “Raccolta del linguaggio” amharat al-lugha e un trattato di nomenclatura Kitāb al-Ishtiqāq ricercando la genealogia delle tribù arabe, fu maestro del persiano Abu I-Faraj al-Iṣfahānī che fu autore del “Libro dei Cant” Kitab al-Aghānī e lo storico al-Mas’udi.
Abu al-Hasan al-Mas’udi del X secolo che ha lasciato il suo “Osservazione e le cose celebri” al-Tanbīh wa l-ashrāf e altri testi storici raccontando il mondo del Dar al-Islām laddove i popoli seguivano la fede e il governo nei principi islamici, dall’ Al-Andalus della Spagna moresca all’ Asia occidentale, e il resto dei paesi conosciuti Dar al-ḥarb, gli infedeli che tali principi non seguivano dall’ Europa cristiana e i territori della Russia all’ ancora pagana India e il remoto Cathay cinese.
Nello stesso X secolo il geografo palestinese Al-Muqaddasi, dopo aver a lungo viaggiato redasse il corposo “La migliore divisione per la conoscenza delle regioni” Aḥsan al-taqāsīm fī maʿrifat al-aqālīm .Ne rimangono attente descrizioni della Palestina medioevale all’ epoca l’ al-Arḍ al-Muqaddasa dominio degli Omayyadi e ambita meta dei pellegrinaggi nella Terrasanta cristiana, ove afferma che a Gerusalemme venne edificata la Cupola della Roccia Qubbat al-Ṣakhra a competere per splendore con tutti gli altri luoghi sacri. Il testo si dilunga anche sulla Sicilia islamica Ṣiqilliyya, la popolazione, centri e città dalla raffinata architettura e dlla capitale Palermo.
Contemporaneo è l’ altro storico yemenita Abu Muhammad al-Hasan al-Hamdani che redasse la “Geografia della penisola araba” Ṣifat Jazīrat al-ʿArab sull’ antica Arabia quelli che furono i regni dell’ Arabia Felix prosperati sulla Via dell’ incenso tra l’ antica Giordania, l’ immenso deserto Rub’ al-Khali, lo Yemen , l’ omanita Dhofar e i costieri Emirati
Ibn Khordadhbeh. L‘ informatore
Nell’ antica Persia a duecento anni dalla conquista islamica, Abū l-Qāsim ʿUbayd Allāh Ibn Khordadhbeh nacque all’ inizio del secolo nono in Mazandaran Ṭabaristān del persiano Khorasan, della quale il padre era governatore wali per il settimo califfo Abbaside Abū Jaʿfar al-Ma’mun. Fu giovane seguace della fede zoroastriana prima di convertirsi a quella islamica, suddito della dinastia al-Baramika che governava le lontane terre asiatiche del califfato Abbaside, come ci racconta il grande storico Ibn Khaldun.
Nella raffinata, cosmopolita ed eclettica tradizione culturale generata dal quinto grande califfo Hārū al-Rashīd, fu presto erudito di letteratura, diritto, scienze e geografia, nominato capo delle informazioni Ṣāhib al-barīd wa l-khaba nell’antica satrapia Media della settentrionale provincia persiana Jibāl, fu poi a Samarra e la grande capitale Baghdad e a lui convergevano le informazioni da tutte le province.
Non fu grande viaggiatore, piuttosto capace di attingere a tutto ciò che era andato conoscendo nella sua carriera di funzionario e ne trasse attento e preciso resoconto redigendo il “Libro delle strade e dei reami” Kitab al-masālik wa al-mamālik nell’ 870 ove descrisse ogni luogo e popolazione dell’ immenso territorio del califfato abbaside, prima di terminare i suoi circa novant’ anni d’ una lunga vita dedicata a sapere tutto ciò ch’era dato di raccontare.
Aḥmad ibn Faḍlān. Nella Russia Variaga
Il persiano Ahmad ibn al-ʿAbbās ben Rāshid ben Ḥammād noto alle cronache come Ahmad ibn Faḍlān nacque nell’ 877 e fu al servizio del califfo abbasside al-Muqtadir di Baghdad, nel 921 fu incaricato d’ambasceria per il bulgaro emiro Almış che regnava sull’ Idel Bolğaristan del Volga nei territori della Russia in conflitto con gli ebrei Cazari.
Partì da Baghdad attraverso la Persia per la città di Bukhara capitale della dinastia Samanide nell’ islamizzata Transoxiana e la provincia di Khwarezm oltre il grande lago d’ Aral, giungendo poi alla Terra dei Lupi di Gorgan nel territorio dell’ Iran settentrionale all’arrivo del rigido inverno. Ne attese il trascorrere prima di proseguire per il Bolğaristan del Volga che s’estendeva nel grande distretto Volga Privolžskij, ove ne ho seguito la via assieme alle altre dei primi viaggiatori in quelle regioni della Russia.
Passando per Samara Kujbyšev, giunse alla capitale Bolghar nel maggio 922 per proporre al sovrano Almis un’alleanza con il califfato contro i nemici Cazari di fede giudiaca, ma nella comunità islamica del Volga non riuscì a reperire i denari necessari per la creazione delle scuole coraniche madhhab d’orientamento sunnita shafi’ta del califfato in sostituzione di quelle hanafiyya già presenti tra i musulmani della regione, così come era richiesto dalla missione per il nuovo corso abbaside.
Più che doti diplomatiche Ahmad ibn Faḍlān ne aveva di grande viaggiatore e, non preoccupandosi più di tanto del fallimento della sua missione, ripartì lungo il fiume Kama attraverso il territorio russo del Kraj di Perm’ ad ovest degli Urali ove annotò che la popolazione versava tributi al regno Idel Bolğaristan e commerciava con le tribu finniche dei Permiani tra i fiumi Sura e Mokša che a loro volta trafficavano con i popoli del Baltico.
Il manoscritto con la cronaca dei suoi viaggi è andato perduto, ne rimane una sintesi in Iran nella biblioteca di Mashhad, ove non si capisce se egli abbia proseguito l’ itinerario verso il Baltico nei territori frequentati dai Vikinghi o ne abbia trovate le comuità di Variaghi che all’ epoca s’erano insediate in quei territori e che andavano fondando quel regno che fu la Rus’ di Kiev unendosi agli slavi e culla della futura Russia.
Sta di fatto che è tra i primi a descriverne attentamente costumi e tradizioni, pur giudicando quel popolo nordico rozzo e selvaggio “Essi sono la più sporca di tutte le creature di Allah: essi non si purificano dopo aver evacuato o urinato o lavano se stessi quando sono in stato di impurità rituale dopo il coito e nemmeno si lavano le mani dopo i pasti“. Tuttavia fieri e possenti “Non ho mai visto un fisico più perfetto di loro, sono come le palme da datteri, sono biondi e rubicondi, e non indossano né tuniche né caftani“.
Ne descrive luoghi e usanze comprese le onoranze funebri dovute ai capi ove s’ immolavano volontariamente schiavi e terminavano nella spettacolare cremazione su una nave drakkar incendiata e lasciata alla deriva.”il capo morto è messo in una tomba provvisoria..per dieci giorni … si faceva una lunga festa in cui si beveva e si facevano orge di ogni tipo. Il corpo del defunto veniva riesumato il giorno della cremazione. Sulla sua pira venivano bruciati anche le sue schiave ed i suoi schiavi, gli animali, le offerte di cibo, le armi e la sua nave.”
Ciò che rimane della sua cronaca s’ aggiunge alla grande letteratura di viaggio medievale e sicuramente preciso e insostituibile documento su quel popolo nordico tanto temuto quanto poco noto all’epoca. Ripreso tre secoli dopo dal geografo arabo Yaqut al-Hamawī l-Rūmī a nel suo copioso trattato “L’ insieme delle contrade” Mu’jam al-buldān e romanzato nella moderna letteratura da Crichton come l’ arabo che s’ incontrò con i Vikinghi affrontando assieme i tremendi Mangiatori di Morte.
Al-Hamdānī. Lo storico dell’Arabia
Sotto il califfato abbaside nacque nell’ 893 Abū Muhammad al-Ḥasan ibn Aḥmad ibn Yaʿqūb al-Hamdānī in Yemen nella città di Sana’a, eclettico letterato, storico e scienziato estensore di trattati di grammatica e astronomia viaggiando per i territori dell’ antica Arabia Felix e il vicino oriente del vasto califfato. Redasse la monumentale opera “Corona” Iklīl in dieci volumi per raccontare i luoghi e la storia araba preislamica dell’ antica dinastia degli Himyar sabei che dominò l’ Arabia per oltre sei secoli controllando le Vie dell’ incenso.
Ripercorrendone gli itinerari ho ritrovato alcuni siti descritti nella “Geografia della penisola araba” Ṣifat Jazīrat al-ʿArab, tra i più completi trattati medievali sull’ antica Arabia. Dalla Giordania antica, con Petra dei Nabatei e la Jerash romana, lo Yemen Sabeo dall’ antica capitale Zafar e la residenza regale di Ma’rib, i costieri Emirati e l’ omanita Dhofar da dove nel deserto si trovano necropoli risalenti al III millennio
Ibrāhīm ibn Yaʿqūb. Il racconto dell’Europa
Come altri sapienti viaggiatori dell’ epoca anche l’ ebreo Abraham ben Jacov, noto come Ibrahim ibn Ya’qub
nacque nel 912 a Tortosa in quella fiorente Spagna moresca suddito del Khilāfat Qurṭuba di Cordoba e ne fu erudito giudeo arabo Yaʿqūb al-Isrāʾīlī aṭ-Ṭurṭūšī incaricato a viaggiare in alcuni paesi dell’Europa cristiana per relazionarne su luoghi, città e costumi.
Iniziò nel Regnum Teutoriconum dei Franchi carolingi in Germania attraverso il Palatinato visitando l’austera Worms, la città di Spira e la fiorente Magonza, procedendo ad est nei territori degli slavi Venedi Obroditi nell’ Holstein e il settentrionale Meclemburgo fino alla Rocca della capitale Mikelinburg, continuando in Slovacchia e la boema città di Praga, poi nel territorio della Polonia proseguì raggiungendo Cracovia.
Nei suoi rapporti è prodigo di notizie sulla geografia, i fatti e le genti di quei territori dell’ Europa medievale, in particolare i commerci che interessavano più di altro al califfato. Fu incaricato dal califfo di Cordoba Muḥammad Abd al-Rahman III di recarsi da Ottone I di Sassonia sovrano del Sacrum Imperium Romanum, che Ibrahim ibn Ya’qub afferma aver incontrato in Roma nell’ anno trecentocinquanta dall’ Hiǧrī mentre veniva stipulato Privilegium Othonis con il pontefice Giovanni XII nel febbraio 962.
Dell’ itinerario di questa missione non rimane menzione, probabilmente fece il viaggio più breve dalla Spagna moresca attraverso i territori franchi del Ducato di Borgogna e la Contea di Provenza proseguendo in Italia sulla via aurelia ligure e per la quella che poi divenne la Via Francigena toscana, scendendo per la Tuscia fino a Roma, mentre il secondo incontro con l’ imperatore Ottone I avvenne qualche ano dopo nella sua corte a Magdeburgo.
Cita il fiume S’ láwa probabilmente il Saale immissario dell’ Elba e la città Núb Ghrád quale Nienburg in Sassonia, le saline ebraiche di Halle, il fiume Mulde dáwá e la città di Búrdžín individuata in Wurzen raccontando che dopo l’ incontro si recò a Praga che chiama Brágha. Delle sue ampie relazioni non rimangono che frammenti ripresi dal geografo Abu ʿUbayd al-Bakri un secolo dopo nella redazione del capitolo dedicato all’Europa centrale e i territori slavi del suo monumentale “Libro dei regni e delle strade” Kitāb al-mamālik wa l-masālik.
Al Idrīsī. Il geografo alla corte normanna di Sicilia
Nella florida Spagna moresca Al-Andalus nacque da nobile famiglia Muhammad Al-Idrisi nel 1099, concludendo la sua sapiente ed avventurosa vita nella splendida corte del Regno siciliano normanno di Ruggero II a Palermo. Si erudì nell’eclettica sapienza araba scientifica medievale tra scienze e tecniche di medicina ed evoluta farmaceutica per l’ epoca, astronomia e lo studio della geografia, ma soprattutto fu grande viaggiatore. Il suo libro Kitāb al-Jami-li-Sifāt Ashtāt al-Nabatāt sull’ uso delle piante medicinali ebbe successo anche nel mondo cristiano come De Omnibus Herbis, di rigorosa osservazione scientifica così come tutte le sue opere geografiche prive di leggende e fantasie mirabilia tanto diffuse all’epoca.
Le attente osservazioni hanno sempre accompagnato i suoi viaggi fin dai primi in Marocco della dinastia Almoravide, da dove nella precedente epoca Omayyade iniziò l’invasione islamica della penisola iberica condotta da Ṭāriq ibn Ziyad agli inizi dell’ ottavo secolo fondando la Spagna moresca al Andalus ove era nato. Conobbe e racontò le province del’ Ifriqiya araba della Libia e la Tunisia con la vicina Algeria da dove gli Aghlabidi partirono nell’ 827 alla conquista della Ṣiqilliyya fondando l’ emirato di Sicilia, preso poi dai Normanni nel 1061.
Ancora giovanissimo era già nell’ antica Turchia e la terra dell’ Anatolia kurda, ma anche nell’ Europa cristiana con il suo spirito di attento osservatore e il talento di narratore. Dalla Spagna islamica viaggiò per tutta la cristiana penisola iberica tra i regni di Navarra, Castiglia e Lèon e il portoghese Portucalense descrivendone luoghi e genti, la francese Normandia, oltre la Manica in Inghilterra all’ epoca conquistata dai Normanni , attraverso l’ Europa centrale fino al regno che dominava in Ungheria.
Muhammad al-Idrisi visitò i paesi mediterranei traendone anche di essi attenta descrizione e della sua fama di scienziato viaggiatore s’ interessò l’ illuminato sovrano della Sicilia normanna Ruggero II che lo invitò alla sua cosmopolita e brillante corte normanna di Palermo nel 1138 incaricandolo alla redazione di una grande opera geografica che non s’era mai vista.
Vi doveva raccogliere e sistemare le osservazioni dei suoi viaggi e tutte le notizie certe su luoghi e popoli del mondo conosciuto, così Al-Idrisi divenne il primo grande geografo che ne descrisse le realtà impiegando quindici anni fino al 1154 per il suo “Il libro di piacevoli viaggi in terre lontane per chi si diletta di girare il mondo ” Kitāb nuzhat al-mushtāq fī ikhtirāq al-āfāg, più noto nel mondo islamico come Kitab Rugiār e in quello cristiano come il Libro di Ruggero. Il primo vero e grande trattato di geografia con descrizioni precise per l’ epoca, compresa un’ attenta descrizione delle terre italiche, corredate da rilevamenti scientifici, mappe e carte di tutto ciò ch’era dato di sapere del mondo conosciuto.
A completare l’ opera fece costruire la Tabula Rogeriana, nota anche come planisfero di Al-Idrisi in argento di quattro quintali che rappresentava quelli ch’ erano concepiti sette continenti segnandone tutti i luoghi, monti, pianure, fiumi, laghi vie di comunicazione, paesi e città, ma che poi l’ umana idiozia fece perdere giacchè venne fuso dopo esser stato saccheggiato nella rivolta contro Guglielmo I di Sicilia nel 1161.
A quel successore di Ruggero in quell’ anno aveva dedicato “Giardino di diletto e svago dell’anima” Rawd al-uns wa nuzhat an-nafs che andò anch’ essa perduta, redasse una terza opera a completamento delle altre ove estendeva il suo vasto mappamundi con settantatrè carte realizzando il più grande ed importante dell’ epoca che estese la conoscenza geografica e cartografia medioevale. Abd Allah Muhammad al-Idris al-Sabti si spense nel 1165 in quella Sicilia normanna che lo aveva accolto e di dove la sua opera si diffuse in tutto il mondo medioevale che cercava sapienza e conoscenza.
Al-Bakrī. Il dizionario dei luoghi conosciuti
Le cronache lo nominano ‘Abū ʿUbayd ʿAbd Allāh ibn ʿAbd al-ʿAzīz ibn Muḥammad Al-Bakri nato nel 1014 nella Spagna moresca dal reggente dell’ emirato mulūk al-ṭawāʾif di Huelva, s’erudì ed esercitò il sapere nella cosmopolita Cordoba, capitale del Khilāfat Qurtuba come molti letterati e scienziati d’ ogni fede.
Più che viaggiatore Al-Bakri fu attento studioso cominciando dalla letteratura profana e i testi islamici religiosi come gli ḥadīth per individuare nomi e luoghi ricorrenti compilandone una prima descrizione nel Mu῾giam mā ista῾‘giam. In gran parte perduta dell’ opera rimangono frammenti con descrizioni di province dell’ Ifriqiya nordafricana sorte dopo la conquista araba tra la Tunisia, il territorio settentrionale della Libia e la costiera Algeria, nonché la sudanese Nubia.
Continuò poi nella ricerca tra le relazioni geografiche, particolarmente di Ubayd Ibn Khordadhbeh, oltre a cronache di viaggiatori e racconti di mercanti, che s’ adoperò di verificare per la redazione d’ un grande “Dizionario di ciò che non si conosce dei nomi dei paesi e delle località” Muʿjam mā staʿjam min asmāʾ al-bilād wa l-mawādi con la classificazione alfabetica d’ una gran quantità di luoghi dell’ antica penisola araba, quella che fu l’ Arabia Felix e altri paesi dei califfati Abbasidi.
Una ricerca accurata continuata tra tutte le cronache di viaggiatori, assieme alle opere di geografi precedenti e contemporanei quali e Ibrahim ibn Ya’qub e Muhammad ibn Yūsuf al-Warrāq, alla corposa e celebre “Descrizione del mondo conosciuto, Le vie e i regni” al-Masalik wa ’l-mamalik. Sebbene molte sono perdute, tutte le sue opere hanno un attento metodo descrivendo ciascun paese per caratteri geografici, ambientali, climatici e culturali sottolineando costumi e tradizioni delle popolazioni che vi abitavano.
Così ci racconta il Maghreb degli Almoravidi e il resto nordafricano dei Fatimidi che aveva avuto modo di conoscere, da resoconti e cronache l’ Arabia, alcuni territori dell’ Asia occidentale, altri dell’Europa cristiana e le notizie avute sulll’ ignoto “Paese dei Nei” bilād as-sūdān oltre il Sahara ove era fiorito il Regno del Ghana Wagadou. Si spense nella sua Cordoba nel 1094 lasciando le sue descrizioni che ne fanno uno dei grandi geografi arabi così che s’ è pensato di onorarlo chiamando con il suo nome un cratere lunare, quando la geografia è andata oltre il nostro globo.
Ibn Jubayr. La Riḥla del Mediterraneo e il vicino oriente
Muḥammad ibn Aḥmad al-Kinānī Ibn Jubayr era nato nel 1145 anch’egli nella Spagna araba Al-Andalus suddito del Khilāfat Qurtuba, quando la città di Valencia era la florida Balansiy, teologo, letterato e giurista divenne giovane funzionario del sultanato mulūk al-tawāʾif a Granada .
Da buon credente intese assolvere il quinto pilastri arkān al-Islām con il pellegrinaggio Hajj alla Makka al-mukarrama della Mecca, imbarcandosi a Ceuta nel 1183 con un vascello genovese sulla rotta per la Sardegna al tempo divisa nei Giudicati, proseguendo nella Sicilia normanna e la bizantina Creta giungendo ad Alessandria nell’ Egitto fatimide.
“Una delle più grandi meraviglie che abbiamo visto in questa città è stato il faro( ….)come guida per viandanti, perché senza di essa non riuscivano a trovare il vero corso ad Alessandria. Esso può essere visto da più di settanta miglia, ed è di grande antichità. E ‘più forte costruito in tutte le direzioni e compete con il cielo di altezza. “
Sembra che per un litigio con i funzionari di dogana fu costretto a sbarcare e proseguire al Cairo ove rimase anche qui affascinato dalla capitale egiziana fatimide che visitò descrivendo la Cittadella Qalʿat Ṣalāḥ al-Dīn
da poco sorta, i mausolei del cimitero di al-Qarafa e lo spettacolo della necropoli di Giza con le sue piramidi e la Sfinge . Prese poi la via del Nilo fino alla sudanese Nubia per poi traversare l’ al-Baḥr al-Aḥmar Mar Rosso e giungere finalmente nell’ Hegiaz arabo e la santificata Mecca.
“Mirare questo santuario e la Venerata Casa è cosa terribile che riempie gli animi d’estasi e rapisce i cuori e gli intelletti. La pietra nera è dal suolo sei palmi e per baciarla chi è alto si china verso essa e chi è basso si allunga. Essa è fasciata da una lamina d’argento, il cui bianco lucente brilla sul lustro nero della pietra. Quanti fanno i giri della Ka’ba, vi si gettano sopra come fanno i figlioli sulla madre affettuosa. . “
Assolti i suoi doveri del pellegrinaggio tornò per le desertiche carovaniere sulle antiche Vie dell’ Incenso attraverso l’ Arabia per i domini islamici fino alla capitale Baghdad e di qui nella splendida città siriana di Damasco procedendo in Terrasanta per imbarcarsi a San Giovanni d’ Acri nel 1184 ancora su vascello genovese che naufragò incrociando lo stretto di Messina.
Ibn Jubayr si salvò a stento attraversando la Sicilia normanna per la nobile Palermo incantato dalla città :
“Orgogliosamente incastonata tra i suoi spazi aperti e le pianure piene di giardini, con le strade ampie e viali, abbaglia gli occhi con la sua perfezione. E ‘un posto meraviglioso, costruito in stile Cordova, interamente in pietra da taglio conosciuto come kadhan Un fiume divide la città, e quattro molle sgorgare nelle sue periferie … Il re vaga attraverso i giardini e campi per il divertimento e il piacere … Le donne cristiane di questa città seguire la moda delle donne musulmane, sono fluente del discorso, avvolgere i loro mantelli di loro, e sono velate “
Da Trapani si imbarcò di nuovo tornando a Granada nel 1185 e trascorse gli ultimi anni ad Alessandria ove si spense nel 1217, poco si sa degli altri viaggi, essendone andate perdute le relazioni, ma tutto è dato conoscere degli itinerari e luoghi di quel suo primo grande peregrinare tra il Mediterraneo e il vicino oriente di cui redasse attenta cronaca Riḥla con le consuete descrizioni di luoghi e ambienti, storia, tradizioni e costumi di chi vi abitava, tipiche di questo genere di letteratura che andava diffondendosi tra i viaggiatori medioevali.
Yāqūt al-Hamawī. La Via della Seta e Il Dizionario delle Contrade
Yaqut al-Hamawī proveniva probabilmente dai territori crociati siriani, si sa che fu portato da schiavo a Baghdad venne acquistato da un ricco mercante, mise su famiglia e gli fu concesso d’ istruirsi tanto che per i suoi meriti venne liberato nel 1199 dall’ ammirato padrone che ne fece suo segretario.
I primi viaggi furono per i commerci del suo mentore negli gli empori arabi, sembra fino al Dhofar omanita nell’ Arabia Felix, facendo tesoro di notizie e racconti dei mercanti sulle carovaniere della Via dell’ incenso attraverso l’antica Arabia del passato che qui sulla costa incrociavano le rotte delle spezie verso alcuni paesi dell’ Asia orientale.
A Baghdad si dedicò alla copia e commercio di manoscritti che aumentavano il suo sapere, poi riprese i suoi viaggi attraversando le antiche terre dei pellegrinaggi cristiani in Terrasanta, l’antica Giordania e la biblica penisola del Sinai fino al millenario Egitto, annotando luoghi e popolazioni. Tornato ripartì per l’ Iran giungendo a Merv, importante centro sulle vie dell’Asia ove rimase un paio d’anni sempre osservando e annotando i costumi della gente mentre ne frequentava le ricche biblioteche che ci racconta essere dieci tra le scuole islamiche madrase e nelle due principali si contavano oltre dodicimila libri.
Su quella Via della Seta ripartì nel 1218 per Khiva che fu capitale del regno Uzbeko Khwārezm-Shāh, procedendo a Balkh che ha lasciato il sito dell’antica città in Afghanistan, mentre i califfati islamici di quei territori erano travolti dall’ invasione delle orde mongoledi Çağatay Chagatai figlio del grande Gengis Khan che via aveva fondato il suo Khanato Čagataj ulus, conquistando Bukhara, la fiorente Samarcanda e la stessa Balkh ove s’era fermato. L’ incontenibile avanzata dei mongoli in breve travolse il Khorasan persiano e l’ intero Turkmenistan conquistando il grande centro carovaniero di Merv e l’antica Nishapur, ci racconta che egli stesso sfuggì alla cattura fuggendo ma salvando i suoi preziosi manoscritti.
Il temerario Yaqut con avventurosi itinerari secondari sulle Vie della Seta riuscì ad attraversare la Persia sconvolta dall’ invasione mongola fino ad al-Mawṣil Mossul e di qui nei territori islamici del nella siriaca Aleppo ponendosi sotto la protezione del vizir e lo storico Al-Qifti noto per la sua Redattore della “Storia dei sapienti” Ta’rīkh al-Ḥukamā‘.
Intraprese altri viaggi tra la Terrasanta dei pellegrinaggi nel Regno di Gerusalemme cristiano, l’ Egitto millenario e l ’Iran occidentale mentre raccoglieva le sue note e ne sistemava i manoscritti per redarne trattati geografici e racconti di viaggio, delle sue opere ne rimangono le due più importanti che s’annoverano tra i più vasti e completi trattati del sapere medievale.
Nel “Dizionario dei dotti” Mu’ajam al-Udaba riassume vita ed opere di scrittori, poeti, letterati, studiosi e scienziati del passato e contemporanei in ordine alfabetico protagonisti della letteratura e soprattutto della scienza dell’ epoca, ma è nel “Dizionario delle Contrade” Mu’jam al-Buldan che Yaqut al-Hamawi redasse una delle più vaste opere medioevali dell’ intera conoscenza geografica sul mondo conosciuto, storia e luoghi del passato e presente, monumenti e siti archeologici, ambienti, culture, tradizioni e costumi dei popoli, note scientifiche, coordinate geografiche e notizie per giungere in ogni luogo descritto.
Si spense nel 1229 ad Aleppo ove trascorse il resto della vita con altri saggi, geografi, storici e scienziati che frequentavano l’ illuminata corte del suo protettore al quale dedicò il suo grande Mu’ajam al-Buldan, ove per primo distinse tra un letterato Adib e uno studioso ‘alim: “L’uomo di lettere seleziona il più eletti da tutto e da allora lo compone, mentre uno studioso seleziona una particolare branca della conoscenza e migliora su di essa .”
Al-Najdi. Sulla Via delle Spezie con Vasco da Gama
Mentre il medioevo s’avviava a nuova era, nel primo ventennio del XV secolo nasceva Ahmad ibn Majid ibn Muhammad al-Saʿdi al-Jaddi al-Najdi nell’ antica Arabia Felix in Yemen , ove una tempo le carovaniere sulla Via dell’ incenso sulla costa omanita del Dhofar incrociavano le rotte delle spezie che da abile navigatore questo nominato “leone del mare” asad al-baḥr affrontò e percorse, mentre in occidente i portoghesi s’ avventuravano nell’ ignoto mar oceano tenebroso.
Dal mar Rosso al-Baḥr al-Aḥmar seguì tutte le rotte arabe dei monsoni attraverso l’ Oceano Indiano nella tradizione dei grandi navigatori che l’ avevano preceduto come Layth ben Kahlān, Sahl ben Abān e Muḥammad ben Shādān, tra Socotra per i centri arabi shirazi lungo le coste orientali africane e Zanzibar, tra l’ isolato Madagascar e coste indiane del Malabar, dall’ isola di Ceylon allle orientali vie dell’lndonesia.
Grande navigatore ed esperto conoscitore dell’ astronomia islamica ha descritto perfettamente il regime climatico e la rotta dei monsoni tra le coste orientali dell’Africa e l’ India, le caratteristiche dell’ Oceano Indiano e l’ uso degli strumenti di navigazione inventati dagli arabi come la prodigiosa bussola magnetica a lungo ignoti ai navigatori d’ occidente.
Ne redasse il grande “Libro di insegnamenti della Navigazione” Kitab al-Fawāʾid con precise descrizioni di rotte, strumenti e soprattutto di tutti i territori incrociati e visitati nei suoi viaggi sulle rotte delle spezie e le vie dell’lndonesia. Fu quell’ Ahmad ibn Mājid ricordato nelle cronache portoghesi come Malemo Canaqua incontrato a Malindi dal portoghese Vasco da Gama che lo accompagnò nella sua celebrata traversata dell’ Oceano Indiano dopo aver circumnavigato per primo l’Africa.
Forse senza la sua sapiente presenza e le raccomandazioni di lasciare la costiera per rotta del mare aperto seguendo i monsoni, l’ammiraglia São Gabriel di Vasco da Gama con gli altri due vascelli São Rafael e Santa Fé sarebbero naufragati senza raggiungere Kozhikode sulla costa indiana del Malabar che da allora divenne la Calicut porto dell’ India lusitana facendo la fortuna del Portogallo sulla via delle spezie.
Estratto da: Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. Medioevo,Gli Arabi.©